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Il colonnello Graff lasciò gli altri e si avvicinò a lui. Aveva il volto rigato di lacrime, ma sorrideva. Afferrò Ender per le spalle, lo tirò in piedi e con sua grande sorpresa lo abbracciò strettamente. — Grazie, Ender! — balbettò, commosso. — Grazie a te, e grazie a Dio, Ender!

Dietro di lui vennero subito tutti gli altri, chi per stringergli la mano, chi per congratularsi, e un paio di ufficialesse lo baciarono sulle guance con trasporto. Per qualche minuto non riuscì a trovare alcun senso nel loro comportamento. Forse che, dopotutto, era riuscito a superare l’esame? Era la sua vittoria, non la loro, e per di più una vittoria di scarso significato tecnico, ottenuta con l’imbroglio. Perché mai agivano come se avesse vinto rispettando onorevolmente le regole?

La piccola folla si aprì e fra essi comparve Mazer Rackham. Il vecchio avanzò dritto su di lui e gli strinse la mano. — Hai fatto la scelta più dura, ragazzo. O tutto o niente. La loro fine o la nostra. Ma Dio sa che non avevi altro modo di agire. Congratulazioni. Li hai battuti, e definitivamente distrutti.

Battuti. Distrutti. Ender si accigliò confuso. — Io ho battuto lei.

Mazer rise forte, divertito ma con una nota stridula che fece ridere anche gli altri. — Ender, tu non hai mai giocato con me. Fin da quando io sono diventato il tuo nemico, tu non hai mai giocato una sola volta.

Ender non capì dove stesse lo scherzo. Quel che sapeva era di aver sudato sangue ed innumerevoli battaglie sul simulatore, fino a rovinarsi la salute. Il sogghigno di Mazer cominciò a irritarlo.

Il vecchio allungò una mano a toccargli una spalla ma lui si scostò, scuro in volto. Mazer si fece serio, esitò un poco e disse: — Ender, negli ultimi mesi tu sei stato il comandante delle nostre flotte d’attacco. Questa era la Terza Invasione. Non hai mai giocato; le battaglie erano vere, e il solo nemico che hai affrontato erano gli Scorpioni. Tu hai vinto ogni battaglia, e finalmente oggi li hai attaccati nel loro mondo di origine, dove si erano rifugiate le loro regine… sì, tutte le loro regine, fuggite dalle colonie per evitare il nostro attacco, erano riunite lì e tu le hai distrutte dalla prima all’ultima. Non minacceranno mai più noi né nessun altro. E sei stato tu a fare questo. Tu.

Reale. Non era un gioco. Ender era troppo stordito per rendersi conto del significato di quelle parole. Quei puntini di luce ripresi da uno schermo e che il simulatore riproponeva a tre dimensioni… non erano puntini di luce, erano vere astronavi, macchine possenti che lui aveva affrontato e distrutto. Ed era un vero pianeta quello che lui aveva cancellato dalla faccia dell’universo. Si avviò verso l’uscita evitando la gente, ignorando le loro mani e le loro frasi entusiaste, senza guardare in faccia nessuno. Quando fu in camera sua gettò al suolo i vestiti, si distese a letto e quasi subito si addormentò.

A svegliarlo fu una mano che lo scuoteva. Gli occorse qualche istante per riconoscere i due uomini. Graff e Rackham. Volse loro le spalle. Lasciatemi dormire.

— Ender, abbiamo bisogno di parlarti — disse Graff.

Con un grugnito lui si volse a guardarli.

— È tutta la notte e tutto il giorno che la nostra stazione sta trasmettendo alla Terra i filmati della battaglia di ieri.

— Ieri? — Doveva aver dormito quasi ventiquattr’ore.

— Sei un eroe, Ender. La gente ha visto quello che avete fatto, tu e gli altri. Credo che non ci sia nazione che non ti abbia già conferito le più alte decorazioni.

— Li ho uccisi tutti, non è vero? — chiese Ender.

— Tutti chi? — Graff sbatté le palpebre. — Gli Scorpioni? Già, pare di sì.

Mazer si piegò su di lui. — È per questo che abbiamo fatto la guerra.

— Tutte le loro regine, i piccoli. Dunque ho sterminato la loro razza… ora e per sempre.

— Se lo sono voluto loro, quando ci hanno attaccati. Non è certo colpa tua. Doveva accadere.

