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Petra non era Carn Carby. Fin dall’inizio le Fenici si dimostrarono capaci di una manovra corale molto flessibile, e arginarono bene i velocissimi e imprevedibili attacchi dei Draghi. Tuttavia Petra faceva agire uniti i suoi quattro branchi, e quando s’accorse che di fronte a lei c’erano dieci mezzi branchi ognuno dei quali scatenato in un’iniziativa diversa ne fu confusa. Ordinò allora di attestarsi a difesa di posizione fisse, e come risultato venne presa alle spalle. Mentre sparava come un’indemoniata, Bean la congelò con un preciso colpo al corpo. La battaglia terminò con tre soli Draghi congelati e nove parzialmente inabilitati. Le Fenici uscirono dalla sala di pessimo umore, e Petra passò accanto a Ender evitando ostentatamente di stringergli la mano. L’ira nei suoi occhi sembrava dire: io ero tua amica, e invece di limitarti a sconfiggermi mi hai addirittura umiliata.

Ender finse di non notare la sua ostilità e le fece ugualmente un cenno di saluto, sapendo che la ragazza aveva un carattere acceso. Si disse che dopo qualche altra battaglia Petra avrebbe constatato che le Fenici avevano inferto ai Draghi più perdite di ogni altro, e questo la avrebbe placata. Inoltre da lei stava ancora imparando qualche cosetta, e nell’addestramento di quel giorno avrebbe insegnato ai capibranco come fronteggiare un paio di manovre puramente difensive che le aveva visto mettere in pratica. Presto sarebbero stati di nuovo amici.

O così sperava.

Alla fine della settimana l’orda dei Draghi aveva combattuto sette battaglie, una al giorno. Sul tabellone risultavano 7 vittorie e zero sconfitte. Ender ebbe le perdite maggiori nello scontro con le Fenici, e in due occasioni i Draghi terminarono senza neppure un soldato congelato o disabilitato. Nessuno poteva più dire che a metterlo in cima alle classifiche erano gli scherzi matematici delle percentuali: troppe erano le orde che aveva battuto con margini di punteggio mai visti prima.

Per gli altri comandanti non era più possibile ignorarlo. Alcuni di loro presero a sedersi al suo tavolo, cercando cautamente di sondarlo per capire come aveva sconfitto i suoi ultimi avversari. Lui lo rivelò liberamente, dicendo a se stesso che pochi avrebbero saputo come allenare i loro soldati e i loro capibranco per ottenere un’orda di quel genere. E mentre i più cordiali facevano conversazione con lui, un gruppo molto più numeroso si radunava intorno ai comandanti da lui sconfitti, nel tentativo di scoprire un sistema capace di batterlo.

Ciò che scoprì lui fu il numero, imprevisto, dei ragazzi che lo odiavano. Ognuno aveva un suo motivo particolare: chi perché era troppo giovane per avere un’orda, chi perché era troppo bravo, chi perché aveva fatto impallidire i successi altrui, e chi perché scambiava la sua riservatezza per superbia. Ender cominciò a leggere quei sentimenti in faccia anche a ragazzi che non conosceva, incrociandoli nei corridoi. Poi notò che a mensa alcuni si alzavano ostentatamente e cambiavano posto, quando lui veniva a sedersi troppo vicino. Nello stesso periodo ci fu un’escalation dei piccoli incidenti e degli atti ostili: gomiti che gli si affondavano casualmente nelle costole in sala giochi, piedi che lo facevano inciampare mentre passava in mezzo a un gruppetto fermo su una porta, sputi o palle di carta bagnata che gli arrivavano alle spalle quando faceva un po’ di corsa lungo i corridoi. Qualcuno agiva anche apertamente, quasi a dirgli che se era invincibile in sala di battaglia nel resto della Scuola restava un ragazzino qualunque. Ender li disprezzava. Ma segretamente, così segretamente che forse neppure lui lo sapeva, aveva paura di loro. Era proprio con quelle vessazioni che Peter lo aveva sempre tenuto sulle spine, e in lui stavano rinascendo le angosce fatte di rabbia e d’impotenza che avevano accompagnato la sua infanzia.

Tuttavia erano soperchierie di scarso peso, e si disse che poteva accettarle come riconoscimenti d’altro genere. Alcune orde cominciavano già ad imitarlo. Molti soldati attaccavano con le gambe ripiegate in avanti, le manovre corali lasciavano il posto a quelle frammentate, e molti comandanti mandavano i branchi a scivolare via lungo le pareti. Nessuno sembrava incline a suddividere l’orda in cinque parti; affermavano che quattro branchi forti potevano prevalere contro cinque deboli… e questo continuava a dargli un vantaggio.

