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— Quanto ci vorrà?

— Ora che abbiamo il modello, avremo il risultato praticamente subito. Se è positivo, cioè. Se questo primo campione fosse negativo, sarà opportuno ripetere il controllo ogni trenta minuti, per sicurezza. — Il medico tacque, mentre esaminava il risultato dell’analisi. — Be’, credo che non sarà necessario ripetere il controllo.

— D’accordo — ringhiò Miles. Aprì violentemente la tuta ed estrasse il braccio con il comunicatore da polso, quindi abbaiò: — Vorpatril!

— Sì! — La voce di Vorpatril lo raggiunse immediatamente. Era evidentemente impegnato a sorvegliare tutti i canali di comunicazione e in particolare quelli della Prince Xav. — Un momento, che cosa ci fa su questo canale? Mi aveva detto di non poterlo utilizzare!

— La situazione è cambiata. Per ora non faccia domande. Che cosa sta succedendo là fuori?

— Mi dica lei, Milord, cosa sta succedendo lì dentro?

— La squadra medica, il portomastro Thorne e io siamo nell’infermeria, bloccati. Per il momento controlliamo ancora il nostro ambiente. Credo che Venn, Greenlaw e Leutwyn siano intrappolati nella sezione di carico numero Due. Roic dovrebbe essere da qualche parte in quella delle macchine. E per quanto riguarda il ba, credo che sia sul ponte di comando. Può confermarmelo?

— Oh, sì — gemette Vorpatril. — In questo momento sta parlando ai quad della Stazione Graf. Minaccia e pretende. Il Capo Watts per il momento ha assunto il comando. Io ho predisposto una squadra d’attacco pronta a intervenire.

— Mi colleghi con il ba su questo canale. Devo sentirlo.

Qualche secondo dopo udì la voce del ba che stava dicendo: — … non ha importanza come mi chiamo. Se volete riavere vivi la Sigillatrice, l’Ispettore Imperiale e tutti gli altri, queste sono le mie richieste. Voglio che inviate immediatamente tua pilota iperspaziale su questa nave. Dovete lasciare libero il passaggio attraverso il vostro sistema. Se voi o i barrayarani tenterete un’azione militare contro la Idris, farò saltare la nave con tutti coloro che sono a bordo, oppure speronerò la Stazione Graf.

La voce del Capo Watts suonò tesa e spessa. — Se tenterà di speronare la Stazione, noi stessi la faremo saltare in aria.

— Per me una cosa vale l’altra — rispose la voce del ba seccamente.

Chissà se il ba sapeva veramente come far esplodere una nave iperspaziale? Non era una cosa tanto semplice. Diavolo, ma se quel cetagandano aveva secoli di vita, chi poteva dire cosa sapesse fare? Quanto a speronare la Stazione, poi… con un bersaglio così grosso e così vicino, chiunque non avrebbe incontrato difficoltà.

La voce di Greenlaw, rigida, si interpose: presumibilmente il suo comunicatore era collegato a Watts nello stesso modo in cui quello di Miles era in comunicazione con Vorpatril. — Watts, non accettare nessuna delle sue condizioni! Lo Spazio Quad non può permettere che un vettore di infezione come questo passi nello spazio dei nostri vicini. Una manciata di vite non giustifica metterne a rischio migliaia.

— In effetti — continuò il ba dopo una lieve esitazione, ancora con lo stesso tono freddo, — se riuscirete a uccidermi, temo che vi procurerete maggiori problemi. Ho lasciato un piccolo dono a bordo della Stazione. Gupta e il portomastro Thorne possono darvi un’idea di cosa contiene. Potreste anche trovarlo prima che si rompa, anche se questo non risolverebbe i vostri guai. E allora cosa ne sarà delle vostre migliaia di vite?

È una minaccia autentica oppure un bluff? Si chiese Miles freneticamente. Certo, il ba fino a quel momento aveva dimostrato di saper tendere le sue trappole… Bel nel baccello, la diversione con i controlli della tuta… l’avvelenamento della consolle. Tutto per confondere e distrarre i suoi inseguitori. Almeno su di me, ha di certo funzionato.

Vorpatril si inserì privatamente nel comunicatore da polso di Miles, parlando con un tono teso e inutilmente sommesso, che tuttavia interruppe l’ascolto di quello che si dicevano il ba e Watts. — Pensa che quel bastardo stia bluffando, Milord?

