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— Chi vive nelle baracche?

— I condannati.

— Ed i condannati non sono uomini?

Il volto di Haira espresse una sincera meraviglia. Invece di rispondere, abbozzò un sorrisetto.

— Va bene. Quanti condannati ci sono nel campo?

— Moltissimi. Nessuno li ha mai contati.

— Chi ha mandato qui i condannati?

Il prigioniero parlò a lungo e con tono ispirato, ma Anton capì soltanto:

— Li ha mandati la Grande Rupe Potente, la Battaglia Scintillante, colui che posa un piede nel cielo e che vivrà quanto le macchine.

— Oh, — disse Saul, — conoscono la parola “macchine”…

— No, — si intromise Vadim, — sono io che conosco la parola “macchine”. Lui si riferisce ai veicoli che sono nella conca e sull’autostrada. Quanto alla Grande Rupe con tutto quel che segue, credo che sia un re indigeno.

Il prigioniero ascoltò questo dialogo con un’espressione di sconsolata ottusità.

— Va bene, — disse Saul. — Continuiamo. Qual è la colpa dei condannati?

Il prigioniero si rianimò e di nuovo cominciò a parlare a lungo e molto, e di nuovo Anton capì ben poco.

— Ci sono dei condannati che hanno tentato di usurpare il posto della Rupe Potente, altri che hanno preso oggetti altrui, altri hanno ucciso, altri hanno desiderato strane cose…

— Capito. E chi ha mandato qui i guardiani?

— La Grande Rupe Potente, che posa un piede sulla terra.

— Perché?

Il prigioniero tacque.

— Ti ho chiesto cosa stanno a fare qui i guardiani.

Il prigioniero taceva. Aveva addirittura chiuso gli occhi. Saul sbuffò con aria feroce.

— Allora che cosa fanno i condannati?

Il prigioniero, senza aprire gli occhi, scuoteva la testa.

— Parla! — esplose Saul, facendo sobbalzare Anton.

Commissione per le Relazioni, pensava amaramente, dove sei?

Il prigioniero gemeva lamentoso.

— Se ve lo dico, mi ammazzano.

— Ti ammazziamo noi, se non lo dici, — promise Saul. Tirò fuori dalla tasca un coltello a serramanico e lo fece scattare. Il prigioniero cominciò a tremare.

— Saul! — disse Anton. — Stop it.[32]

Saul si mise a pulire la pipa con il coltello.

— Stop what?[33] — si informò.

— I condannati fanno muovere le macchine, — proferì Haira con un filo di voce. — I guardiani osservano.

— Che cosa osservano?

— Come si muovono le macchine.

Saul prese il disegno e lo mise sotto il naso del prigioniero.

— Spiegami tutto, — ordinò.

Haira parlò a lungo, perdendo spesso il filo, mentre Saul lo correggeva e lo sollecitava. A quanto pareva le autorità locali tentavano di scoprire il modo di guidare le macchine. La ricerca veniva condotta con metodi assolutamente barbari. Ai condannati veniva ordinato di premere le dita sui fori, sui bottoni, sui tasti e sulle varie parti del motore e di guardare che cosa succedeva. Nella maggioranza dei casi non succedeva niente. Spesso le macchine esplodevano. Raramente cominciavano a muoversi, schiacciando e mutilando chi capitava loro a tiro. Infine, in rarissimi casi, si riusciva ad imprimere loro un movimento regolare. Nel corso del lavoro, i guardiani restavano oltre il limite di sicurezza, ed i condannati facevano la spola fra loro e le macchine, per comunicare quali fori e quali bottoni avrebbero premuto. Tutto questo veniva riportato con cura nei disegni.

— Chi fa i disegni?

— Non lo so.

— C’era da aspettarselo. Chi porta i disegni?

— Grandi capi su degli uccelli.

— Intende dire quelle simpatiche bestiole che già conosciamo, — spiegò Vadim. — Si vede che qui li addomesticano.

— A chi servono le macchine?

— Alla Grande Rupe Potente, alla Battaglia Scintillante, a colui che posa un piede nel cielo e vivrà quanto le macchine.

— E che se ne fa delle macchine?

— Chi?

— La Rupe.

Il prigioniero rimase interdetto.

— Si tratta di un titolo, Saul, — disse Vadim. — Lo deve dire per intero.

— Va bene. Che se ne fa delle macchine la Grande Rupe Potente, con un piede sul cielo… o sulla terra? Accidenti a lui, non me lo ricordo… E che vivrà… e che vivrà…

— Quanto le macchine, — suggerì Vadim.

