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Dopo essersi ripulito, Miles rintracciò il capitano Elena Bothari-Jesek, uno dei tre dendarii a conoscenza della sua vera identità; il terzo era il marito di lei e ingegnere capo della flotta, il commodoro Baz Jesek. Anzi, era probabile che Elena ne sapesse su Miles esattamente quanto ne sapeva lui stesso, perché lei era la figlia della sua ex-guardia del corpo ed erano cresciuti insieme.

Elena era diventata ufficiale della flotta dendarii per volere di Miles quando questi l’aveva creata, o se l’era trovata per le mani, o comunque si volesse descrivere l’inizio caotico di questa interminabile e complicatissima operazione segreta. Anzi, in realtà era stata nominata ufficiale, e lo era poi diventata effettivamente grazie al suo coraggio, alle fatiche e alla dedizione agli studi. Elena era un donna capace di concentrazione ineguagliabile e di fedeltà assoluta e Miles ne era fiero come se fosse stato lui ad inventarla. Gli altri sentimenti che provava verso di lei, riguardavano lui solo.

Quando entrò nel quadrato ufficiali, Elena accennò a un gesto che era una via di mezzo tra un saluto ufficiale e un cenno amichevole, accompagnato dal suo sorriso sobrio. Miles ricambiò il cenno e si accomodò in una sedia al suo tavolo. «Salve, Elena. Devo affidarti una missione di sicurezza.»

Il corpo snello e alto di lei era raggomitolato nella sedia e gli occhi scuri brillavano curiosi. I corti capelli neri incorniciavano il viso come un cappuccio, la pelle chiara, i tratti non belli ma aristocratici e fieri. Miles fissò le proprie mani tozze, appoggiate alla tavola, per evitare di perdersi in quelle fattezze sottili. Ancora. Sempre.

«Ah…» gettò un’occhiata intorno alla stanza e scorse lo sguardo interessato di due tecnici seduti ad un tavolo vicino. «Mi spiace, ragazzi, questo non è per voi.» Fece un gesto con il pollice e i due, raccolto il segnale e il loro caffè, uscirono dalla stanza con un sorriso.

«Che genere di missione di sicurezza?» chiese Elena, dando un morso al panino.

«Una missione che non deve venire a conoscenza di nessuno: né dei dendarii e nemmeno dell’ambasciata barrayarana qui sulla Terra. Soprattutto dell’ambasciata. Una missione di corriere. Voglio che tu prenoti un biglietto sul più veloce trasporto disponibile diretto a Tau Ceti e porti un messaggio del tenente Vorkosigan al Quartier Generale della Sicurezza di Settore della nostra ambasciata. Il mio ufficiale comandante barrayarano qui sulla Terra non ne sa nulla e io preferirei che restasse all’oscuro.»

«Non… non sono oltremodo ansiosa di ritrovarmi a trattare con lo stato maggiore barrayarano» rispose lei in tono conciliante dopo un istante di silenzio, fissandosi le mani.

«Lo so. Ma dal momento che la cosa riguarda la mia doppia identità, puoi andare solo tu, o Baz o Elli Quinn. La polizia di Londra ha arrestato Elli e non posso certamente mandare tuo marito. Qualche zelante ma confuso subordinato su Tau Ceti potrebbe cercare di arrestarlo.»

A quella frase, Elena sollevò lo sguardo. «Perché Barrayar non ha mai ritirato l’accusa di diserzione nei confronti di Baz?»

«Ci ho provato e ho persino pensato di essere riuscito a convincerli. Ma poi Simon Illyan ha avuto un rigurgito di severità e ha deciso di mantenere il mandato di cattura, e anche se non è mai stato eseguito effettivamente, gli dà un ulteriore appiglio su Baz in caso di… ehm… emergenza. E aggiunge un artistico tocco di veridicità alla copertura dendarii come forza del tutto indipendente. A mio giudizio Illyan ha sbagliato… anzi, gliel’ho detto e non ho fatto che ripeterglielo fino a quando lui non mi ha ordinato di tenere la bocca chiusa sull’argomento. Un giorno, quando gli ordini li darò io, quel mandato verrà ritirato.»

Lei aggrottò la fronte. «Potrebbe essere una lunga attesa, visto il ritmo delle tue promozioni… tenente.»

