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— Gli piaccio — rispose Calvin, semplicemente. — E poi è abituato ad avere passeggeri. Le specie intelligenti si pagano il viaggio trasferendo il cibo dal suo primo stomaco al secondo. Lui non ha i muscoli necessari. Deve risparmiare peso.

— Ma qui è tutto così paradisiaco? — chiese Gaby. — Finora non abbiamo visto un solo carnivoro.

— Ne esiste qualcuno, però sono pochi. È la simbiosi che sta alla base della vita. Oltre alla religione. Finefischio dice che tutte le forme superiori di vita adorano una dea, e che il trono della divinità si trova nel mozzo. Secondo me si tratta di una dea che governa tutte queste terre. L’ho chiamata Gea.

Cirocco, nonostante tutto, era molto interessata al discorso. — E che cos’è Gea, Calvin? Una leggenda primitiva, oppure la sala di controllo di questa nave?

— Non lo so. Temi è molto più antico di Finefischio, e anche lui ignora parecchie cose.

— Ma chi ha il comando? Hai detto che esistono diverse razze. Chi comanda? Oppure lavorano assieme?

— Ripeto, non lo so. Hai mai letto quei romanzi sulle astronavi generazionali dove succede qualcosa e tutti regrediscono a livelli primitivi? Penso che qui stia succedendo qualcosa del genere. So che qualcuno tiene tutto sotto controllo. Forse si tratta di macchine o di una razza che vive all’interno del mozzo. Potrebbero essere loro ad avere indotto quella religione. Comunque Finefischio dice che c’è qualcuno.

Calvin e Agosto salirono sulla lingua, mentre Cirocco si sentiva invasa dai rimorsi. Prima di scomparire all’interno della bocca dell’aerostato, Calvin si girò a gridare: — Capitano! Temi non è il nome giusto per questo posto. Chiamatelo Gea!

Cirocco, depressa, si ritirò a meditare sulla loro partenza in riva al fiume. Cosa avrebbe potuto fare? Non le sembrava che esistessero soluzioni.

— E il suo giuramento ippocratico? — chiese a Bill. — È sempre il medico della nostra missione, però preferisce andarsene in giro con quella dannata cosa.

— Siamo cambiati tutti, Rocky.

"Tutti tranne me" pensò lei, senza dirlo. Ed era la cosa più strana: gli altri erano tutti cambiati, mentre lei era rimasta normale, almeno a quanto poteva capire. "Forse sembro diversa agli altri" pensò ma allontanò subito l’idea. Bill, Gaby e Calvin sapevano di essere cambiati, anche se Gaby non voleva ammettere che il suo amore per Cirocco fosse solo un effetto secondario dell’esperienza vissuta. E Agosto era troppo sconvolta dalla perdita della sorella per pensare ad altro.

Pensò di nuovo ad Aprile e a Gene. Erano ancora vivi? Come se la cavavano? Erano soli, o si erano incontrati?

Per quanto il loro gruppo restasse sempre in ascolto e trasmettesse regolarmente messaggi, non ricevettero niente. Nessuno sentiva un uomo che piangeva, né una sola parola da Aprile.

Il tempo passava, impercettibile. L’orologio di Calvin le diceva quando era ora di andare a dormire, ma era difficile abituarsi alla luce perenne. Com’era diverso dal Ringmaster, dove un computer programmava i periodi di sveglia e di sonno.

La vita non presentava problemi. Tutti i frutti erano commestibili e, apparentemente, nutrienti. Se esisteva qualche carenza vitaminica, doveva ancora manifestarsi. Alcuni frutti erano salati, e altri aspri, forse a indicare la presenza della vitamina C. O almeno lo speravano.

Gli animali si lasciavano ammazzare fin troppo facilmente. Prima della partenza, sulla Terra li avevano allenati a sopravvivere negli ambienti più duri; ma Iperione era ostile quanto avrebbe potuto esserlo lo zoo di San Diego. Niente avventure alla Robinson Crusoe. Era difficile credere che quella fosse una missione.

Due giorni dopo la partenza di Calvin e Agosto, Gaby le portò un vestito fatto coi paracadute. Quando lei lo provò, la faccia di Gaby assunse un’espressione commovente.

Il vestito era una via di mezzo fra una toga e un paio di pantaloni. Il materiale era sottile, ma sorprendentemente resistente. Gaby aveva fatto una fatica terribile a tagliarlo e cucirlo con aghi di fortuna.

