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CAPITOLO DICIASSETTESIMO

Miles fu subito portato nell’infermeria della Idris da due uomini della forza d’attacco di Vorpatril, frettolosamente convertita in una squadra di assistenza autorizzata dai quad. I portantini, troppo presi dalla fretta di portare il paziente dal medico, per poco non caddero dentro il foro che Roic aveva fatto nel pavimento.

Una volta dentro, Miles riacquistò il controllo dei propri movimenti per il tempo necessario ad alzarsi da solo e appoggiarsi alla parete della saletta di bioisolamento; Roic lo seguiva, trasportando con cautela il detonatore a distanza trovato nella sala del ponte di comando, dentro una scatola di biocontenimento; Corbeau, con il volto rigido e pallido, chiudeva il corteo. Portava dei pantaloni e casacca da medico, troppo larghi per lui, ed era accompagnato da un infermiere che in un sacchetto portava l’iposiringa con la quale il ba gli aveva iniettato una sostanza che doveva essere esaminata.

Il capitano Clogston spuntò dalle ronzanti barriere azzurre e osservò la sua nuova infornata di pazienti. — Bene — annunciò, guardando con cipiglio i nuovi venuti. — Questa nave è talmente contaminata che la dichiaro interamente Zona di Biocontaminazione di Terzo Livello. Quindi mettetevi comodi, ragazzi.

Gli infermieri cominciarono ad armeggiare per mettere in funzione gli apparecchi di analisi. Miles ne approfittò per scambiare alcune brevi e urgenti parole con i due medici che rimanevano separati dagli altri: erano i militari addetti agli interrogatori della Prince Xav, uomini discreti e preparati.

Una seconda saletta fu adibita a cella temporanea per il ba, che era arrivato, strettamente legato su una slitta a levitazione. Miles aggrottò la fronte vedendolo passare davanti a lui. Anche se era legato saldamente, la sua testa e i suoi occhi roteavano in modo strano, e le sue labbra bagnate di saliva fremevano.

Era essenziale che il ba rimanesse in mano ai barrayarani. Scoprire dove aveva nascosto la sua lurida bio-bomba sulla Stazione Graf era la priorità più urgente. La razza haut si era resa geneticamente immune alla maggior parte delle droghe usate per gli interrogatori e ai loro derivati; se il penta-rapido non avesse funzionato su di lui, ai quad sarebbero rimaste ben poche possibilità di poterlo interrogare con l’approvazione del giudice Leutwyn. In quell’emergenza, le regole militari sarebbero state più efficienti di quelle civili.

In altri termini, se non ci stanno tra i piedi strapperemo noi le unghie del ba per conto loro.

Miles fermò Clogston che gli stava passando accanto, e gli chiese: — Come se la sta cavando Bel Thorne?

L’ufficiale medico scosse la testa. — Non bene, Milord Ispettore. All’inizio, quando sono entrati in azione i filtri, credevamo che stesse migliorando: sembrava addirittura che avesse ripreso conoscenza. Ma poi ha ricominciato ad agitarsi. Si lamenta e cerca di parlare. È fuori di testa, credo. Continua a chiedere dell’ammiraglio Vorpatril.

Vorpatril? — Aspetti! Ha detto proprio Vorpatril? — chiese bruscamente Miles. — O solo l’Ammiraglio?

Clogston si strinse nelle spalle. — Vorpatril è l’unico ammiraglio nei dintorni in questo momento, ma penso che il portomastro sia in preda ad allucinazioni. Non mi piace dare sedativi a una persona tanto spossata, specialmente se è appena uscita a fatica dagli effetti di una droga. Ma se l’erm non si calma, dovremo farlo.

Miles aggrottò la fronte e si diresse verso la stanza isolata seguito da Clogston. Si sfilò il casco ed estrasse il comunicatore, stringendo saldamente quel collegamento vitale. Un infermiere aveva già preparato la seconda cuccetta per il Lord Ispettore contaminato.

Bel era accanto a lui nella prima cuccetta, vestito con una casacca militare barrayarana verde chiara, il che sembrava a prima vista un miglioramento incoraggiante. Ma il suo viso era grigio, le labbra violacee, le palpebre tremanti. Una fleboclisi instillava rapidamente un liquido giallo nel suo braccio destro, mentre quello sinistro era stato legato a una tavola e collegato a due tubetti di plastica pieni di sangue; uno andava a inserirsi in un apparecchio dal quale usciva il secondo tubetto che rientrava nel braccio.

