— Isolamento, vuol dire.
— La solitudine del potere. Coraggio, lo chiami.
— Sì, signore. Quando avrò finito con lui, fra una ventina di minuti, lo condurrò nel suo ufficio.
Ender aveva capito cosa c’era in ballo fin dall’istante in cui era stato convocato da Anderson. Tutti ormai si aspettavano che avrebbe avuto il grado di comandante. Forse non così presto, ma da tre anni capeggiava la classifica dell’efficienza individuale, con molti punti di distacco sul secondo, e quello che faceva gli allenamenti extra con lui ogni sera era diventato il più prestigioso gruppo di soldati della Scuola. Alcuni si chiedevano perché gli insegnanti non si fossero ancora decisi.
Si domandò quale orda gli avrebbero dato. Tre comandanti, compresa Petra, avrebbero presto finito il corso, ma non poteva certo sperare che gli dessero l’orda delle Fenici: nessuno passava mai al comando della stessa orda in cui era stato un soldato fra i soldati.
Per prima cosa Anderson lo condusse nel suo nuovo alloggio. Questa era già una dichiarazione ufficiale: solo i comandanti avevano stanze private. Poi gli mostrò pile di uniformi nuove di zecca, accessori vari e tute da battaglia. Ender aprì il cellofan per scoprire il nome della sua orda.
Draghi, diceva l’etichetta su una delle tute. Non esisteva nessuna orda dei Draghi.
— Non ho mai sentito parlare dell’orda dei Draghi, signore — disse.
— Perché da quattro anni è stata sciolta. Usiamo questo nome solo a intervalli, dato che c’è una… uh, superstizione su di esso. Da quando è stata fondata la Scuola di Guerra, l’orda dei Draghi non ha mai vinto neppure un terzo delle battaglie. Era diventata oggetto di scherzi e di battute.
— Be’, perché adesso la rimettete in tabellone?
— Abbiamo pile di uniformi. Dobbiamo pur usarle, no?
Seduto dietro la scrivania, Graff sembrava più grassoccio e stanco dell’ultima volta che Ender l’aveva visto. Consegnò a Ender il radiogancio, l’apparecchietto che i comandanti usavano per spostarsi a loro piacimento in sala di battaglia. Durante gli allenamenti serali Ender aveva spesso sospirato il possesso di un radiogancio, invece di dover rimbalzare sulle pareti prima di poter arrivare dove voleva. E ora che aveva imparato a farne a meno abbastanza bene, gliene davano uno.
— Funzionerà soltanto durante le ore di addestramento programmate nel tuo orario di lavoro — lo avvertì Anderson.
Visto che Ender contava di proseguire coi suoi allenamenti extra, questo significava che il radiogancio gli sarebbe servito solo per metà delle ore di lavoro. E la cosa spiegava anche perché pochi comandanti facessero pratica fuori orario, ovvero nei momenti in cui il radiogancio non era collegato alla sala di battaglia: se avevano l’impressione che esso fosse un simbolo di autorità, o di superiorità sui soldati, lavoravano meno volentieri allorché dovevano farne a meno. Perciò questo è un vantaggio che avrò su alcuni miei avversari, pensò Ender.
Il discorsetto con cui Graff gli conferì la nomina suonò trito e annoiato. Soltanto verso la fine l’ufficiale parve interessato a ciò che stava dicendo. — Con l’orda dei Draghi abbiamo seguito una procedura insolita. Spero che a te non importi. Per metterla insieme si è dovuto promuovere anticipatamente una certa quantità di novellini, e ritardare nello stesso tempo la promozione di pochi veterani. Credo che sarai compiaciuto dei soldati da noi scelti. O meglio, spero che lo sarai, perché ti è proibito trasferire chiunque di loro.
— Niente scambi? — domandò Ender. Quello era sempre stato il metodo dei comandanti per eliminare i punti deboli, e favoriva anche i soldati stessi.
— Nessuno. Vedi, sono ormai tre anni che porti avanti i tuoi addestramenti extra. Hai dei seguaci. Molti bravi soldati metterebbero in atto spiacevoli pressioni sui loro comandanti per farsi trasferire da te. Noi ti diamo un’orda che potrà, col tempo, diventare competitiva. Non abbiamo intenzione di lasciarti riunire il meglio delle altre. Questo non servirebbe a nessuno.