— Non importa se sta bluffando. Lo voglio vivo. Oh, Dio, se lo voglio vivo. La prenda come una priorità assoluta e un ordine della Voce dell’Imperatore, ammiraglio.

Dopo un momento di pausa riflessiva, Vorpatril rispose: — Capisco, Milord Ispettore.

— Tenga pronta la sua squadra d’attacco.

La miglior squadra d’attacco di Vorpatril era detenuta nella prigione quad. Qual era la sua seconda? Miles sentì il cuore aumentare le pulsazioni. — Ma per il momento non dia l’ordine di agire. La situazione è estremamente instabile e non ho idea di come si risolverà. Riapra il canale con il ba. — Miles tornò a prestare attenzione al negoziato che procedeva… no… che si stava concludendo?

— Un pilota iperspaziale. — Stava ripetendo il ba. — Da solo, in una capsula, al portello Cinque B. E che si presenti nudo. — Quindi il ba interruppe la comunicazione.

CAPITOLO SEDICESIMO

E adesso?

Adesso sarebbe trascorso un po’ di tempo, prima che i quad decidessero se far correre un tale rischio a uno dei loro piloti, oppure se mettere in pericolo l’intera Stazione. Nel frattempo Vorpatril preparava la sua squadra d’attacco. E i tre funzionari quad intrappolati sull’astronave? Be’, sicuramente non stavano a girarsi i pollici.

E intanto l’infezione guadagna terreno dentro di me. Il tempo non è dalla mia parte.

Che ora era? Tarda sera dello stesso giorno che era cominciato con la notizia della scomparsa di Bel. Sembrava impossibile, come se fosse entrato in una distorsione temporale. Miles fissò il suo comunicatore, poi fece un profondo respiro e, non senza esitazione, compose il codice di Ekaterin. Vorpatril l’aveva già informata su quello che stava succedendo, o l’aveva lasciata all’oscuro di tutto?

— Miles! — rispose subito lei.

— Ekaterin, amore. Dove, uhm… dove sei?

— Nella sala tattica, con l’ammiraglio Vorpatril.

Ah. Ecco la risposta alla sua domanda. Era un sollievo non doverle ripetere l’intera litania di brutte notizie. — Allora sei al corrente di quello che sta succedendo, vero?

— Più o meno, ma è tutto molto confuso.

— Ci credo. Io… — Non poteva dirlo, non così nudo e crudo. Ci girò intorno, mentre raccoglieva il coraggio. — Ho promesso di chiamare Nicol quando avessi avuto notizie di Bel, ma non ne ho avuto il tempo. Le notizie, come forse sai, non sono buone; abbiamo trovato Bel, ma è stato infettato con un parassita transgenico cetagandano che potrebbe rivelarsi letale.

— Sì, l’ho sentito.

— Bene. I medici stanno facendo del loro meglio, ma è una corsa contro il tempo e ora sono sorte altre complicazioni. Non è che non ci sia nessuna speranza, ma Nicol deve sapere che in questo momento le probabilità non sono buone. Lascio alla tua sensibilità come dirglielo.

— La mia sensibilità mi dice che bisogna dirle la pura verità. Tutta la Stazione è una baraonda, tra la quarantena e l’allarme da biocontaminazione. Deve sapere cosa sta succedendo; ha il diritto di saperlo. La chiamerò subito.

— Oh. Bene. Grazie. Io, uhm… ti amo, lo sai.

— Sì. Lo so, ma dimmi di te. — La cosa non era facile, ma la disse tutta d’un fiato: — Ecco, anch’io sto passando un brutto guaio. Sono caduto in una trappola del cetagandano che è riuscita a infettarmi il sangue con lo stesso virus di Bel. Però non sembra agire molto rapidamente, e i medici stanno pensando come risolverla.

Nel silenzio che seguì, sullo sfondo poté sentire la voce dell’ammiraglio Vorpatril, che imprecava con un linguaggio che non si confaceva a un ufficiale superiore di Sua Maestà Gregor Vorbarr. Ekaterin era rimasta senza parole e senza respiro. Per fortuna la riproduzione dei suoni di quei comunicatori di lusso era tanto perfetta che poté sentire quando ricominciò a respirare.

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