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«Chi erano quegli uomini?»

«Un’ottima domanda, la cui risposta starà alla polizia londinese scoprire. La mia opinione personale è che fossero cetagandani, che volevano una rivincita per certe operazione dendarii… ah… non contro di loro, ma a sostegno di una delle loro vittime. Ma non citi questa mia affermazione, non ho prove. Potrebbero incriminarla per diffamazione o qualcosa del genere.»

«Non se si tratta di una citazione. Non pensa che fossero barrayarani?»

«Barrayarani! Cosa sa lei di Barrayar?» E subito fece in modo che la sorpresa lasciasse il posto al divertimento.

«Ho fatto indagini nel suo passato» rispose lei con un sorriso.

«Rivolgendosi ai barrayarani? Spero che non abbia creduto a tutto quello che dicono sul mio conto.»

«No, certo. Loro pensano che lei sia stato creato dai cetagandani e io ho cercato delle prove che convalidassero questa tesi tramite fonti private. Ho trovato un immigrato che lavorava in un laboratorio di clonazione. Purtroppo però la sua memoria si era persa parecchi particolari, perché quando fu licenziato lo costrinsero a sottoporsi ad un lavaggio del cervello. Ma quello che era in grado di ricordare è già di per sé strabiliante. La Flotta dei Liberi Mercenari Dendarii è registrata nel Gruppo Jackson, vero?»

«Si tratta solo di un espediente legale, non c’è nessun altra relazione con il Gruppo, se è questo che vuole sapere. Ha fatto bene i compiti a casa, eh?» Miles storse il collo e vide Elli Quinn, accanto ad un veicolo della polizia poco distante, che gesticolava animatamente con un impassibile ispettore.

«Certo» rispose Vallerie. «Parò mi piacerebbe, con la sua collaborazione, approfondire un po’ l’argomento. Sarebbe di estremo interesse per gli spettatori.»

«Ah… ma i dendarii non sono in cerca di pubblicità, al contrario. La pubblicità potrebbe mettere in pericolo le nostre operazioni e i nostri agenti.»

«Allora un servizio su di lei. Niente di attuale, semplicemente come è arrivato a questo comando, chi l’ha clonato e perché… di chi è il clone lo so già. I suoi primi ricordi. Mi sembra di capire che è stato sottoposto ad una crescita accelerata e ad un addestramento ipnotico. Che effetto le ha fatto, e così via.»

«Era molto sgradevole» fu la secca risposta. Il servizio che gli aveva offerto lo tentava, se non fosse stato per il fatto che dopo che Galeni gli aveva tolto la pelle, Illyan lo avrebbe fatto impagliare come un trofeo. E poi Vallerie gli piaceva. Lanciarle qualche amo con false, ma utili, informazioni andava bene, ma un legame troppo stretto in quel momento (gettò un’occhiata in direzione della squadra della scientifica che stava facendo i rilevamenti sui resti del veicolo) poteva essere poco salutare per lei. «Ho un’idea migliore: perché non fa un servizio speciale sulla clonazione illegale dei cittadini?»

«È già stato fatto.»

«Ma queste pratiche continuano. A quanto pare non è stato fatto abbastanza.»

Lei non sembrava affatto attratta da quella prospettiva. «Se vorrà lavorare con me, ammiraglio, potrà avere voce in capitolo nel servizio, altrimenti… be’, lei fa notizia.»

«Mi spiace» rispose scuotendo la testa con riluttanza, «non posso.» La sua attenzione venne attratta dalla scena che si svolgeva vicino alla macchina della polizia. «Mi scusi» disse con aria distratta. La giornalista scrollò le spalle e andò in cerca delll’olocameraman, mentre Miles si allontanava.

Stavano portando via Elli.

«Non preoccuparti, Miles, sono già stata arrestata altre volte» cercò di rassicurarlo. «Non è niente di serio.»

«Il comandante Quinn è la mia guardia del corpo personale» protestò Miles rivolto al capitano di polizia, «ed era in servizio, mi sembra evidente. E lo è ancora. Mi serve!»

«Basta, Miles, calmati» gli sussurrò Elli. «O potrebbero finire con l’arrestare anche te.»

«Me! Io sono la vittima! Quei due mascalzoni hanno cercato di appiattirmi!»

