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Il lancio non fu duro. Soltanto un po’ spiacevole. Ci furono degli scossoni, poi brevi momenti d’ansia al pensiero che quello avrebbe potuto essere il primo disastro aereo nella storia della F.I. Dai filmati non aveva mai capito esattamente quali sensazioni si potevano provare stando distesi sulla schiena, con la morbida imbottitura che cedeva sotto la pressione.

Poi essa parve invertirsi, e lui fu davvero appeso alle cinghie in una giostra, in totale assenza di gravità.

Ma dal momento che s’era già preparato a orientarsi su nuovi parametri non fu sorpreso nel vedere Graff tornare giù per la scaletta a testa in avanti, come se ora si arrampicasse verso il retro della navetta. Né si meravigliò quando l’uomo agganciò un piede a uno scalino e si diede una spinta con le mani, mettendosi in posizione eretta come se fosse in piedi fra i sedili di un normale aereoplano.

Per alcuni l’inversione del senso dell’equilibrio fu troppo. Un ragazzino rantolò, portandosi le mani alla bocca. Finalmente Ender capì perché avevano proibito loro di mangiare per venti ore prima del lancio. Vomitare a gravità zero sarebbe stato poco divertente per tutti.

Ma a Ender i movimenti di Graff in assenza di peso parvero divertenti. Si spinse più oltre con la fantasia, provando a immaginare che l’uomo camminasse a testa in giù sugli scalini e l’andatura che avrebbe potuto adottare procedendo sul soffitto e sulle paratie come una mosca. La gravità può attirare da qualsiasi parte, pensò. Dovunque io immagini di farla girare. Potrei far ruotare Graff a testa in giù e lui non si accorgerebbe neppure d’esser stato capovolto.

— Cos’è che ti sembra tanto divertente, Wiggin?

La voce di Graff era dura e seccata. Cos’ho fatto di sbagliato? Pensò Ender. Che mi sia sfuggita una risatina?

— Ti ho fatto una domanda, soldato! — abbaiò Graff.

Ah, sì. Quello era veramente l’inizio dell’addestramento alla vita militare. Ender aveva visto alla TV sceneggiati sull’arrivo delle reclute nei campi, e sapeva che i graduati le accoglievano latrando come cani rabbiosi prima che tutti, soldati e ufficiali, diventassero buoni compagni d’arme.

— Sissignore — rispose Ender.

— Allora rispondi alla domanda!

— Stavo pensando che lei potrebbe andare in giro capovolto. Questo mi è sembrato comico.

Ma sembrava soltanto stupido adesso, con Graff che lo squadrava freddamente. — Suppongo cha a te debba sembrare comico. C’è qualcun altro che trova la cosa comica, qui dentro?

Si levarono mormorii di diniego.

— Nessuno, eh? E perché? — Graff girò su di loro un’occhiata sprezzante. — Un’imbarcata di teste di rapa, ecco cosa ci hanno affibbiato in questo lancio. Piccoli ritardati mentali. Uno solo di voi ha avuto l’intelligenza di capire che a gravità zero si può stare dritti in qualunque senso uno si metta. Riuscite a farvelo entrare in testa, reclute?

I ragazzini annuirono.

— No che non ci riuscite, invece. È chiaro che non ci riuscite. Non solo stupidi, dunque, ma anche bugiardi. Di questa imbarcata c’è un unico ragazzo col cervello in grado di funzionare, ed è Ender Wiggin. Guardatelo bene, piccoli sciocchi. Lui avrà un posto di comando quando voi sarete ancora a ramazzare i pavimenti, lassù. E questo perché lui sa come bisogna pensare in gravità zero, mentre voialtri riuscite soltanto a vomitare l’anima.

Non era esattamente così che andava negli sceneggiati della TV. A regola, Graff avrebbe dovuto infierire su di lui, non metterlo su un piedistallo di fronte agli altri. A regola, lui e Graff avrebbero dovuto avere rapporti bruschi all’inizio, così più tardi fra loro avrebbe potuto istaurarsi quel rude e solido cameratismo.

— Molti di voi finiranno congelati nello spazio. Cominciate a considerare questo pensiero fin d’ora, bambocci. Molti di voi non faranno altro che spaccarsi la faccia in Sala di Battaglia, perché non sapranno adattare il cervello alle tecniche di pilotaggio spaziale. Molti di voi non valgono neppure la spesa di trasportarli alla Scuola di Guerra, perché non hanno i requisiti necessari. Alcuni di voi potrebbero averli. Pochi di voi potrebbero servire a qualcosa per la razza umana. Ma non ci scommetterei un soldo. Su uno soltanto sono disposto a puntare.

