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Li chiuse e lei stava per scattare quando lui li riaprì di scatto. Mi sta mettendo alla prova, pensò, accidenti a lui. Ma non s’accorse di alcun inganno. Di solito come attrice faceva pena, ma la punta del coltello le dava l’ispirazione.

Lui inarcò la schiena. Chiuse ancora gli occhi. La pressione del coltello era svanita.

Cirocco lo colpì con una botta al braccio e girò la testa dall’altra parte; il coltello le sfregiò la guancia. Lo afferrò alla gola, per strozzarlo, ma lui riuscì a tirarsi indietro. Lei si contorse, scalciò, sentì il pugnale sfiorarle la spalla. Finalmente fu libera. Balzò via… ma non correva ancora. Per alcuni agonizzanti secondi i suoi piedi non toccarono il suolo e lei continuava ad aspettarsi di sentire il morso del coltello.

Ma non accadde e lei aveva tanta forza nelle dita dei piedi da fare un nuovo balzo e liberarsi definitivamente da lui. Si guardò al di sopra della spalla mentre era a mezz’aria e capì che il calcio che gli aveva dato era stato più forte di quanto si fosse immaginata. L’aveva quasi sollevato, e proprio in quell’istante lui stava piombando a terra. Anche Gaby era balzata. L’adrenalina riusciva solo a causare dolori ai muscoli terrestri indeboliti dalla bassa gravità.

Poi la caccia incominciò.

Gene si mise a correre dietro di lei, probabilmente senza sapere che aveva Gaby alle spalle. Se l’avesse vista, se avesse visto la sua espressione, non si sarebbe buttato così allo sbaraglio.

Si erano accampati sulla piazza centrale del castello, un’area piana che i costruttori non avevano mai suddiviso. Il fuoco era a venti metri dalla prima galleria di stanze. Cirocco stava ancora prendendo velocità quando colpì la prima parete. Non smise di correre. Ne abbatté una decina prima di aggrapparsi a una delle intelaiature d’angolo. Inarcò il corpo a novanta gradi e si proiettò verso l’alto, salendo di tre piani, prima di fermarsi a mezz’aria. Gene fracassò qualche parete, poi si fermò. Non aveva capito la sua manovra.

Cirocco mise i piedi su un’altra intelaiatura angolare e si proiettò di nuovo in alto. Salì con una lentezza incredibile, da sogno, avvolta in una nube di vetri. Si buttò sulla destra e attraversò tre pareti prima di fermarsi. Corse a sinistra, salì di un altro piano, poi volò su e giù per due piani. Si fermò ad ascoltare.

Lontano le giunse un tintinnio di vetri. Era buio. Si trovava al centro di un labirinto di stanze che correvano in ogni direzione: sopra, sotto, ai lati. Non sapeva più dov’era, ma non lo sapeva nemmeno Gene, ed era proprio questo che lei voleva.

Il rumore di vetri infranti diventò più forte. Vide Gene che saliva nella stanza alla sua sinistra. Corse verso destra e si tuffò in basso. Due piani più sotto, saltò su una struttura angolare e si proiettò ancora verso destra. Poi si immobilizzò.

Se non fosse stato per il rumore dei vetri, non avrebbe capito dove si trovava Gene. Adesso lui era più in basso di lei; ma il peso del suo corpo era troppo per un pavimento già colpito dai frammenti lanciati attorno dal passaggio di Cirocco. Il pavimento franò sotto i piedi di Gene, che precipitò in basso.

Cirocco si diede una spinta verso il basso. L’impatto dell’atterraggio fu fortissimo. Precipitò a corpo morto sul primo piano del castello. Confusa, girò la testa, e vide Gene che incombeva minaccioso su di lei. Poi dal buio spuntò l’accetta che colpì Gene alla testa. Cirocco svenne.

Si risvegliò all’improvviso, urlando. Non le era mai successo. Non sapeva dove si trovasse, ma era stata di nuovo nel ventre della bestia, e Gene era con lei, le spiegava perché voleva violentarla.

L’aveva violentata davvero. Smise di urlare.

Non era più nel castello di vetro. Alla sua vita era legata una corda.

Il terreno davanti a lei scendeva verso il basso. Molto sotto c’era la macchia argentea di Rea.

