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Ma si trattava solo di una mia intuizione, e ne conoscevo il valore; nasce dal campo dell’esperienza umana, e noi in qualche modo avevamo a che fare con i Nomadi…

— Potrei avere ancora del caffè? — chiesi.

Sua Eccellenza si alzò e andò a prepararne dell’altro.

— Vedo che hai dei dubbi, — disse, volgendomi le spalle. — Anche io avrei dei dubbi, se solo ne avessi il diritto. Sono un vecchio razionalista, Mak, e ne ho visto di tutti i colori; mi sono sempre fatto guidare dalla ragione, e la ragione non mi ha mai ingannato. Mi disgustano questi fantastici giochi di abilità, questi programmi misteriosi, creati da chissà chi quarantamila anni fa, che, guarda un po’, si accendono e si spengono per motivi incomprensibili; questi mistici legami extraspaziali fra anime vive e stupidi dischetti nascosti in un astuccio… Tutto questo mi fa venire il vomito!

Portò il caffè e lo versò nelle tazze.

— Se io e te fossimo dei comuni scienziati, — continuò, — e ci occupassimo semplicemente dello studio di un certo fenomeno della natura, con quale piacere affermerei che si tratta solo di una serie di idiote casualità! Tristan è morto per un caso: non è stato il primo né l’ultimo. L’amica d’infanzia di Abalkin, per un caso, è quella che conserva i detonatori. È per un caso che lui ha fatto il numero del mio canale speciale, perché voleva telefonare ad un altro… Te lo giuro, questa poco probabile serie di avvenimenti poco probabili mi sembrerebbe molto più credibile dell’idea idiota, insensata, dell’esistenza di un diabolico programma inserito in un embrione umano… Per gli scienziati è tutto chiaro: non creare nuovi esseri se non è assolutamente indispensabile. Ma io e te non siamo scienziati. L’errore dello scienziato è, in ultima analisi, un suo problema personale. Invece noi non dobbiamo sbagliarci. Ci è consentito di passare per sciocchi creduloni, per ignoranti, per mistici. Una sola cosa non ci viene perdonata: di aver sottovalutato il pericolo. E se a casa nostra all’improvviso c’è puzza di zolfo, non abbiamo assolutamente il diritto di lanciarci in discussioni sulle fluttuazioni molecolari. Dobbiamo presumere che nelle vicinanze si trovi il diavolo con le corna, e prendere le misure adeguate, arrivando al punto di organizzare la produzione di acqua santa in quantità industriali. E se, grazie a Dio, risulta che si trattava solo della fluttuazione, e se di noi riderà tutto il Consiglio Mondiale e anche tutti gli scolari… — allontanò irritato la tazza. — Non posso bere il caffè, e non posso nemmeno mangiare, ormai da quattro giorni…

— Eccellenza, — dissi, — ma perché… Perché deve essere per forza il diavolo con le corna? In fin dei conti, cosa possiamo dire di male dei Nomadi? Prendiamo per esempio l’operazione “Mondo morto”… In quel caso hanno salvato la popolazione dell’intero pianeta! Alcuni miliardi di persone!

— Mi vuoi consolare… — disse Sua Eccellenza, sogghignando cupo. — Ma in quel caso non hanno salvato la popolazione. Hanno salvato il pianeta dalla popolazione! E con molto successo… E dov’è andata a finire la popolazione non siamo riusciti a saperlo…

— Perché hanno salvato il pianeta? — chiesi sbigottito.

— E perché la popolazione?

