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— Ricordi quattro settimane fa, Bean? Quando mi hai chiesto di diventare capobranco?

— Uh-uh.

— Io ho nominato cinque capibranco e cinque vice, da allora. E nessuno di loro sei tu. — Ender inarcò un sopracciglio. — Ho sbagliato?

— Nossignore.

— Secondo te, come ti sei comportato in queste otto battaglie?

— Oggi mi hanno disabilitato per la prima volta, ma il computer mi ha assegnato undici avversali congelati prima che mi colpissero. Non ne ho mai messi fuori gioco meno di cinque, in ogni battaglia. E ho sempre portato a termine la manovra che mi era stata assegnata.

— Perché ti hanno preso a fare il soldato così giovane, Bean?

— Non più giovane di quel che eri tu.

— Sì, ma perché?

— Non lo so.

— Lo sai, invece, come lo so io.

— Ho tentato d’immaginarlo, ma sono solo ipotesi. Tu sei… molto bravo. Loro lo sapevano, e sapevano che dandoti qualche spinta…

— Dimmi il perché, Bean.

— Perché hanno bisogno di noi, ecco perché. — Bean sedette sul pavimento e fissò i piedi di Ender. — Perché hanno bisogno di qualcuno che sconfigga gli Scorpioni. Questa è l’unica cosa che a loro importa.

— È necessario che tu lo sappia, Bean. Perché in questa scuola molti ragazzi pensano che le battaglie in sala siano importanti di per sé, mentre non è così. Servono ad aiutarli a trovare ragazzi che possano essere avviati a posti di comando, nella guerra vera. In quanto alle gare, le renderanno più dure. Stanno dando un giro di vite al sistema.

— Divertente. Credevo che lo stessero dando a noi.

— La prima battaglia di un’orda, nove settimane in anticipo. Poi una battaglia al giorno. E adesso due nello stesso giorno. Bean, io non so cosa stiano facendo gli insegnanti, ma la mia orda è stanca, io comincio a essere stanco, e a loro sembra che non importi neppure che le gare abbiano un regolamento. Ho cercato nel computer le registrazioni più vecchie: nessuno ha mai vinto tanto e con tante poche perdite, fin da quando esistono le gare di battaglia.

— Tu sei il migliore, Ender.

Lui scosse il capo. — Forse. Ma non è per caso che mi hanno dato i soldati di cui dispongo. Novellini, scarti di altre orde, ma falli lavorare insieme e il peggiore di loro potrebbe essere un ottimo capobranco in qualunque orda. Fin’ora s’erano limitati a rendermi dura la vita, ma adesso stanno indurendo tutto il sistema contro di me. Bean, vogliono spezzarci la schiena.

— Non possono spezzare te.

— Ti sorprenderebbe, se ci riuscissero? — Ender emise un sospiro secco, a denti stretti, come a un’improvvisa fitta di dolore. Bean scrutò il suo volto e s’accorse che l’impossibile stava accadendo: lungi dal perseguitarlo ed esasperarlo, Ender Wiggin si stava confidando con lui. Non molto. Ma un po’ sì. Ender era un essere umano, e a lui veniva concesso di saperlo.

— Forse ne saresti sorpreso tu — disse Bean.

— C’è un limite alle idee nuove o intelligenti che io posso tirar fuori ogni giorno. Qualcuno può sempre rivolgere contro di me stratagemmi che non ho mai neppure lontanamente immaginato, e allora non saprei come fronteggiarli.

— Il peggio che può succederti è che avrai perso una battaglia.

— Il peggio che può succedermi è proprio questo. Io non posso perdere nessuna battaglia. Perché se perdessi…

Tacque, senza spiegarsi meglio e Bean non fece domande.

— Ho bisogno che tu faccia lavorare il cervello, Bean. Voglio che tu pensi alla soluzione di problemi che ancora non ci siamo mai trovati di fronte. Voglio che tu tenti cose che nessuno ha mai tentato perché sono assolutamente stupide.

— Perché io?

— Perché anche se nell’orda dei Draghi ci sono alcuni soldati migliori di te… non molti, ma alcuni sì… non c’è nessuno che riesca a pensare meglio e più in fretta di te. — Bean non disse niente. Entrambi sapevano che era vero.