— E se avrò dei soldati incapaci di andare d’accordo con me?
— Prova ad andare d’accordo con loro. — Graff abbassò gli occhi su alcuni fascicoli, e Anderson si alzò. Il colloquio era terminato.
Ai Draghi era stato assegnato il colore grigio, arancione, grigio. Ender andò a mettersi la tuta da battaglia, poi seguì la traccia luminosa fino alla camerata in cui erano stati trasferiti i suoi uomini. Li trovò già lì, che oziavano intorno all’ingresso, e non perse tempo in chiacchiere. — Ordinatevi nelle cuccette secondo l’anzianità di servizio. I veterani in fondo alla camerata, i nuovi verso la porta.
Era una sistemazione diametralmente opposta alle usanze, e Ender lo sapeva benissimo. Sapeva anche che non intendeva agire come gli altri comandanti, i quali non vedevano neppure i novellini sempre un po’ isolati in fondo al locale.
Mentre i ragazzi si comunicavano l’un l’altro le rispettive date di arrivo per ordinare i posti, Ender andò su e giù lungo il passaggo centrale. Quasi trenta dei suoi soldati erano dei novellini appena tolti dal gruppo con cui erano giunti alla Scuola, completamente privi di qualsiasi esperienza. Alcuni perfino sotto il limite minimo di età: quello più vicino alla porta era un soldo di cacio quasi patetico. Ender ricordò a se stesso che così doveva esser apparso anche lui a Bonzo Madrid, il giorno del suo arrivo. Tuttavia Bonzo s’era trovato con un unico soldato tanto giovane, e aveva avuto la possibilità di scambiarlo.
Nessuno dei veterani aveva mai fatto parte del gruppo che si allenava privatamente con lui. Nessuno era mai stato capobranco. Nessuno, in realtà, era più anziano dello stesso Ender, e questo significava che perfino i suoi veterani non avevano più di diciotto mesi di esperienza. Ricordava appena due o tre dei loro nomi, tanto scarsa era l’impressione che avevano destato in lui.
Naturalmente loro lo conoscevano bene, dato che era ormai il soldato più discusso della Scuola. E alcuni, notò Ender, lo guardavano senza la minima simpatia. Se non altro un favore me l’hanno fatto… nessuno di questi ragazzi è più anziano di me.
Appena ciascuno ebbe scelto la branda, Ender ordinò che indossassero la tuta da battaglia! — Il nostro orario prevede l’addestramento al mattino, e ci metteremo al lavoro subito dopo colazione. Ufficialmente dovreste godere di un’ora di libertà, appena usciti dalla mensa. Ma di questa parleremo in seguito, quando avrò visto a che punto siete. — Tre minuti dopo, benché molti di loro non fossero ancora del tutto pronti, ordinò loro di uscire in fila per uno.
— Ma io sono nudo! — si lamentò un ragazzino.
— La prossima volta sarai più svelto. Tre minuti dal mio ordine al momento di uscire dalla porta, questa è la regola della settimana in corso. La settimana prossima la regola sarà di due minuti. Avanti, march! — C’era il rischio che ben presto nel resto della Scuola circolasse la battuta che i Draghi erano dei tali pivelli da aver bisogno di esercizi perfino per imparare a vestirsi.
Cinque ragazzini erano completamente nudi, e sfilavano a passo di marcia nei corridoi tenendo la tuta in mano. Quelli del tutto vestiti erano una minoranza, e nel passare davanti alle porte spalancate delle aule l’orda attirò prevedibilmente l’irrispettosa attenzione delle scolaresche. Pochi avrebbero osato sfidare quella pioggia di commenti due giorni di fila.
Più tardi, nei corridoi che portavano alla sala di battaglia, Ender li fece correre rapidamente avanti e indietro, in modo che sudassero un po’, mentre quelli nudi si vestivano. Poi li condusse alla porta superiore, quella che si apriva la centro della parete come nella sala dove si svolgevano le battaglie fra le orde. Ordinò a ciascuno di saltare in alto, aggrapparsi al corrimano superiore e usarlo per darsi la spinta in avanti. — Riunitevi alla parete opposta — disse. — Come se andaste a conquistare la porta del nemico.