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Durante tutta la riunione Rudolf Sikorski tacque. Non si sentiva abbastanza competente per esprimersi a favore di questa o quella soluzione del problema. Tuttavia, la sua lunga esperienza nel campo della storia sperimentale, e anche i dati complessivi che possedeva sull’attività dei Nomadi lo portavano ad una conclusione: qualunque sarebbe stata la decisione ultima del Consiglio Mondiale, occorreva mantenere la cosa in un ristretto ambito di persone con un altissimo livello di responsabilità sociale, per un periodo imprecisato. In questo senso si espresse in extremis: «La decisione di lasciare tutto come sta, e di osservare passivamente, non è una vera decisione. Le decisioni vere sono solo due: distruggere o far sviluppare. Non ha importanza quando sarà presa l’una o l’altra decisione — domani o fra cento anni, — ma ognuna di esse sarà insoddisfacente. Distruggere il sarcofago significherà compiere un atto irrevocabile. Tutti noi conosciamo bene il prezzo di atti irrevocabili. Far sviluppare significherà andare incontro ai Nomadi, le cui intenzioni sono per noi a dir poco incomprensibii. Io non ho deciso niente e non mi ritengo in diritto di votare per l’una o l’altra possibilità. L’unica cosa che chiedo, e su cui insisto, è di permettermi di prendere immediatamente misure contro le fughe di notizie. Se non altro perché non ci si riversi addosso un oceano di incompetenti.

Questo breve discorso produsse una grande impressione, e la decisione venne presa all’unanimità, tanto più che tutti si rendevano conto di una cosa: non occorreva aver fretta, e creare le condizioni per un lavoro tranquillo ed esauriente era indispensabile.

Il 31 dicembre si tenne l’assemblea allargata. Erano presenti ottanta persone, fra cui il Presidente del Consiglio Mondiale per le questioni sociali, su invito di Gorbovskij. Tutti concordarono sul fatto che il sarcofago era stato rinvenuto in modo assolutamente casuale e, dunque, prima del tempo. Tutti concordarono anche sul fatto che, prima di prendere qualsivoglia decisione, bisognava cercare di capire, e se non di capire, perlomeno di immaginare qua! era il disegno originario dei Nomadi. Furono espresse alcune ipotesi più o meno azzardate.

Kirill Aleksandrov, noto per le sue opinioni antropomorfiche, espresse l’opinione che il sarcofago contenesse il fondo genetico dei Nomadi. «Tutte le dimostrazioni a me note sulla non umanità dei Nomadi — annunciò — sono indirette. In realtà, i Nomadi potrebbero essere benissimo dei sosia genetici dell’uomo. È una supposizione che non contraddice nessuno dei dati in nostro possesso». Partendo da questo, Aleksandrov proponeva di interrompere tutti gli studi, rimettere la scoperta nella sua posizione originaria e abbandonare il sistema EN 9173.

Secondo August Johann Bader, il sarcofago era sì un contenitore del fondo genetico ma non dei Nomadi, bensì dei terrestri. Quarantacinquemila anni fa, i Nomadi, ammettendo teoricamente la possibilità di imbastardimento genetico delle allora poco numerose stirpi di Homo sapiens, avevano cercato in questo modo di prendere misure atte a ristabilire l’umanità terrestre nel futuro.

Sempre nella linea «non penseremo male dei Nomadi» parlò anche l’anziano Pak Xin. Anche lui, come Bader, era convinto che ci si trovasse di fronte a qualcosa che avesse a che fare con il fondo genetico dei terrestri, ma riteneva che i Nomadi avessero in questo caso fini illuministi. Il sarcofago era una particolare “bomba del tempo”, aprendo la quale i terrestri contemporanei acquisivano la possibilità di conoscere le particolarità dell’aspetto fisico, dell’anatomia e della fisiologia dei loro lontani predecessori.

Gennadij Komov pose il problema in modo molto più ampio. Secondo lui, ogni civiltà, arrivata ad un certo punto di sviluppo, non può non tendere ad un contatto con altri intelletti. Tuttavia, il contatto fra civiltà umanoidi e civiltà non umanoidi è estremamente difficile, se non impossibile. Si trattava del tentativo di usare un metodo di contatto assolutamente nuovo: creare un umanoide essere-mediano, nel cui genotipo erano cifrate alcune essenziali caratteristiche della psicologia non umanoide. In questo senso bisognava guardare alla scoperta come all’inizio di una nuova fase, in linea di principio, sia nella storia dei terrestri, sia nella storia dei Nomadi non umanoidi. Secondo Komov, le ovocellule dovevano essere fatte sviluppare senza indugio. Lui, Komov, non era affatto turbato dalla considerazione che la scoperta fosse avvenuta prima del tempo: i Nomadi, calcolando i tempi di sviluppo dell’umanità, facilmente avevano potuto sbagliarsi di qualche secolo.