Ender gli indicò lo schermo del suo banco. Su di esso c’erano dodici nomi di ragazzi dell’orda. — Scegli cinque di questi — disse. — Uno da ogni branco. Saranno una squadra speciale, e tu li addestrerai. Solo durante gli allenamenti extra della sera. Mi farai un rapporto sulle cose che insegnerai loro. Non dedicare troppo tempo a ciascuna di queste cose. Per tutto il resto dell’orario di lavoro, tu e la tua squadra tornerete a far parte dell’orda, ciascuno col suo branco. Ma in battaglia, quando ci sarà qualcosa che soltanto tu e i tuoi potrete fare, sarete la mia squadra speciale.

— Questi sono tutti giovani — disse Bean. — Nessun veterano.

— Dopo quest’ultima settimana, Bean, tutti i nostri soldati sono veterani. Non ti sei accorto che nella classifica dell’efficienza individuale tutti e quaranta i nostri soldati sono fra i primi cinquanta? E che devi scendere al diciassettesimo posto per trovarne uno che non sia un Drago?

— E se non riuscissi a pensare a niente?

— Allora mi sarò sbagliato su di te.

Bean sogghignò. — Non ti sei sbagliato.

Le luci si spensero.

— Saprai ritrovare la strada al buio, Bean?

— Facile che domani mi trovino addormentato in qualche corridoio.

— Allora resta qui. E se terrai gli orecchi aperti potrai sentire la buona fata che stanotte passerà a lasciarci il nostro solito regalo quotidiano.

— Diavolo, non vorranno farci combattere anche domattina… o sì?

Ender non rispose. Bean lo sentì distendersi sul letto. A tentoni estrasse dalla parete la cuccetta di riserva e si sdraiò anch’egli. Prima che il sonno avesse la meglio riuscì a pensare a una dozzina di nuove idee. Ender ne sarebbe stato compiaciuto: ognuna di esse era stupida.

CAPITOLO DODICESIMO

BONZO

— Prego, si sieda, generale Pace. Mi pare d’aver capito che lei sia venuto a parlarmi di un argomento ritenuto urgente.

— Proprio così. Fino ad oggi, colonnello Graff, mi sono fatto un dovere di non interferire con l’andamento interno della Scuola di Guerra. Le è stata garantita l’autonomia, e malgrado la nostra differenza di grado sono conscio di nn poterle ordinare certe precauzioni, ma solo di consigliarle.

— Precauzioni?

— Non faccia l’ingenuo con me, colonnello Graff. Voi americani siete dei dilettanti in questo, confronto a certe dannate facce di bronzo sovietiche con cui ho spesso a che fare. Lei sa bene perché sono qui.

— Ah! Suppongo che Dap si sia deciso a fare quel suo rapporto.

— Lui ha tendenze… paterne verso gli studenti che sono qui. Afferma che lei, trascurando una situazione potenzialmente letale, sia non solo negligente, ma …uh, complice di una cospirazione mirante a provocare ferite gravi o mortali a uno dei vostri studenti.

— Questa è una scuola per ragazzi giovani, generale Pace. L’ultimo posto in cui il capo della Polizia Militare della F.I. possa avere un serio motivo per intervenire.

— Colonnello Graff, il nome di Ender Wiggin è già trapelato su per le alte sfere di comando. Abbiamo già dovuto mettere il bavaglio a un paio di servizi segreti troppo curiosi, e non le dico altro. Comunque, l’ho sentito definire a chiari termini come la nostra sola speranza di vittoria, contro l’imminente invasione. Quando siano in gioco la sua vita, o la sua salute, non mi sembra certo assurdo che la Polizia Militare cominci a pensare di dover proteggere il ragazzo, no?

— Dannazione a Dap e dannazione a lei, signore! Io so benissimo quello che sto facendo.

— Lo sa?

— Meglio di chiunque altro.

— Oh, questo è evidente, dal momento che nessun altro ha la più piccola idea di ciò che lei sta facendo. Lei sa da otto giorni che esiste una cospirazione, fra alcuni dei più incorreggibili di questi «ragazzi», mirante a sconfiggere e umiliare Ender Wiggin. E sa che alcuni membri di questa combriccola, particolarmente un certo Bonito de Madrid, detto Bonzo, sono molto propensi ad agire con bestiale violenza nell’attuale circostanza. Così Ender Wiggin, una risorsa internazionale d’inestimabile importanza, viene messo a rischio d’essere ritrovato col cervello spiaccicato su una parete della sua tranquilla scuola orbitale. E lei, pienamente conscio di questo pericolo, propone di non fare altro che…

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