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Pochi minuti dopo s’incamminò nella stessa direzione in cui era scomparso Teki. Ethan e Cee furono condotti in una lenta passeggiata davanti alle vetrine dei negozi. Soltanto un movimento cauto che consentì alla telecamera d’inquadrarlo li informò che il cugino della comandante Quinn era ancora in vista. Quando lei si fermò su una balconata riuscirono a scorgerlo; il giovanotto era entrato in una farmacia e stava aspettando il suo turno. Quinn si spostò fino a poterlo vedere attraverso la porta e poi regolò il microfono direzionale che aveva fra i capelli, regolandolo per oltrepassare la voce di un video che proponeva ai clienti un nuovo farmaco contro la nausea in assenza di peso.

— Dovrò farla arrivare dal magazzino — stava dicendo il farmacista, non abbiamo molte richieste di questa sostanza. Vediamo… — Batté qualcosa su una tastiera e guardò uno schermo. — Le sono state consigliate le pasticche da mezzo grammo, o quelle da un grammo?

— Uh… quelle da un grammo, mi sembra — rispose Teki.

— Bene, le ho richieste — disse l’uomo, e si girò verso il tubo della spedizione pneumatica. Ci fu una lunga pausa. Il farmacista bofonchiò tra i denti e batté ancora sulla tastiera. Lo sportello trasparente del tubo non si aprì. Il computer emise alcune note musicali. Il farmacista scosse il capo e introdusse di nuovo l’ordinazione.

— La trappola di Millisor al lavoro? — mormorò Ethan a Cee.

— È probabile. Un ritardo, per dare a uno di loro il tempo di intervenire. Spero di sbagliarmi, ma…

— Mi spiace, signore — disse il farmacista a Teki. — Sembra che in magazzino ci sia qualche intoppo. Se vuole accomodarsi lì, vado a prelevare le pillole personalmente. Ci vorranno pochi minuti.

Quinn si piegò sulla balaustra e controllò la ripresa della microcamera-orecchino con un minuscolo schermo da polso. Eseguì uno zoom trasmettendo a Ethan e Cee un’inquadratura del farmacista, che stava tirando fuori un catalogo o qualcosa del genere da sotto il banco. L’uomo soffiò via uno strato di polvere e uscì da una porta sul fondo, sfogliando le pagine.

Teki fece un sospiro e si gettò a sedere su un comodo divano, voltandosi a cercare Quinn con lo sguardo. Lei spostò l’inquadratura su un piccolo scaffale pieno di contraccettivi bisex, pillole gialle che avevano effetto per un mese. Anche la scena del depliant sullo scaffale era bisex, e tale che Ethan arrossì per l’imbarazzo. Sapeva che gli uomini e le femmine facevano quella cosa, ma vederlo esposto così… gettò un’occhiata di traverso a Cee, il quale non mostrava però la minima reazione. Ethan riportò fermamente lo sguardo sullo schermo olografico. Il giovanotto biondo era senza dubbio abituato a cose simili, dato che per sua stessa ammissione aveva vissuto in intimità con una femmina per parecchi anni. Probabilmente non vedeva nulla di sbagliato in quella cosa. Ethan desiderò che Quinn la smettesse d’interessarsi a quelle imbarazzanti specialità farmaceutiche.

— Topi — mormorò la mercenaria. — Sono svelti, dannazione.

L’inquadratura della microcamera si allargò di nuovo, e dopo un attimo di disorientamento Ethan vide che nella farmacia era entrato un altro cliente. Altezza media, abito grigio, compatto come una bomba… Rau.

Il cetagandano rallentò il passo, si voltò a guardare il banco dietro cui al momento non c’era nessuno, diede una lunga occhiata a Teki e poi gli voltò le spalle con indifferenza, comportandosi come un cliente qualsiasi. Fermo davanti allo scaffale dei contraccettivi si girò verso la porta, guardò fuori e vide Quinn dall’altra parte della galleria, appoggiata alla ringhiera. La bruna mercenaria doveva avergli elargito uno dei suoi sorrisi più abbaglianti, comprese Ethan, perché le labbra dell’uomo si curvarono in un involontario sorriso di risposta. Subito dopo, tuttavia, il cetagandano diede la schiena alla porta e a quella presenza che rischiava di distrarlo troppo.