Gaby era seduta accanto a lei. Alla sua vita erano allacciate due corde. Una era legata allo stesso albero a cui era legata Cirocco. L’altra penzolava sull’abisso di tenebre. Le lacrime avevano scavato un solco nel sangue disseccato sulla sua faccia. Stava usando un coltello per tagliare una delle due corde.

— Quello è il sacco di Gene, Gaby?

— Sì. Non ne avrà più bisogno. Come stai?

— Non sono in perfetta forma. Tiralo su, Gaby.

Lei la fissò a bocca spalancata.

— Non voglio perdere la corda.

La faccia di Gene era una maschera di sangue. Un occhio era completamente chiuso, l’altro solo gonfio. Il naso era rotto, e aveva perso tre denti.

— È conciato male — disse Cirocco.

— Non come avrei voluto conciarlo io.

— Apri il suo sacco e bendagli l’orecchio. Perde ancora sangue.

Gaby stava per esplodere. Cirocco le lanciò un’occhiata dura.

— Non ho intenzione di ucciderlo, quindi levatelo dalla testa.

L’orecchio di Gene era rimasto tagliato dal colpo d’accetta di Gaby. Non era stata quella la sua intenzione: lei voleva aprirgli in due la testa, ma l’accetta aveva ruotato su se stessa per aria e lo aveva colpito lì, facendogli perdere i sensi. Gene brontolò mentre Gaby lo medicava.

Cirocco cominciò a frugare nel sacco di lui, scegliendo le cose che potevano essere utili. Tenne il cibo e le armi; tutto il resto lo gettò nel vuoto.

— Se non lo uccidiamo ci inseguirà, lo sai.

— Può darsi, e l’idea non mi va. Infilalo nel paracadute. Lo buttiamo giù.

Gli sistemarono addosso l’imbracatura. Lui gemette un poco e lei voltò la testa per non vedere cosa gli stava facendo Gaby.

— Credeva di avermi uccisa — disse Gaby mentre stringeva con forza gli ultimi nodi. — Voleva uccidermi, ma io ho girato la testa.

— Hai una brutta ferita?

— Non è molto profonda, ma continua a sanguinare. Sono svenuta. Per fortuna ero troppo debole per alzarmi subito dopo che… subito dopo che lui… — Si pulì il naso col dorso della mano. — Quando mi sono svegliata ho visto che era sopra di te.

— Sono felice che ti sia svegliata in quel momento. Ho fatto un gran casino con la mia fuga. Ma grazie a te che mi hai salvato il culo un’altra volta.

Gaby le lanciò uno sguardo torvo e Cirocco si pentì immediatamente dell’infelice scelta di parole. Sembrava che Gaby si sentisse personalmente responsabile di quanto era accaduto. Non doveva essere facile, pensò Cirocco, mantenere la calma mentre la persona che ami viene violentata.

— Perché non lo uccidi?

Cirocco guardò Gene, si sentì investire da una ondata di collera, ma cercò di controllarsi.

— Io… lo sai anche tu che prima non era così.

— Io non so niente. Sotto sotto, dev’essere sempre stato un maledetto maiale, se no non l’avrebbe fatto.

— Tutti noi lo siamo. Certi sentimenti li reprimiamo, ma lui non ci riusciva più. Mi ha parlato come un ragazzo triste, non rabbioso, solo triste perché le cose non vanno come vorrebbe lui. Gli è successo qualcosa dopo la distruzione della nave, esattamente come è successo a me. E a te.

— Ma noi non abbiamo tentato d’ammazzare qualcuno. Ascoltami, buttiamolo giù col paracadute, su questo sono d’accordo. Però, lascia che prima gli tagli le palle. — Alzò il coltello, ma Cirocco scosse la testa.

— No. Non mi è mai piaciuto molto, però si riusciva a vivere assieme. Era un buon navigatore, e adesso è pazzo, e… — Voleva dire che in parte era colpa sua, che Gene non sarebbe mai impazzito se lei non avesse permesso la distruzione della nave, ma non ci riuscì. — Gli offro una possibilità in nome di quello che era. Ha detto di avere amici, laggiù. Forse straparlava, ma forse è vero. Slegagli le mani.

Gaby lo slegò. Cirocco strinse i denti e diede un calcio al corpo di Gene. Lui cominciò a rotolare, e parve rendersi conto solo in quel momento della situazione. Urlò un attimo mentre il paracadute si apriva, poi svanì oltre la curvatura del cavo.

Loro due non videro nemmeno se il paracadute si era aperto davvero.

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