— Va bene, — acconsentii. — Il problema non è questo. Mettiamo che lei abbia ragione: il programma, i detonatori, il diavolo con le corna… Ma che cosa può fare? È uno solo…

— Ragazzo, — disse Sua Eccellenza quasi con affetto, — ci stai pensando da appena un’ora e mezza, e io mi sto scervellando da quaranta anni. E non solo io. E non siamo riusciti ad arrivare a nulla. Ecco quel che è peggio. E non arriveremo mai a niente, perché anche i più intelligenti ed esperti di noi non sono che uomini. Non sappiamo che cosa vogliano. Non sappiamo di che cosa siano capaci. E non lo sapremo mai. L’unica speranza è che nel nostro agitarci, in modo febbrile e disordinato, riusciamo però a compiere un passo che loro non hanno previsto. Non possono prevedere tutto. Nessuno lo può. E ciò nonostante, tutte le volte che decido di fare qualcosa mi trovo a pensare che è proprio questo quello che si aspettano da me, e che proprio per questo non bisogna farlo. Sono arrivato al punto, vecchio scemo, di rallegrarmi perché non abbiamo distrutto subito, il primo giorno, quel maledetto sarcofago… I Tagoriani, invece, lo hanno distrutto. E ora guardali! Il terribile vicolo cieco in cui si sono cacciati… Forse, si tratta proprio della conseguenza di quell’azione logica, ragionevolissima, che hanno compiuto un secolo e mezzo fa… Però, d’altra parte, loro non si ritengono affatto in un vicolo cieco! È un vicolo cieco dal nostro punto di vista umano! Dal loro punto di vista, sono fiorenti e prosperi, e, naturalmente, ritengono di doverlo a quella loro tempestiva e radicale decisione… Oppure, ecco, noi abbiamo deciso di non far avvicinare il furibondo Abalkin ai detonatori. Ma forse, è proprio questo che si aspettavano da noi?

Appoggiò il cranio calvo sul palmo delle mani e cominciò a scrollare la testa.

— Siamo tutti stanchi, Mak, — annunciò. — Come siamo stanchi! Non possiamo più pensare a questo argomento. Per la stanchezza diventiamo indolenti e sempre più spesso ci diciamo: «Passerà!». Prima Gorbovskij era in minoranza, ora invece il settanta per cento della Commissione ha accettato la sua ipotesi. «Uno scarabeo nel formicaio». Ah, come sarebbe bello! Che voglia di crederci! Persone intelligenti, per pura curiosità scientifica, hanno introdotto uno scarabeo nel formicaio e con grande diligenza registrano tutte le sfumature della psicologia delle formiche, tutti i particolari della loro organizzazione sociale… E le formiche sono spaventate a morte, le formiche corrono di qua e di là, sono preoccupate, sono pronte a dare la vita per il formicaio natio, e non si rendono conto, poveracce, che lo scarabeo alla fine striscerà fuori dal formicaio e riprenderà la sua strada, senza aver fatto il minimo danno… Ti rendi conto, Mak? Senza il minimo danno! Non correte di qua e di là, formiche! Andrà tutto bene… Ma se non si trattasse di «uno scarabeo nel formicaio»? Se si trattasse invece di «una volpe nel pollaio»? Lo sai, Mak, che significa «una volpe nel pollaio»?…

E a questo punto scoppiò. Batté i pugni sul tavolo e urlò, fissandomi con gli occhi verdi pieni di rabbia:

— Canaglie! Mi hanno levato quaranta anni di vita! Sono quaranta anni che hanno fatto di me una formica! Non riesco a pensare a niente altro! Hanno fatto di me un vigliacco! Ho paura della mia stessa ombra, non mi fido nemmeno della mia stupida zucca… Perché mi fissi così? Fra quarant’anni sarai pure tu così, e forse molto prima, perché gli avvenimenti si susseguono sempre più in fretta! Così in fretta, come noi, vecchi, non sospettavamo nemmeno, e ce ne andremo tutti in pensione, perché non riusciamo a venirne a capo. E tutto passerà a voi! Ma anche voi non ne verrete a capo! Perché voi…

Tacque. Non guardava più me, ma al di sopra di me. E si alzò lentamente da dietro il tavolo. Mi voltai.

Sulla soglia, sulla porta aperta c’era Lev Abalkin.

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