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— Distruggerà il margine di redditività che possono vantare nei confronti dei lavoratori normali, ecco cosa significherà. Era l’obbligo delle licenze a terra per scopi medici che aumentava tanto i costi del personale. Eliminati quelli, la differenza cade… quel congegno può fornire gravità artificiale a una stazione spaziale?

— Se possono montarla su un’astronave — rifletté Durrance, — possono montarla anche su di una stazione spaziale. — Ma non si tratta di qualche tipo di moto perpetuo — lo ammonì. — Succhia energia come un matto, a sentire il pilota. Questo significa costi elevati.

— Non troppo. E di certo riusciranno a renderlo più efficiente, con l’andar del tempo… oh, Dio.

Quell’eventualità non andava di certo a favore dei quad. Quell’eventualità non andava a favore di nessuno. Maledizione, maledizione alla scelta di tempo! Ancora dieci anni, anche un solo anno a partire da adesso avrebbe potuto essere la loro salvezza; in quel momento, poteva essere… una sentenza di morte? Leo sfilò i piedi dalle cinghie e si raggomitolò per lanciarsi verso le porte del modulo.

— Lascia qui il vassoio? — chiese Durrance. — Posso prendere il suo dessert…?

Leo agitò una mano con impazienza per confermare e scattò in avanti.

Un’occhiata al viso tetro e ostile di Van Atta, mentre entrava nel suo ufficio, confermò la storia di Durrance. — Ha sentito le voci sulla gravità artificiale? — chiese ugualmente, con un ultimo sprazzo di speranza… che Van Atta provasse a negarlo, che provasse a sostenere che era una frode!

Van Atta lo fissò, profondamente irritato. — Come diavolo lo ha scoperto?

— Come l’ho scoperto non la riguarda. È vero?

— Oh, sì che mi riguarda. Voglio tenerlo nascosto il più a lungo possibile.

Allora era vero. Leo sentì un tuffo al cuore. — Perché? Da quanto lo sa, lei?

Le mani di van Atta giocherellarono nervosamente con gli angoli di una pila di veline di plastica, stampati di computer e comunicati che la magnetizzazione teneva agganciati alla scrivania. — Da tre giorni.

— Allora è ufficiale.

— Oh, ufficialissimo — Van Atta fece una smorfia disgustato. — L’ho saputo dalla direzione distrettuale della GalacTech su Orient IV. Pare che Apmad abbia ricevuto la notizia durante il viaggio di ritorno e abbia preso una delle sue famose decisioni sul campo.

Giocherellò di nuovo con le carte e aggrottò la fronte. — Non c’è una soluzione. E lo sa quale altra notizia è arrivata ieri al seguito di questa? La Stazione Kline ha cancellato il suo contratto di costruzione con la GalacTech, il primo dove avevamo previsto di impiegare dei quad. Hanno pagato la penale senza fiatare. La Stazione Kline si trova vicino alla Colonia Beta, e devono aver saputo della cosa settimane, o forse anche mesi fa. Si sono rivolti ad un’impresa di Beta, che, possiamo supporre, ha fatto un’offerta a prezzo inferiore. Il Progetto Cay è finito. Non ci resta altro da fare che chiudere bottega e filarcela a gambe levate, il più in fretta possibile. Maledizione! Così adesso sono legato a un progetto perdente. Ne uscirò con addosso una terribile puzza di mancati profitti.

— Chiudere! Chiudere come? Che cosa intende con «chiudere»?

— L’ipotesi preferita di quella cagna di Apmad. Scommetto che se la stava godendo un mondo quando ha emanato questi ordini… i quad le davano le palpitazioni nervose, lo sa. Devono venir sterilizzati e nascosti su di un pianeta. Tutte le gravidanze in atto saranno interrotte… merda! E noi che ne avevamo appena iniziate quindici! Che fiasco! Un anno della mia carriera buttato via.

— Oh, mio Dio, Bruce, lei non intende eseguire quegli ordini, vero?

— No? Aspetti e vedrà. — Van Atta lo fissò mordendosi un labbro. Leo impallidì, mentre una furia repressa montava dentro di lui. Van Atta sbuffò. — Che cosa pretende, Leo? Apmad avrebbe potuto ordinare il loro sterminio. Se la cavano con poco, avrebbe potuto andargli peggio.