Ender afferrò Mazer per il petto dell’uniforme e vi si appese, costringendolo a chinarsi faccia a faccia con lui. — Io non volevo ucciderli tutti. Non volevo uccidere nessuno! Non sono un killer! Voi non avevate bisogno di me, voialtri bastardi, ma di Peter. E invece lo avete fatto fare a me, con un inganno mostruoso! — Stava piangendo e tremava, incapace di controllarsi.

— È ovvio che ti abbiamo ingannato. Tutto era imperniato su questo — disse Graff. — Doveva essere un trucco, altrimenti non l’avresti fatto. Eravamo prigionieri di questa constatazione. Ci occorreva un comandante capace di tale empatia da saper pensare come gli Scorpioni, per capirli e anticiparli. Capace d’immedesimarsi con loro fino ad amarli, più o meno consciamente, perché immedesimarsi era vitale. Ma una persona così sensibile non avrebbe mai potuto essere il killer che ci serviva. Mai sarebbe andato in battaglia deciso a vincere a tutti i costi. Se tu avessi saputo, non l’avresti fatto. Se tu fossi il genere d’individuo capace di uccidere a mente fredda, invece, ti sarebbe mancata la comprensione necessaria a vincere gli Scorpioni.

— E doveva essere un ragazzo giovane, Ender — aggiunse Mazer. — Tu eri più veloce di me. Migliore di me. Io sono troppo vecchio e cauto. Un essere umano normale che sappia già cosa sia la guerra non può andare in battaglia con molto entusiasmo. Ma tu non lo sapevi. Abbiamo fatto di tutto perché tu non sapessi certe cose. Eri entusiasta e determinato, giovane e brillante. Ed eri nato per questo.

— C’erano equipaggi umani sulle nostre navi. Non è così?

— Sì.

— Io ho ordinato a quei piloti di andare a morire, e non lo sapevo neppure…

— Loro lo sapevano, Ender, e hanno attaccato. Sapevano per cosa stavano combattendo.

— Non avete neanche provato a chiedermelo. Non avete mai tentato di dirmi una frazione della verità.

— Tu dovevi essere un’arma, Ender. Come una pistola, come il Dr. Device, dal funzionamento perfetto ma all’oscuro del bersaglio su cui eri puntato. Noi abbiamo preso la mira. Noi siamo i responsabili. Se c’è qualcuno che deve avere la coscienza sporca, siamo noi.

— Andatevela a lavare da un’altra parte — disse Ender. Si voltò e chiuse gli occhi.

Mazer Rackham lo scosse. — Non è il momento di dormire. Apri gli orecchi, è importante.

— Voialtri avete finito con me — borbottò lui. — Ora lasciatemi in pace.

— Noi… loro non l’hanno affatto finita con te — sospirò Mazer. — È questo che sto cercando di dirti. Laggiù sulla Terra sono usciti di cervello, stanno per dare il via a una guerra. Gli americani accusano il Patto di Varsavia di esser pronto ad attaccarli, e il Patto dice la stessa cosa dell’Egemonia. La guerra con gli Scorpioni non è finita da ventiquattr’ore e il mondo è già sul punto di scatenarne un’altra, peggiore delle precedenti. Inoltre tutti dichiarano d’essere preoccupati per te. E tutti quanti ti vogliono. Ogni esercito vuole alla sua testa il più grande comandante in campo della storia. Gli americani. L’Egemonia. Tutte le nazioni salvo quelle del Patto di Varsavia, le quali invece ti vogliono morto.

— Peggio per me — disse Ender.

— Dobbiamo portarti via da qui. Eros è pieno di marines russi, perfino il Condottiero è russo. Potrebbe esserci uno spargimento di sangue da un momento all’altro.

Ender gli volse di nuovo le spalle. Stavolta i due non lo toccarono, ma la sonnolenza gli era passata. Li ascoltò parlare fra loro.

— Era proprio questo che temevo, Rackham. Lei lo ha spremuto troppo. Alcuni dei loro avamposti avrebbero potuto aspettare. Poteva dargli qualche giorno di riposo.

— Anche lei ci si mette, Graff? Anche lei mi taglierà i panni addosso col senno di poi? Non possiamo sapere cosa sarebbe successo se non ci fossimo impegnati in un attacco totale. Nessuno lo sa. È andata così e ha funzionato. Soprattutto questo: ha funzionato. Si tenga a mente questa giustificazione, Graff. Anche lei potrebbe vedersi costretto a usarla.

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