— Voltati verso il modulo di sicurezza e apri la bocca — ordinò la voce del ba freddamente attraverso il monitor della camera stagna. — Più vicino. Più aperta. — Miles poté godersi una bella inquadratura delle tonsille di Corbeau. A meno che il pilota avesse un dente avvelenato, lì dentro non erano nascoste armi.
— Molto bene… — Il ba continuò con una gelida serie di istruzioni, sottoponendo Corbeau a una sequenza umiliante di contorsioni che, benché non esaurienti quanto una perquisizione interna, fornirono per lo meno una certa garanzia che il pilota iperspaziale non stesse nascondendo niente. Corbeau obbedì esattamente, senza esitazioni o discussioni, con un’espressione rigida e vuota.
— Ora libera il baccello dagli agganci.
Corbeau attraversò la camera stagna ed eseguì l’ordine. Seguì un tintinnio e un tonfo metallico: il baccello, libero ma a motore spento, si allontanò alla deriva dalla fiancata della Idris.
— Ora ascolta queste istruzioni. Cammina per venti metri verso prua, gira a sinistra e aspetta che si apra la porta successiva.
Corbeau obbedì, privo di qualsiasi espressione, ma con lo sguardo guizzava qui e là, come se cercasse qualcosa o volesse memorizzare il percorso. Uscì dal campo delle telecamere della porta stagna.
Nel frattempo Vorpatril imprecava: — Perché Corbeau? Perché Corbeau?
Miles, che si stava chiedendo freneticamente la stessa cosa, azzardò: — Forse si è offerto volontario.
— Può anche darsi che i maledetti quad l’abbiano sacrificato, invece di rischiare uno dei loro. O… — un’altra ipotesi venne in mente all’ammiraglio — magari lui ha escogitato un altro sistema per disertare.
— Credo che non sarebbe un sistema conveniente per lui. — Invece era un sospetto spiacevole. Di chi si sarebbe dimostrato alleato Corbeau, esattamente?
Miles ritrovò l’immagine di Corbeau mentre il ba lo guidava attraverso la nave verso il ponte di comando, aprendo e chiudendo tutte le porte stagne che si presentavano sul suo percorso. Camminava a schiena dritta, in silenzio, con i piedi scalzi. Sembrava tremare per il freddo.
Dopo l’ultima barriera uscì ancora dalla visuale. Nello stesso istante l’attenzione di Miles fu distratta dal lampeggiare dell’allarme di una porta stagna. Subito, richiamò l’immagine, appena in tempo per vedere un quad con una tuta verde anticontaminazione, colpire violentemente il monitor con una chiave inglese, mentre accanto a lui passavano rapidamente altre due figure verdi. L’immagine esplose e si spense. Non vedeva altro, tuttavia riuscì a sentire il suono dell’allarme, il sibilo dell’apertura di una porta stagna, ma nessun rumore della sua chiusura.
Perché non si era chiusa? Aria e suoni tornarono quando il portello si chiuse automaticamente e la camera stagna ebbe completato il ciclo.
Allora avevano aperto un portello che dava sul vuoto! Quindi significava che i quad erano usciti nello spazio intorno alla Stazione. Ecco perché indossavano le tute anticontaminazione: a differenza di quelle della Idris, quelle erano a prova di vuoto. Nello Spazio Quad, la cosa aveva senso.
Mezza dozzina di camere stagne della Stazione, poste a una distanza di poche centinaia di metri l’una dall’altra, avrebbero offerto riparo ai quad in fuga. Quindi avrebbero avuto l’imbarazzo della scelta, senza contare eventuali baccelli o navette in grado di avvicinarsi e prenderli a bordo.
— Venn, Greenlaw e Leutwyn sono appena scappati da una camera stagna — riferì a Vorpatril. — Tempismo perfetto!
Tempismo davvero perfetto, andarsene proprio mentre il cetagandano era distratto dall’arrivo del suo pilota e con la possibilità della fuga a portata di mano, quindi meno propenso a mettere in atto la minaccia di speronare la Stazione. Usare in quel modo l’arrivo di Corbeau era stato un calcolo estremamente arguto. Miles non poté che esclamare: — Ottimo. Eccellente! Ora questa nave è completamente sgombra di civili.