— I’letto — gemette Bel. — I’letto.

L’ufficiale medico si corrugò e diede un’occhiata a un monitor. — Ha la pressione sanguigna molto alta. Credo che sia ora di rimettere a dormire questo povero diavolo.

— Aspetti. — Miles si avvicinò alla cuccetta di Bel per mettersi nel suo campo visivo, fissando l’erm con folle speranza. La testa di Bel fece uno scatto. Le palpebre si aprirono fremendo, gli occhi si allargarono. Le labbra bluastre cercarono di muoversi di nuovo. Bel le inumidì, inalò profondamente, e riprovò. — ’Miraglio! Portan’. ’L’starde l’ha ’scosta l’letto. L’ha detto. Sadiche ’starde.

— Ce l’ha ancora con l’ammiraglio Vorpatril — borbottò Clogston costernato.

— Non con l’ammiraglio Vorpatril. Ce l’ha con me — esclamò Miles. Gli occhi di Bel erano aperti e si spostavano da un lato all’altro cercando di metterlo a fuoco, come se l’immagine di Miles vacillasse.

Bel stava cercando di dire qualcosa di importante. Lottava spasmodicamente per cercare di comunicare il messaggio.

Letto? Nel letto? Sul tetto? Baccelletto? No, balletto!

Miles si abbassò verso di lui e chiese: — Il ba ha nascosto la biobomba al balletto, nell’Auditorium Minchenko? E questo che stai cercando di dirmi, Bel?

Il corpo affaticato si afflosciò dal sollievo. — S’. S’. Dillo a t’tti. Ne’e luci, cr’do.

— C’è solo una bomba, oppure ne ha messe altre? Te lo ha detto, o forse l’hai capito?

— Non so. ’Tigianale, cr’do. ’Ntrolla. ’Quisti…

— Okay, capito! Ottimo lavoro, capitano Thorne.

Sei sempre stato il migliore, Bel. Miles si portò alle labbra il comunicatore e chiese di essere messo in contatto con Greenlaw, o Venn, o Watts, o qualcuno che avesse qualche autorità sulla Stazione Graf.

Finalmente una voce esausta di donna rispose: — Sì?

— Sigillatrice Greenlaw? È in linea?

La voce divenne più ferma. — Sì, Lord Vorkosigan? Avete trovato qualcosa?

— Forse. Bel Thorne riferisce che il ba ha detto di avere nascosto la biobomba da qualche parte nell’Auditorium Minchenko. Forse dietro le luci.

La donna prese fiato. — Bene. Concentreremo lì i nostri sforzi.

— Bel crede anche che la bomba sia stata costruita alla buona e di recente. Il ba potrebbe aver acquistato l’occorrente alla Stazione Graf con l’identità di Ker Dubauer: se trovate dove l’ha preso, questo potrebbe darvi un’idea di quante ne possa aver fabbricate.

— Ah! Giusto! Lo dirò agli uomini di Venn.

— Tenga presente che Bel era ridotto piuttosto male. E il ba potrebbe avergli mentito. Mi chiami quando scoprirà qualcosa.

— Sì. Sì. Grazie. — Chiuse frettolosamente la comunicazione. Chissà se anche lei era in bioisolamento protettivo, come tra poco sarebbe toccato a lui, nonostante dovesse affrontare quel momento critico.

— Bast’rde — borbottò in quel momento Bel. — Mi ha p’ralizat’. Mess’ nel m’edetto b’cello. Mi ha d’tto. Poi l’ha chiuso. Mi l’sciate a m’rire, ’maginare… S’p’… s’peva di me e Nicol. Ha visto il mio ’locubo. Dov’è il mio ’locubo?

— Nicol è al sicuro — Lo rassicurò. Be’, al sicuro quanto qualsiasi altro quad della Stazione, se non al sicuro, almeno avvisata. Olocubo? Ah, il piccolo archivio di immagini con dentro i figli ipotetici di Bel. — Anche il tuo olocubo è al sicuro. — Miles non aveva idea se questo fosse vero: il cubo poteva essere stato nella tasca dei suoi abiti contaminati e distrutti. Ma quell’affermazione sembrò tranquillizzare Bel. Gli occhi dell’esausto erm si richiusero, e il suo respiro si fece più regolare.

Tra qualche ora sarò anch’io così, pensò Miles. Allora è meglio non perdere tempo!

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