— Se mi fai anche un paio di mocassini — disse Cirocco — quando torniamo ti faccio promuovere di tre gradi.

— Ci sto già lavorando. — Gaby fu scintillante per un’intera giornata, e vivace come un cucciolo che saltellava attorno a Cirocco e al suo nuovo abito con le più diverse scuse. Era pateticamente desiderosa di piacere.

Cirocco era seduta in riva al fiume, sola, e felice di esserlo. Non era piacevole sentirsi il pomo della discordia fra due innamorati, e poi Bill cominciava a dimostrarsi irritato dal comportamento di Gaby.

Aveva in mano una lunga canna da cui partiva un filo vegetale, con un galleggiante che fluttuava pigramente sull’acqua. Anche i pensieri si misero a vagare liberi.

Cosa poteva fare per rendere più facile il compito della squadra di soccorso? Lasciare Gea con le loro forze era impossibile. Ma una squadra di soccorso sarebbe arrivata senz’altro, e con intenzioni bellicose. Gli ultimi messaggi che lei aveva inviato dal Ringmaster descrivevano un atto ostile, e le implicazioni della cosa erano enormi. Sulla Terra dovevano presumere che l’equipaggio dell’astronave fosse morto, ma certo non si sarebbero dimenticati di Temi-Gea. Prima o poi sarebbe arrivata una nave in assetto di guerra.

"E va bene" si disse. "Da qualche parte di Gea ci saranno mezzi per comunicare."

E forse sapeva anche dove.

L’importante era raggiungere il mozzo di Gea. Era il posto più logico in cui trovare i motori, gli apparecchi radio, e le creature che guidavano quel pianeta artificiale. Certo non sarebbe stata un’impresa facile, e i pericoli erano imprevedibili; ma se nel mozzo c’era un impianto per le comunicazioni dovevano impadronirsene.

Sbadigliò, si grattò, fece dondolare pigramente il piede avanti e indietro. Il galleggiante ballonzolava sul pelo dell’acqua. Tutto congiurava per un sano sonnellino.

Improvvisamente il galleggiante scomparve sotto l’acqua fangosa. Leggermente sorpresa, Cirocco capì che qualcosa aveva abboccato. Si alzò e cominciò a tirare il filo.

Il pesce non aveva né occhi, né scaglie, né pinne. Lo guardò, incuriosita: era il primo pesce che pescavano.

— Ma cosa cavolo sto facendo — disse ad alta voce; di colpo, lo ributtò in acqua e si mise a correre verso l’accampamento.

— Mi rincresce, Bill, lo so che hai fatto un sacco di lavoro per migliorare questo posto. Ma quando verranno a riprenderci, voglio aver portato tutti noi in un posto sicuro — disse Cirocco.

— Fondamentalmente, sono d’accordo con te. Qual è il tuo piano?

Lei gli spiegò qual era il suo pensiero riguardo al mozzo, il fatto che pensasse che là doveva, secondo lei, trovarsi la centrale di controllo di quell’enorme struttura.

— Non so cosa troveremo. Forse c’è solo polvere, e qui le cose vanno avanti per inerzia. Oppure il capitano e l’equipaggio ci faranno a pezzi perché abbiamo invaso la loro nave. Comunque dobbiamo tentare.

— E come pensi di arrivare al mozzo?

— Non ne sono ancora sicura. Presumo che gli aerostati non possano salire così in alto, se no ne saprebbero di più sulla loro dea. E può darsi che nei raggi non ci sia aria. Comunque, finché non proviamo non lo sapremo. L’unica via per arrivare ai raggi sono i cavi di sostegno. Sono convinta che si prolunghino fino alla cima.

— Dio — mormorò Gaby. — Anche quelli inclinati arrivano all’altezza di un centinaio di chilometri. E solo nel tratto sino alla volta. Da lì al mozzo saranno altri cinquecento chilometri.

— La mia povera schiena — grugnì Bill.

— Ma cosa vi prende? — ribatté Cirocco. — Non ho detto che dobbiamo scalarli a piedi. Decideremo quando li avremo sotto gli occhi. Sto solo cercando di dirvi che di questo posto ignoriamo tutto. Per quello che ne so io, potrebbe anche esserci un ascensore che ci porti fino in cima. Oppure un omino che vende biglietti per l’elicottero o i tappeti volanti. Bisogna andare a vedere.

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