— Che stupidaggine, — brontolò Saul seccato. — Che c’entrano le macchine?

— Si tratta di un titolo, — spiegò Vadim. — Simboleggia l’eternità.

— Vadim, mi faccia un favore. Glielo chieda lei a che gli servono le macchine.

— A chi?

— Ma a quella maledetta rupe!

— Dica semplicemente — disse Vadim — la Grande Rupe Potente.

Saul sbuffò e posò la pipa sul tavolo.

— Allora, che cosa se ne fa delle macchine la Grande Rupe Potente?

— Nessuno sa cosa faccia la Grande Rupe Potente, — rispose con dignità il prigioniero.

Anton non resse e scoppiò a ridere, Vadim gli fece eco, stringendo i braccioli della poltrona. Il prigioniero li guardò esterrefatto.

— Da dove arrivano i disegni?

— Da dietro le montagne.

— Cosa c’è dietro le montagne?

— Il mondo.

— Quanti abitanti ha il mondo?

— Moltissimi. Non è possibile contarli.

— Chi porta le macchine nella conca?

— I prigionieri.

— Da dove?

— Da dove la strada è dura. Lì ci sono moltissime macchine. — Il prigioniero ci pensò su e aggiunse: — È impossibile contarle.

— Chi costruisce le macchine?

Haira sorrise sorpreso.

— Non le costruisce nessuno. Ci sono e basta.

— Ma da dove sono venute?

Haira pronunciò un discorso. Parlando, si soffregava il volto, si lisciava i fianchi, volgeva lo sguardo al soffitto. Strabuzzava gli occhi e a volte si metteva persino a cantare. La storia era pressappoco questa.

Molto tempo prima, quando non era ancora nato nessuno dei viventi, dalla luna rossa erano cadute delle grosse casse. Nelle casse c’era l’acqua, un’acqua densa, rossa e appiccicosa come marmellata. Dapprima quest’acqua aveva costruito una città. Poi aveva scavato in terra due buchi e li aveva riempiti di fumo mortale. Poi l’acqua si era trasformata in una solida strada fra i due buchi e dal fumo erano nate le prime macchine. Da allora un buco generava le macchine e un buco le divorava e sarebbe stato sempre così.

— Ma questo lo sapevamo già, — disse Saul. — E se i condannati non vogliono far muovere le macchine?

— Vengono uccisi.

— Da chi?

— Dai guardiani.

— Ne hai uccisi anche tu?

— Sì, tre, — disse orgoglioso Haira.

Anton chiuse gli occhi. È un ragazzo, pensava. Un ragazzo simpatico. Ed è orgoglioso di una cosa del genere.

— Come li hai uccisi? — chiese Saul.

— Uno l’ho ucciso con la spada. Ho fatto vedere al mio capo che ero capace di tagliare a metà un corpo con un colpo solo. Adesso sa che sono capace. Il secondo l’ho ammazzato con un pugno. Ed il terzo me lo sono fatto gettare e l’ho colto al volo con la lancia.

— Da chi te lo sei fatto gettare?

— Dagli altri condannati.

Saul tacque per un po’.

— Ci si annoia, — disse il prigioniero. — Il mio servizio è molto nobile ma è noioso. Non ci sono donne. Non c’è nessuno con cui intrattenersi in una conversazione intelligente. Ci si annoia, — ripeté e sospirò.

— Perché i condannati non scappano?

— Scappano. Ma non ha importanza. Nella pianura ci sono la neve e gli uccelli. Sui monti vigilano altri guardiani. Chi è intelligente non scappa. Tutti hanno voglia di vivere.

— Perché alcuni hanno le unghie dorate?

Il prigioniero disse sussurrando:

— Erano uomini di grande ricchezza. Ma volevano cose strane, alcuni volevano persino prendere il posto della Grande Rupe Potente. Sono schifosi come carogne, — disse ad alta voce. — La Grande Rupe Potente, la Battaglia Scintillante li manda qui con tutti i loro parenti. Eccetto le donne, — aggiunse con rammarico.

— Sapete, — disse Saul, — non sto in me dalla voglia di impiccarlo insieme a tutti gli altri portatori di spada e di lancia che si trovano in questa pianura. Ma, purtroppo, non servirebbe a niente. — Si riempì di nuovo la pipa. — Non ho più nulla da chiedere. Continuate voi, se volete.

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32

“Ferma!”

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33

“Ferma cosa?”

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