Destang sembrava turbato. Dopo qualche istante di silenzio disse: «No.» Poi sollevò lo sguardo e aggiunse: «Ma questo significa che il mio rapporto, il suo, quello di Vorkosigan e di Vorpatril, verranno messi insieme e spediti direttamente a Simon Illyan. Mi rifiuto di chiudere il caso. Non sono arrivato al grado che ho, evitando le decisioni militari… né invischiandomi gratuitamente in quelle politiche. La sua… lealtà, come il destino del clone di Vorkosigan, si sono trasformati in una questione politica troppo ambigua. Non sono affatto convinto della riuscita a lungo termine della politica di integrazione di Komarr, ma non ho nessuna intenzione di passare alla storia come il suo sabotatore.»
«Mentre il caso resta aperto e in assenza di prove di tradimento, lei riprenderà i suoi compiti qui all’ambasciata. Non mi ringrazi» aggiunse cupo, mentre Miles sorrideva, Ivan si strozzava per trattenere una risata felice e Galeni perdeva un poco della sua rigidità, «è stata una richiesta dell’ambasciatore.»
«Potete tornare tutti ai vostri posti.»
Miles represse l’impulso di mettersi a correre prima che Destang cambiasse idea; ricambiò il saluto e si avviò alla porta camminando normalmente, insieme agli altri. Prima che uscissero, Destang aggiunse: «Capitano Galeni?»
Galeni si fermò. «Signore?»
«Le mie condoglianze.» Quelle parole potevano essergli state strappate con le tenaglie, ma il suo disagio era forse la misura della loro sincerità.
«Grazie, signore.» La voce di Galeni era così priva di inflessioni da parere morta, ma riuscì lo stesso a ringraziare con un breve cenno del capo.
Nei portelli e nei corridoi della Triumph il brusio del personale di ritorno da terra si sovrapponeva ai rumori prodotti dalle squadre di tecnici che effettuavano le ultime riparazioni, controllavano l’equipaggiamento e caricavano le ultime scorte. Rumoroso, ma non caotico; attivo e incalzante, ma non frenetico. L’assenza di frenesia era un buon segno, considerando quanto a lungo erano rimasti inattivi. Le inflessibili squadre di sottufficiali di Tung non avevano permesso che i preparativi di routine slittassero fino all’ultimo minuto.
Miles, affiancato da Elli, si ritrovò al centro di un tifone di curiosità fin dal momento in cui mise piede a bordo. Qual è il nuovo contratto, signore? La velocità con cui il mulino dei pettegolezzi macinava ipotesi dall’assurdo allo strampalato era sconcertante. Sì, abbiamo un nuovo contratto; sì, stiamo per lasciare l’orbita. Non appena siete pronti. Lei è pronto? E il resto della sua squadra? Allora forse è meglio che vada ad assisterli…
«Tung!» Miles chiamò il suo capo di stato maggiore. Il tozzo eurasiatico indossava abiti civili e trasportava una sacca. «Arrivi adesso?»
«Parto adesso. Auson non ti ha detto niente? È una settimana che cerco di mettermi in contatto con lei, ammiraglio.»
«Cosa?» chiese Miles tirandolo da parte.
«Ho firmato le dimissioni, mi sono avvalso dell’opzione di andare in pensione.»
«Che cosa? Perché?»
Tung sorrise. «Fammi le congratulazioni: mi sposo.»
Sconvolto, Miles gracchiò: «Congratulazioni. Ah… e quando è successo?»
«Mentre ero in licenza, naturalmente. Si tratta della mia cugina di secondo grado, una vedova, che da quando è morto il marito manda avanti da sola un battello per turisti lungo il corso del Rio delle Amazzoni. È il capitano e anche la cuoca. Cucina un maiale all’agro da leccarsi i baffi. Ormai però gli anni incalzano e un po’ di muscoli le fanno comodo.» Il tarchiato Tung era certo in grado di fornirglieli. «Ci metteremo in società. Che diavolo» proseguì, «quando avrai finito di pagare la Triumph potremo persino smetterla con i turisti. Se mai ti venisse la voglia di fare sci d’acqua sul Rio della Amazzoni dietro un hovercutter, figliolo, fai un salto da noi.»