— Tranne lei, Milord — fece notare Roic; stava per aggiungere qualcos’altro, ma intercettò l’occhiataccia che gli lanciò Miles.
— Ah — borbottò Vorpatril. — Forse questo farà cambiare idea a Watts. — La voce si abbassò, come se stesse parlando rivolto in un’altra direzione. — Come, tenente? — Poi mormorò: — Mi scusi — non era chiaro a chi si fosse rivolto.
E così, a bordo ora restavano solo barrayarani. E Bel… che stava sul libro paga di ImpSec, e quindi un barrayarano onorario per quanto riguardava la contabilità dei morti. Miles sorrise, immaginando la reazione di Bel se lo avesse sentito.
Il momento migliore per introdurre una forza d’attacco sarebbe stato prima che la nave cominciasse a muoversi, piuttosto che giocare a rincorrerla nello spazio. Prima o poi, Vorpatril avrebbe probabilmente smesso di aspettare il permesso dei quad per mandare i suoi uomini. Prima o poi, anche lui sarebbe stato d’accordo.
Miles tornò a concentrarsi sul problema di spiare il cetagandano. Se il ba aveva disattivato il monitor come avevano appena fatto i quad, o anche se solo avesse gettato una giacca sulla videocamera, non lo avrebbe visto… ma finalmente l’immagine del ponte di comando si formò sulla piastra video. Però mancava il sonoro.
La telecamera che probabilmente era posta sopra la porta, offriva la visuale della mezza dozzina di sedie vuote con le loro consolle spente. Il ba era lì, ancora vestito nell’abito betano della sua vecchia identità: giacca, sarong e sandali, anche se una tuta a pressione della Idris giaceva poco lontano, sullo schienale di una delle sedie. Corbeau, sempre nudo, era seduto al posto del pilota, ma non aveva ancora indossato la cuffia. Il ba disse qualcosa che fece aggrottare la fronte a Corbeau, poi tentò di ritrarsi quando il ba gli appoggiò brevemente un’iposiringa sul braccio. Fatta quell’operazione il ba mostrò un lampo di soddisfazione sul viso tirato.
Droghe? Nemmeno il ba poteva essere abbastanza folle da drogare un pilota iperspaziale dal cui funzionamento neurale dipendeva la vita. L’inoculazione di qualche morbo? Poteva anche essere una sua assicurazione: se le cose, nel periodo d’incubazione avessero funzionato, poteva dargli l’antidoto. Oppure era un semplice bluff, un’iniezione d’acqua?
L’iposiringa che aveva usato era troppo rozza e ovvia perché un cetagandano la scegliesse come metodo per somministrare una droga o iniettare un virus; il che convinse Miles che si trattava di un bluff, anche se forse a Corbeau non era venuto in mente. Siccome una volta partita non sarebbe stato possibile togliere al pilota la cuffia che lo collegava alla nave, il ba aveva scelto il momento giusto per far capire a Corbeau che era nelle sue mani.
Questo almeno eliminava definitivamente il dubbio di Vorpatril che Corbeau fosse un traditore o si fosse offerto volontario per ottenere un passaggio fuori dalla cella di detenzione quad. Oppure no?
Dal suo comunicatore da polso, smorzato per la distanza, venne un improvviso, allarmante urlo dell’ammiraglio Vorpatril: — Cosa? È impossibile. Sono impazziti? Non adesso…
Trascorsi pochi attimi senza ottenere ulteriori chiarimenti, Miles mormorò — Uhm, Ekaterin? Ci sei ancora?
La sentì prendere fiato. — Sì.
— Cosa sta succedendo?
— L’ammiraglio Vorpatril è stato chiamato dal suo ufficiale delle comunicazioni. Un messaggio ad alta priorità è appena arrivato dal Quartier Generale del Settore Cinque. Sembra una cosa molto urgente.
Nell’immagine video di fronte a lui, Miles guardò Corbeau eseguire i controlli prima del volo, passando da una postazione all’altra sotto gli occhi duri e vigili del cetagandano. Il pilota stava attento a muoversi con cautela sproporzionata, e a quanto pareva, dai movimenti delle sue labbra irrigidite, spiegava ogni gesto prima di toccare le consolle. E lo faceva lentamente, notò Miles. Un po’ più lentamente del necessario, anche se non proprio abbastanza lentamente da risultare ovvio.