«Be’, porteranno via anche loro, non appena i ragazzi della scientifica avranno riempito i sacchetti. Non puoi pretendere che le autorità prendano per buona la nostra parola senza fiatare. Ricostruiranno i fatti, controlleranno la nostra versione e poi mi rilasceranno.» Rivolse un sorriso al capitano di polizia, che si sciolse a vista d’occhio. «Anche i poliziotti sono esseri umani.»

Elli aveva ragione: se avesse fatto troppo chiasso, ai poliziotti poteva venire in mente di ordinare alla sua navetta di restare a terra… o peggio. Chissà se i dendarii sarebbero mai tornati in possesso di quel lanciarazzi, adesso confiscato come arma del delitto. Si chiese se l’arresto della sua guardia del corpo non fosse la prima fase di un complotto contro di lui. Chissà se il medico della flotta aveva qualche psicofarmaco in grado di curare la paranoia galoppante? Ma anche se lo aveva, probabilmente lui sarebbe stato allergico. Strinse i denti e trasse un lungo respiro, per calmarsi.

Una navetta a due posti stava uscendo dall’hangar dei dendarii. E adesso cos’era, quello? Miles gettò un’occhiata al proprio cronometro e si rese conto che aveva già perso cinque delle sue preziosissime ventiquattr’ore ciondolando in quello spazioporto. Avendo visto che ora fosse, seppe anche chi era arrivato, e imprecò in preda alla frustrazione. Elli si servì di quell’attimo di distrazione per sospingere il capitano di polizia verso l’auto, rivolgendo al tempo stesso un allegro cenno della mano a Miles, per rassicurarlo. La giornalista, grazie a Dio, era andata ad intervistare le autorità dello spazioporto.

Immacolata, lustra ed elegantissima nella sua migliore divisa di velluto grigio, il tenente Bone uscì dal veicolo e si avvicinò agli uomini che erano rimasti alla scaletta di imbarco dell’altra navetta. «Ammiraglio Naismith? È pronto per il nostro appuntamento, signore… oh» esclamò osservandolo.

Miles esibì uno smagliante sorriso dal volto escoriato e sporco, consapevole di avere i capelli impiastricciati di sangue rappreso, il colletto impregnato di sangue, la giacca macchiata e i pantaloni strappati alle ginocchia. «Lei comprerebbe una corazzata tascabile utilizzata da un comandante conciato in questo modo?» cinguettò.

«Non credo» sospirò Bone. «La banca con cui trattiamo è molto formale.»

«Niente senso dell’umorismo?»

«Non quando c’è di mezzo il denaro.»

«Giusto.» Si trattenne dal fare altre battute, perché sarebbero apparse come un riflesso nervoso involontario. Fece per passarsi una mano tra i capelli, trasalì e si limitò a sfiorare dolcemente la medicazione provvisoria che gli aveva fatto Elli. «E tutte le mie uniformi di ricambio sono in orbita… e non sono affatto ansioso di andarmene in giro per Londra senza Quinn al mio fianco. Non adesso, in ogni caso. E poi devo vedere il medico per questa spalla… c’è qualcosa che non va» (un dolore lancinante, se proprio si voleva scendere nei dettagli tecnici) «e ci sono nuovi dubbi, molto seri su dov’è finito il nostro trasferimento di credito.»

«Davvero?» disse Bone, cogliendo immediatamente il punto essenziale.

«Brutti sospetti, che devo controllare. Va bene» aggiunse poi arrendendosi all’inevitabile, «cancelli il mio appuntamento alla banca per oggi. E ne prenda un altro per domani, se è possibile.»

«Sissignore» Bone eseguì il saluto e si allontanò.

«Ah» la richiamò Miles, «non c’è bisogno che accenni alla ragione per cui sono stato trattenuto, eh?»

Bone sollevò un angolo della bocca. «Non me lo sognerei mai» lo rassicurò con fervore.

Sulla Triumph, che seguiva una stretta orbita attorno alla Terra, il medico rivelò una microscopica frattura alla scapola destra, diagnosi che non lo sorprese affatto. Il medico gli somministrò degli elettrostimolanti e immobilizzò il braccio in una scomodissima ingessatura di plastica, della quale Miles non fece che lamentarsi fino a quando il medico lo minacciò di ingessarlo da capo a piedi. Sgattaiolò dunque fuori dall’infermeria non appena ebbe finito di curargli la ferita alla nuca, prima che si lasciasse prendere la mano dall’idea.

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