L’ipotesi di Komov suscitò una vivace discussione, durante la quale per la prima volta si fece strada il dubbio sulla capacità della pedagogia contemporanea di adattare o no, con successo, i suoi metodi all’educazione di persone la cui psiche si distingue in modo significativo da quella degli umanoidi.

Contemporaneamente, i cautissimo Machiro Sinoda, il più grande specialista di Nomadi, pose una domanda molto ragionevole: perché lo stimato Gennadij e anche altri compagni sono così convinti del benevolo atteggiamento dei Nomadi nei confronti dei terrestri? Non abbiamo nessuna prova del fatto che i Nomadi siano capaci di avere un atteggiamento benevolo verso chicchessia, compresi gli umanoidi. Al contrario, i fatti (non molto numerosi, è vero) testimoniano piuttosto che i Nomadi sono assolutamente indifferenti ad un intelletto estraneo e tendono ad utilizzarlo come mezzo per il conseguimento dei propri fini e non come partner per un contatto. Non sembra quindi, allo stimato Gennadij, che l’ipotesi da lui espressa possa ugualmente essere sviluppata in senso opposto, e, precisamente, che gli ipotetici esseri-mediani debbano, secondo i progetto dei Nomadi, adempiere a dei compiti che dal nostro punto di vista sono negativi? Perché, seguendo la logica dello stimato Gennadij, non presupporre che il sarcofago sia, per così dire, una bomba ideologica a scoppio ritardato, e gli esserimediani siano un tipo di sabotatori predestinati all’inserimento nella nostra civiltà? “Sabotatori”, ovviamente, è una parola odiosa. Ma ecco che anche da noi è apparso un concetto nuovo, quello di “Progressore”, un uomo della Terra la cui attività è diretta ad accelerare il progresso delle civiltà umanoidi retrograde. Perché non ammettere che gli ipotetici esseri-mediani siano una specie di Progressori dei Nomadi? In fin dei conti, che cosa ne sappiamo noi del punto di vista dei Nomadi sul tempo e la forma del nostro progresso umano?…

L’assemblea, in breve, si divise in due fazioni, gli ottimisti ed i pessimisti. Il punto di vista degli ottimisti sembrava, naturalmente, assai più verosimile. Effettivamente, è difficile, e persino impossibile, immaginare una superciviltà capace non di una rozza aggressione, ma anche solo di una sperimentazione priva di tatto nei confronti dei fratelli più giovani per intelletto. Nei limiti di tutte le rappresentazioni esistenti sulla regolarità di sviluppo dell’intelletto, il punto di vista dei pessimisti sembrava, a essere indulgenti, artificioso, cervellotico e arcaico. Ma, d’altra parte, rimaneva sempre la possibilità, anche se minima, di un errore di calcolo. Poteva essere sbagliata l’intera teoria del progresso. Potevano essersi sbagliati quelli che l’avevano interpretata. E, principalmente, potevano essersi sbagliati i Nomadi stessi. Le conseguenze di questo tipo di errori per le sorti dell’umanità terrestre non vengono né computate né controllate.

Proprio allora, all’immaginazione di Rudolf Sikorski per la prima volta si presentò l’immagine apocalittica di un essere che né anatomicamente, né fisiologicamente si distingue da un uomo; per di più, non si distingue da un uomo anche psichicamente, né per ragionamento logico, né per i sentimenti, né per la visione del mondo; vive e lavora proprio in mezzo agli altri, ha in sé un invisibile, minaccioso programma, e la cosa più terribile di tutte è che lui stesso non sa niente di questo programma e non viene a saperne niente nemmeno in quel momento imprecisato in cui questo programma si mette finalmente in moto, fa scoppiare il terrestre che è in lui e lo conduce… dove? A che scopo? E già allora per Rudolf Sikorski fu irrimediabilmente chiaro che nessuno — e lui, Rudolf Sikorski, per primo — ha il diritto di rimanersene tranquillo basandosi sulle scarse probabilità e sul carattere fantastico di questa supposizione.

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