«Mio padre è molto sensibile alle accuse di nepotismo. Capitano.» Prese il dischetto sigillato che aveva continuato a rigirare in una mano e lo spinse attraverso il tavolo. «Voglio che tu lo consegni nella mani dell’addetto militare di Tau Ceti, il commodoro Destang. Non farglielo arrivare tramite qualcuno, perché tra gli altri sospetti che mi sono sorti, c’è anche quello che ci possa essere qualche anello debole nel canale di corrieri tra qui e Tau Ceti. Secondo me il problema sta da questa parte, ma se mi sbaglio… Dio, spero che non si tratti proprio di Destang.»

«Paranoico?» si informò lei sollecita.

«Ogni minuto di più. E il fatto di avere l’Imperatore Yuri il Folle tra i miei antenati peggiora le cose. Non faccio che domandarmi se non sto cominciando a soffrire della sua malattia. Si può essere paranoici al pensiero di soffrire di paranoia?»

«Se c’è qualcuno che può, quello sei tu» rispose lei con un dolce sorriso.

«Hm. Be’ questa particolare paranoia è un classico. Ho moderato i toni nel messaggio a Destang, ma forse è meglio che tu lo legga prima di imbarcarti. Dopo tutto, che idea ti puoi fare di un giovane ufficiale convinto che i suoi superiori vogliano metterlo fuori gioco?»

Elena piegò la testa di lato, inarcando le sopracciglia.

«Appunto» commentò Miles, battendo con un dito sul dischetto. «Lo scopo del tuo viaggio è di verificare l’ipotesi… solo una ipotesi, intendiamoci… che la ragione per cui diciotto milioni di marchi non sono ancora arrivati, è che sono scomparsi per strada. Magari nelle tasche del caro capitano Galeni. Non ci sono ancora prove schiaccianti, come ad esempio l’improvvisa e definitiva scomparsa di Galeni e si tratta quindi di accuse che un giovane e ambizioso ufficiale dovrebbe stare ben attento a non fare. Nel rapporto ho inserito quest’ipotesi insieme ad altre quattro, ma secondo me questa è la più verosimile, quella che più mi sta a cuore. Tu devi scoprire se il QG ha mai inviato quel denaro.»

«Non sembri uno infervorato, piuttosto mi sembri infelice.»

«Sì, be’, si tratta di certo della possibilità più caotica, sostenuta da una logica efficace.»

«E qual è l’aggancio?»

«Galeni è un komarrano.»

«E chi se ne cura? Ragione di più anzi per pensare che tu abbia ragione.»

Io me ne curo, pensò Miles scrollando il capo. Ma in fondo, cosa importava della politica interna barrayarana a Elena, che aveva giurato appassionatamente di non rimettere mai più piede sul suo odiato pianeta natale?

La donna scrollò le spalle, distese le gambe e si alzò, infilando in tasca il dischetto.

Miles non cercò di prenderle le mani, non fece il più piccolo movimento che avrebbe potuto metterli in imbarazzo entrambi. Era molto più difficile trovare vecchi amici che nuovi amanti.

Oh, mia vecchia amica, la più vecchia!

Ancora. Sempre.

CAPITOLO SESTO

Per pranzo Miles mangiò un panino e sorseggiò un caffè nella sua cabina mentre esaminava i rapporti sulla situazione della flotta dendarii. Le riparazioni della navetta d’attacco superstite della Triumph erano terminate ed approvate. Ed anche pagate, purtroppo, e ora il denaro era proprio finito. I lavori di ristrutturazione erano stati completati su tutte le navi della flotta, le licenze a terra consumate e finite, le pulizie terminate, tutto era lustro e lindo. Stava subentrando la noia. La noia e la bancarotta.

I cetagandani non avevano capito niente, fu l’amara riflessione di Miles. Non sarebbe stata la guerra a distruggere i dendarii, sarebbe stata la pace. Se i loro nemici fossero rimasti con le mani in mano ad attendere pazientemente, i dendarii, la sua creazione, sarebbe crollata per conto suo, senza bisogno di assistenza esterna.

Il cicalino della cabina trillò; benvenuta quell’interruzione a distrarlo dalla piega cupa che avevano preso i suoi pensieri! Attivò il comunicatore sulla scrivania. «Sì?»

«Sono Elli.»

«Entra» esclamò entusiasta azionando l’interruttore della serratura. «Sei tornata molto prima di quanto pensassi. Temevo che potessero trattenerti laggiù, come Danio. O peggio, con Danio.»

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