— E se avesse… se avesse ordinato di uccidere i quad… lei avrebbe eseguito quell’ordine? — si informò Leo, solo apparentemente calmo.

— Non lo ha fatto. Avanti, Leo. Non è una cosa disumana; certo, mi spiace per i piccoli scimmiotti. Stavo facendo del mio meglio per renderli redditizi. Ma non posso in alcun modo oppormi alla cosa. Tutto quello che posso fare è rendere la chiusura più rapida e indolore possibile, nonché ridurre al minimo le perdite. Forse qualcuno nella gerarchia della Compagnia lo apprezzerà.

— Indolore per chi?

— Per tutti — Van Atta si sporse risoluto verso Leo. — Questo significa che non voglio panico e voci incontrollate, chiaro? Voglio che le cose proseguano come al solito fino all’ultimo istante. Lei e gli altri insegnanti continuerete a tenere le vostre lezioni come se i quad fossero davvero in procinto di partire per quel progetto di lavoro, fino a quando le sistemazioni a terra saranno pronte e potremo cominciare a traghettarli. Forse sarà meglio trasportare prima i piccoli; le parti recuperabili dell’Habitat andranno spostate dall’orbita e portate alla Stazione di Trasferimento e per ridurre le spese potremmo usare i quad in quest’ultimo lavoro.

— Imprigionarli a terra…

— Oh, non facciamo dei drammi. Verranno sistemati in un normalissimo dormitorio per minatori, abbandonato sei mesi fa quando il filone si è prosciugato. — Van Atta si illuminò leggermente, mentre si congratulava con se stesso. — Sono stato io a trovarlo, passando in rassegna tutti i posti possibili in cui sistemarli. Riadattarlo non costerà quasi nulla in confronto a quanto sarebbe costato costruirne uno nuovo.

Leo rabbrividì al pensiero. — E cosa accadrà tra quattordici anni, se e quando Orient IV esproprierà Rodeo?

Esasperato, Van Atta si passò entrambe le mani nei capelli, arruffandoli. — Come diavolo faccio a saperlo? A quel punto, diventerà un problema di Orient IV. Un essere umano non può fare più di tanto, Leo.

Leo sorrise, con espressione cupa e assente. — Non sono sicuro… di quanto possa fare un essere umano. Io non mi sono mai spinto al limite. Pensavo di averlo fatto, ma adesso mi rendo conto che non è stato così. Le prove a cui avevo sottoposto me stesso erano tutte accuratamente non distruttive.

Ma questa prova era di un ordine di grandezza completamente differente. Chi adesso lo stava mettendo alla prova, probabilmente disprezzava le mere possibilità umane. Leo cercò di ricordare quanto tempo fosse passato dall’ultima volta in cui aveva pregato o anche solo creduto… Mai, comunque, con l’intensità di quel momento. Non ne aveva mai avuto tanto bisogno prima di allora…

Van Atta corrugò la fronte sospettoso. — Si comporta stranamente, Leo. — Raddrizzò la schiena, come se cercasse di assumere una posa autoritaria. — Nel caso non avesse inteso il mio messaggio, lasci che glielo ripeta forte e chiaro. Non deve accennare a nessuno di questa faccenda, soprattutto ai quad. E, allo stesso modo, tenga segreta la loro destinazione sul pianeta. Lascerò che sia Yei a decidere in che modo comunicarla a tutti quanti senza che diventino troppo recalcitranti: è arrivato il momento che si guadagni il suo lauto stipendio. Niente voci, niente panico, nessuna maledetta rivolta operaia… e se ce ne saranno, saprò quale pelle appendere alla parete. Capito?

Leo gli rivolse un sorriso vacuo, che nascondeva… tutto. — Capito — si ritirò senza voltare la schiena e senza pronunciare una parola.

Normalmente non era facile rintracciare la dottoressa Yei, poiché aveva l’abitudine di andarsene in giro tra i quad, osservando il loro comportamento, prendendo appunti, offrendo suggerimenti. Ma questa volta Leo la trovò subito. Era nel suo ufficio, sommersa da fogli di carta e con la consolle della scrivania illuminata come un albero di Natale. Festeggiavano il Natale sull’Habitat Cay, si chiese Leo? Chissà perché, era convinto di no.

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