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Sulla soglia della cabina Graff si volse. — Mi domando se non siate dei bambocci lenti di comprendonio. I vostri cervellini non hanno ancora capito questo semplice fatto? Siete stati portati qui per diventare dei soldati. Forse nelle vostre famiglie o a scuola eravate considerati dei duri, magari perfino intelligenti. Ma noi scegliamo il meglio del meglio, e questo è il solo genere di compagni che incontrerete d’ora in avanti. Perciò, quando vi dico che Ender Wiggin è il migliore di questo lotto aprite gli orecchi, teste dure. Non prendetelo sottogamba. Alla Scuola di Guerra dei pivelli della vostra età ci hanno già lasciato la pelle in passato. Sono stato abbastanza chiaro?

Per il resto del volo nessuno aprì bocca. Il ragazzino seduto a fianco di Ender prestò scrupolosa attenzione a non sfiorarlo neppure.

Io non sono un killer, disse Ender a se stesso più volte. Non sono Peter. Qualunque cosa lui dica, io non lo sono e non voglio esserlo. Mi sono soltanto difeso. Avevo cercato di sopportare. E ho avuto pazienza. Non sono come lui ha detto.

Una voce dall’interfono li informò che la navetta era in fase di avvicinamento alla Scuola. Occorsero venti minuti per la decelerazione e l’attracco. Enders si tirò avanti per la scaletta in coda al gruppo, e arrampicandosi nella direzione che alla partenza era stata il basso ebbe l’impressione che gli altri fossero quasi ansiosi di lasciarselo alle spalle. Al termine del corridoio flessibile che collegava la navetta alle strutture della Scuola c’era in attesa Graff.

— Hai fatto buon viaggio, Ender? — gli domandò gentilmente.

— Credevo che lei fosse mio amico. — A dispetto dei suoi sforzi Ender sentì che gli tremava la voce.

Graff parve sorpreso. — E dove hai preso questa idea, Ender?

— Perché lei… — Perché lei era stato buono con me, e onesto. - Lei non mi ha mai mentito.

— E non voglio mentirti neppure adesso — disse Graff. — Il mio compito non è di essere tuo amico. È di formare quelli che dovranno essere i migliori combattenti del mondo. I migliori della storia. A noi serve un Napoleone. Un Alessandro. Salvo che Napoleone alla fine fu sconfitto, e Alessandro morì giovane dopo aver fiammeggiato come una meteora. O avremmo bisogno di un Giulio Cesare, senonché egli divenne un dittatore e per questo fu ucciso. Il mio compito è di formare un individuo di questo tipo, e tutti gli uomini e le donne di cui avrà bisogno per agire. E nel regolamento non è scritto che per arrivarci io debba essere un amico per voialtri ragazzini.

— Lei li ha indotti a detestarmi.

— Sul serio? E tu che pensi di farci? Nasconderti in un angoletto? O baciare il sedere a tutti quanti perché ricomincino a volerti bene? Hai un solo modo perché smettano di odiarti: diventare così bravo che nessuno ti possa ignorare. Io ho detto loro che sei il migliore. Adesso farai dannatamente bene a dimostrare che lo sei davvero.

— E se non ci riuscissi?

— Peggio per te. Senti, Ender, non mi rende felice pensare che tu abbia paura o ti senta solo. Ma là fuori ci sono gli Scorpioni. Dieci miliardi, cento miliardi, o per quel che ne sappiamo un miliore di miliardi. Forse con altrettante astronavi. Con armi a noi del tutto sconosciute. E con la ferma volontà di usarle per spazzarci via. Non è in gioco la Terra, Ender. Soltanto noi, soltanto la razza umana. Per quel che riguarda il pianeta noi potremmo anche scomparire, e lui andrebbe avanti verso il prossimo passo nell’evoluzione della vita. Ma l’umanità non vuole estinguersi. Come specie, noi abbiamo il dovere e l’istinto della sopravvivenza. Un istinto che si crea nelle avversità e nel loro susseguirsi finché, come prodotto dallo sforzo di generazioni, la razza dà alla luce un genio. Quello che riesce a inventare la ruota, o la luce elettrica, o il volo. Quello che costruisce una città, una nazione, un impero. Capisci il senso di questo?