Due minuti dopo il farmacista riapparve dal retro, salutò con un cenno del capo il nuovo cliente, mostrò a Teki una confezione di compresse con aria soddisfatta e si fece consegnare la sua carta di credito. Il computer la inghiottì e ne esaminò il contenuto, senza problemi e senza ritardi, quindi la restituì con l’accompagnamento di alcune soddisfatte note musicali.

Quando Teki uscì in strada, con la scatoletta in mano, Quinn non era più sulla balconata ma passeggiava davanti ai negozi. Invece di prender atto della cosa e di rientrare nel negozio, come Ethan gli stava "telepaticamente" gridando, il giovanotto si avviò con aria pigra e casuale nella galleria, gettando attorno occhiate nervose. Alla fine decise di sedersi su una panchina fra alcuni sempreverdi in vaso, davanti alla fontana, a una dozzina di metri dalla farmacia. Rau era uscito venti secondi dopo di lui, dopo aver acquistato qualcosa (o forse niente) con sorprendente rapidità, ma non s’era allontanato molto. Quando la mercenaria si volse per far inquadrare la scena dalla microcamera. Ethan vide che il cetagandano aveva introdotto un dischetto in un lettore e, con lo schermo in mano, si stava sedendo proprio sulla stessa panchina di Teki, a un metro di distanza da lui. L’individuo si concentrò sulla lettura. Quinn continuò a muoversi lentamente da una vetrina all’altra.

Se pure Teki aveva notato Rau (dopotutto era la seconda volta che veniva accostato, e Rau aveva l’aspetto di uno straniero) doveva avere ben altre preoccupazioni per la testa. Poco dopo il giovanotto consultò l’orologio da mignolo, probabilmente pensando al suo lavoro e irritato da quel ritardo. Ma invece di eseguire le istruzioni continuò a guardare Quinn, come in disperata attesa del segnale di via libera che lei avrebbe dovuto fargli con la mano. La bruna mercenaria seguitò a ignorare ostentatamente la sua esistenza. Alla fine, con sollievo di Ethan, Teki si alzò e cominciò a tornare verso la farmacia.

— Ehi, signore — lo chiamò Rau, con un sorriso. — Ha dimenticato qui il suo pacchetto! — E glielo indicò con un gesto cortese.

— Se il regno dei cieli è dei poveri di spirito, tu diventerai vice-presidente del Paradiso, Teki — mormorò fra i denti Quinn, che teneva il microfono direzionale puntato su di loro. — La presidenza me la sono già accaparrata io, fidandomi di te.

— Oh, guarda… grazie, molto gentile. — Teki raccolse la confezione dalla panchina e restò lì un momento con l’aria di non sapere cosa farsene. Rau annuì e tornò al suo schermo tascabile. Teki borbottò qualcosa fra sé e con passi decisi andò dritto verso la farmacia.

— Senta, mi scusi — disse al farmacista, mentre entrava, — ma è la tyramina oppure il tryptophan, che va bene contro l’insonnia?

— Il tryptophan, direi — rispose il farmacista. — Ma lei non mi ha parlato dell’insonnia, altrimenti le avrei detto…

— Lo so, abbia pazienza. Quello che volevo era il tryptophan.

Ci fu un breve ostile silenzio. Il farmacista si spolverò il camice con gesti ostentati. — Una confezione di tryptophan — disse infine. — Questa l’abbiamo in negozio, fortunatamente. Se mi consegna un momento la carta di credito, le rimborso la differenza.

— Non è stata una completa perdita di tempo — disse Quinn, togliendosi gli orecchini e riponendoli con cura nei piccoli vani imbottiti entro il coperchio del monitor. — Se non altro abbiamo la conferma che Millisor si attendeva questa mossa, e che il capitano Rau è molto solerte nella sorveglianza che hanno organizzato. Non che io ne dubitassi, comunque.

Rimise al suo posto anche il piccolo microfono direzionale, chiuse il coperchio e s’infilò il monitor in una tasca della blusa.

Poi abbassò uno sportello-sedia anche per sé e sedette vicino al tavolo estraibile di Terrence Cee. — Suppongo che uno di loro pedinerà Teki per una settimana, adesso, anche se Rau si è bevuto la scenetta della sostituzione. I cetagandani sono pignoli e sospettosi. Meglio così. Pensandoci bene, quella di farli stancare con un po’ di lavoro inutile può essere una buona tattica. Se Teki non fa la sciocchezza di venirmi a cercare, per ora tutto va bene.

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