Stava insegnando a tutti quanti, ex novo, le tattiche di combattimento a gravità zero. Ma dove poteva rivolgersi per tirar fuori idee sempre originali ed efficaci?

Cominciò a frequentare la videoteca, piena di filmati propagandistici su Mazer Rackham e altri famosi comandanti che avevano combattuto durante la Prima e la Seconda Invasione. Interruppe le lezioni di addestramento pratico un’ora prima e incaricò i capibranco di fare istruzione a loro piacimento in sua assenza. Di solito mettevano su delle scaramucce, branco contro branco; Ender restava qualche minuto a vedere cosa inventavano e poi andava a studiarsi le antiche battaglie.

Molti di quei video erano pura perdita di tempo. Musica eroica, sfilate di ufficiali, consegna di medaglie al valore, scene confuse di marines che prendevano possesso di istallazioni costruite dagli Scorpioni. Ma qua e là trovò dei filmati utili: astronavi simili a punti di luce che manovravano nel buio dello spazio, o meglio ancora gli schermi di bordo sui quali si leggeva lo svolgimento di una battaglia schematizzata dai computer. Era difficile interpretare a tre dimensioni quei video bidimensionali, e spesso le scene erano troppo corte o senza un commento esplicativo. Ma lo sorprese notare l’abilità con cui gli Scorpioni attaccavano su traiettorie apparentemente casuali per creare confusione, o usavano esche e false manovre di ritirata per attirare le navi della F.I. in trappola. Alcune battaglie erano spezzettate in scene diverse e sparse fra bobine di documentari, telegiornali e registrazioni archiviate dalla F.I. ma rimontandole e proiettandole da solo Ender riuscì a ricostruirle per intero. Cominciò a vedere particolari che i commentatori ufficiali avevano ignorato. Costoro non facevano che sviolinate e tiritere sul coraggio dei comandanti umani e sulla nera perversità degli Scorpioni in questa o quella circostanza, ma a Ender interessava il lato tecnico, e si chiedeva come fosse mai stato possibile ottenere certe vittorie inesplicabili. Le astronavi terrestri erano rozzi prodotti di catene di montaggio costrette a lavorare in fretta; le flotte rispondevano al verificarsi di circostanze nuove con incredibile lentezza e inefficienza, mentre le navi degli Scorpioni agivano con un sincronismo impensabile e sembravano capaci di mutare obiettivi e manovre con istantanea precisione. Ovviamente, durante la Prima Invasione le astronavi terrestri erano state delle bagnarole lente e inadatte a vere e proprie campagne belliche nello spazio profondo, ma gli Scorpioni avevano portato nel sistema solare vascelli non troppo superiori ad esse. Era stato soltanto nella Seconda Invasione che i mezzi spaziali s’eran fatti potenti, veloci, e le armi veramente mortali.

Così fu dagli Scorpioni, e non dai terrestri, che Ender si accorse d’imparare la strategia. E questo gli fece provare un senso di vergogna e di colpa, perché quegli esseri chitinosi erano il più terribile pericolo mai piombato addosso all’umanità, un nemico odioso e mortale. Ma erano anche maledettamente abili in ciò che facevano. Almeno fino a un certo punto. Ogni volta sembravano seguire una sola strategia basilare: riunire il maggior numero possibile di navi nella zona chiave della battaglia. Non facevano nulla di sorprendente, niente che rivelasse fra loro la presenza di comandanti geniali o con tendenze individualistiche. La disciplina era ferrea, pari alla loro efficienza.

E c’era una cosa strana. Nella marea di discorsi su Mazer Rackham, i filmati relativi alla sua flotta brillavano per la loro assenza. Al più esistevano registrazioni sulle premesse di una battaglia, con le piccole e scarse astronavi di Rackham quasi patetiche al confronto della strapotenza degli Scorpioni. Questi avevano già fatto a pezzi la principale flotta terrestre oltre l’orbita di Plutone, spazzato via gli avamposti esterni del sistema solare, e s’erano fatti gioco dell’intera strategia messa in atto per impedir loro di avvicinarsi alla Terra. Di questa fase abbondavano le registrazioni, recuperate dalle rovine e montate in film per alimentare l’orrore e l’odio della gente. Poi gli Scorpioni erano giunti a contatto della piccola flotta riunita da Mazer Rackham presso Saturno. L’avvicinamento, la disparità di forze, e quindi…

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