Ender rifletté che lo capiva, ma non era del tutto sicuro, così non disse niente.

— No, naturalmente no. Allora sarò più chiaro. Gli esseri umani hanno il diritto di essere liberi, salvo quando l’umanità ha bisogno di loro. Forse l’umanità ha bisogno di te. Perché tu faccia qualcosa. Io penso che comunque abbia bisogno di me… per scoprire se quelli come te possono servire. Tanto tu che io potremmo dover fare cose poco commendevoli, Ender, ma se grazie ad esse l’umanità riuscirà a sopravvivere noi saremo stati dei buoni strumenti.

— Soltanto questo? Nient’altro che strumenti?

— Individualmente gli esseri umani sono degli strumenti, che altri hanno il diritto di usare per la sopravvivenza della razza.

— Questa è una menzogna.

— No, è soltanto metà della verità. Dell’altra metà potrai preoccupartene dopo che avremo vinto questa guerra.

— Potremmo essere distrutti prima che io diventi grande — disse Ender.

— Spero che non accada — borbottò Graff. — Comunque, stando qui a parlare con me non fai i tuoi interessi. Gli altri penseranno che quel furbone di Ender Wiggin sta leccando le scarpe a Graff. E se corre voce che sei il pupillo del direttore, stai certo che ti succederà qualche incidente.

In altre parole, levati dai piedi e lasciami in pace. - Arrivederci — disse Ender. Una mano dopo l’altra si spinse lungo il corridoio nella direzione in cui gli altri erano scomparsi.

Graff lo seguì con lo sguardo.

Accanto a lui uno degli insegnanti disse: — È lui quello su cui contiamo?

— Lo sa Iddio — mormorò Graff. — Se non fosse lui, meglio che Ender ce lo faccia capire al più presto.

— Forse non è nessuno di loro — disse l’insegnante.

— Forse. Ma se le cose stanno così, Anderson, vuol dire che il solo Dio è quello degli Scorpioni. E puoi citare le mie parole.

— Lo farò.

Per un poco i due rimasero in silenzio.

— Anderson…

— Mmh?

— Il ragazzo sbaglia. Io sono suo amico.

— Lo so.

— È intelligente. Te lo dico col cuore, ha del carattere.

— Ho letto i rapporti.

— Pensa a quel che gli stiamo facendo, Anderson.

L’altro lo fissò con aria di sfida. — Stiamo cercando di farne il miglior comandante in campo della storia.

— Per poi gettare sulle sue spalle il destino del mondo. Dovrei sperare che quello che cerchiamo non sia lui, per il suo bene. E lo spero.

— Consolati, magari gli Scorpioni ci faranno fuori tutti prima ancora che dia gli esami.

Graff sorrise. — Hai ragione. Sai una cosa? Le tue profezie sono ottime per tirare un uomo su di morale.

CAPITOLO QUINTO

GIOCHI

— Lei ha tutta la mia ammirazione. Un braccio rotto…, questo è stato un colpo da maestro.

— È stato un incidente.

— Sul serio? E io che le ho già fatto ampi elogi nel rapporto ufficiale!

— La cosa è andata oltre il limite. Ha trasformato in una specie di eroe quell’altro piccolo bastardo. E potrebbe aver guastato parecchi di loro ancor prima dell’addestramento. Credevo che avrebbe chiamato aiuto.

— Chiamare aiuto? Via, ero convinto che fosse questo a renderlo prezioso ai suoi occhi: il fatto che lui risolve da solo i suoi problemi. Quando sarà fuori, con attorno a sé una flotta nemica, che chiami aiuto o meno dovrà sfangarsela da solo.

— Chi avrebbe immaginato che quel piccolo imbecille si sarebbe sganciato le cinture? E come se non bastasse, è andato a sbattere nella paratia nel modo peggiore.

— È soltanto un ulteriore esempio della stupidità militare. Chi ha un grammo di cervello cerca di far carriera in un altro campo, magari nelle assicurazioni sulla vita.

— Se è così, c’è da stare poco allegri.

— Dobbiamo soltanto accettare il fatto che lei e io siamo dei subordinati, infine. Col destino dell’umanità nelle nostre mani. Questo dà un delizioso senso di potere, no? Specialmente al pensiero che se perdiamo stavolta non resterà più nessuno per criticarci.

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