D’un tratto Graff fece una piroetta all’indietro e afferrò la scala con le mani, proiettando i piedi in direzione opposta. Fino a un attimo prima gli scalini erano stati il suo pavimento; con quella mossa parve dichiarare che pavimento e soffitto erano la stessa cosa, dando ragione a Ender.

— Sembra che tu sia ammanigliato bene, qui — disse il ragazzino seduto davanti a lui.

Ender scosse il capo.

— Ah, non vuoi abbassarti a parlare con me? — disse il ragazzino.

— Non gli ho chiesto io di dire quelle cose — mormorò Ender.

Qualcosa lo colpì dolorosamente alla nuca. Poi lo colpì di nuovo. Dietro di lui ci furono alcune risatine. Il ragazzo seduto alle sue spalle doveva aver sganciato le cinture della poltroncina. Una scoppola gli scompigliò i capelli. Smettetela, per favore, pensò Ender. Io non vi ho fatto niente.

Ancora un pugno nella nuca. I ragazzini ridacchiarono. Graff si stava accorgendo di questo? Non aveva intenzione di mettervi fine? Un altro pugno, più forte e stavolta davvero doloroso. Dov’era Graff?

Poi capì come stavano le cose. Graff aveva intenzionalmente provocato ciò che stava accadendo. Era ancor peggio delle soperchierie che si vedevano nei film. Quando un sergente percuote una recluta, gli altri solidarizzano col malcapitato. Ma quando la elogia, gli altri la odiano.

— Ehi, mangiamerda — sussurrò una voce dietro di lui. Gli arrivò una scoppola. — Che ne dici di questo? Ehi, super-cervello, questo lo trovi comico? — Ancora un pugno nella nuca, così violento che Ender mandò un gemito soffocato.

Se Graff lo aveva messo apposta in quella posizione, allora non poteva aspettarsi l’aiuto di nessuno. Aspettò finché fu sul punto di ricevere un altro pugno. Adesso, pensò. E infatti il pugno arrivò. Gli fece male, ma si costrinse a calcolare il ritmo dei colpi. Adesso. E in quel preciso momento fu colpito. Stavolta ti tengo, si disse Ender.

Un attimo prima del colpo successivo Ender si volse di scatto, afferrò il polso del ragazzino con entrambe le mani e gli abbassò violentemente il braccio.

In gravità normale la mossa avrebbe attirato l’altro contro lo schienale del suo sedile, facendogli urtare il petto sullo spigolo. In assenza di peso il braccio funse da leva, il ragazzino fu sollevato dal suo posto e proiettato verso il soffitto. Ender non se l’era aspettato. Non aveva ancora capito quanto fosse facile spostare una massa a gravità zero. Il ragazzino volò obliquamente contro il soffitto, rimbalzò in basso addosso a un altro seduto nella poltroncina, e la spinta lo mandò a roteare avanti lungo il passaggio centrale finché con un grido di dolore urtò pesantemente nella paratia anteriore. Il suo braccio era piegato in modo anomalo quando rimbalzò ancora in alto.

La cosa era durata appena pochi secondi, ma Graff era già sbucato dalla cabina di pilotaggio, in tempo per intercettare al volo il ragazzino. Con una smorfia lo spinse verso un altro degli ufficiali. — Braccio sinistro. Fratturato, direi — fu il suo commento. Pochi minuti dopo al ragazzo era già stato iniettato un antidolorifico, e tenendolo sospeso a mezz’aria l’ufficiale gli arrotolò un bendaggio rigido attorno al braccio.

Ender si sentiva sgomento. Tutto ciò che aveva voluto era stato di fermare il braccio del ragazzino… no, no, aveva voluto fargli male, e ci aveva messo tutta la sua forza. Non era stato nelle sue intenzioni dare il via a una scena di quel genere, e tuttavia il suo tormentatore si stava sorbendo esattamente quel che lui aveva voluto procurargli. L’assenza di gravità aveva giocato a suo sfavore, tutto qui. Io sono Peter. Sono proprio come lui, pensò Ender. E odiò se stesso.

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