E i piragna mutanti si mangeranno quello che resta, senza dubbio. Il fascino della visione di Tung che passava gli anni del tramonto guardando… il tramonto dal ponte di una nave, con una formosa eurasiatica sulle ginocchia, un bicchiere in una mano e un piatto di maiale all’agro nell’altra, non produsse alcun effetto su Miles, intento a considerare: a) quanto sarebbe costato alla flotta rilevare la quota di Tung della Triumph, e b) l’enorme buco a forma di Tung che il suo ritiro avrebbe lasciato nella struttura di comando della flotta.
Ansimare, farneticare, o mettersi a correre in cerchio strappandosi i capelli non erano commenti utili, per cui Miles si limitò a indagare cauto: «Sei… sicuro che non ti annoierai?»
Tung, accidenti alla sua perspicacia, abbassò la voce e rispose alla domanda vera. «Non me ne andrei se non sapessi che te la puoi cavare benissimo da solo. Ormai ti sei fatto le ossa, ragazzo. Continua così che andrà bene.» Sorrise di nuovo e fece schioccare le nocche delle mani. «E poi, tu hai un vantaggio che nessun altro comandante mercenario della galassia possiede.»
«E quale sarebbe?» chiese Miles.
Tung abbassò ancor di più la voce. «Tu non sei costretto a ricavare degli utili.»
E questo, insieme al sorrisetto ironico, era il massimo a cui il prudente Tung si sarebbe mai spinto per informarlo che da un pezzo ormai aveva capito chi erano i veri datori di lavoro della flotta. Eseguì il saluto e se ne andò.
Miles deglutì e si rivolse ad Elli: «Bene… convoca una riunione del Gruppo Investigativo tra mezz’ora. Dobbiamo far partire gli esploratori il più presto possibile. L’ideale sarebbe quella di riuscire a infiltrare una squadra nell’organizzazione nemica prima del nostro arrivo.»
Miles si interruppe, rendendosi conto che stava proprio guardando in faccia il più scaltro esploratore della flotta per quello che riguardava le missioni di quel tipo. Spedirla all’avanguardia, nel pericolo, lontano da lui… no, no! era solo una questione di logica militare. I talenti offensivi di Quinn erano sprecati nel compito di guardia del corpo; era stato solo un incidente della storia e della sicurezza che la obbligavano tanto spesso a un lavoro difensivo. Miles costrinse le proprie labbra a proseguire come se non avesse mai avuto quell’attimo di illogicità.
«Sono mercenari; non dovrebbe essere difficile per qualcuno del nostro gruppo unirsi a loro. Se riusciamo a trovare qualcuno che sia in grado di simulare in modo convincente la mentalità psicotico-criminale di quei pirati…»
Il soldato Danio, che passava in quel momento nel corridoio, si fermò e salutò. «Grazie per averci fatti uscire di prigione, signore. Io… io non me lo aspettavo davvero. Non se ne pentirà, glielo giuro.»
Miles ed Elli si scambiarono un’occhiata, mentre il soldato proseguiva con passo pesante.
«È tutto tuo» disse Miles.
«Bene» rispose Elli. «E poi?»
«Di’ a Thorne di estrarre dalla rete telematica terrestre tutte le informazioni riguardanti quel sequestro, prima che lasciamo l’orbita. Potrebbero esserci delle considerazioni o delle sottigliezze che sono sfuggite al QG Imperiale.» Batté con un dito sul dischetto che aveva in tasca e sospirò, concentrandosi sulla missione che li attendeva. «Almeno questa dovrebbe essere più semplice della nostra recente vacanza sulla Terra» disse in tono speranzoso. «Una semplice operazione militare, niente parenti, niente politica, niente alta finanza. Tutto semplice, i buoni e i cattivi.»
«Splendido» disse Quinn. «E noi quali siamo?»
Quando la flotta lasciò l’orbita, Miles stava ancora pensando a una risposta.
FINE