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«Un minuto», intonò Paula. Aveva un fucile da cecchino posato su un treppiede sotto il telo mimetico, che era nascosto all’ombra di un albero di stinkwood.

Con sua grande sorpresa, Khamisi aveva scoperto che la donna aveva vinto diverse medaglie d’oro nel tiro a segno olimpico. Abbassò il binocolo. La tradizionale strategia d’attacco zulù si chiamava il Bufalo. Il corpo principale, detto petto, avrebbe condotto un attacco frontale, mentre le corna del toro avrebbero colpito i fianchi, accerchiando il nemico e impedendo la ritirata. Ma Khamisi aveva previsto una leggera modifica, per compensare gli armamenti moderni. Era il motivo per cui aveva perlustrato il terreno tutta la notte, seminando le sue sorprese.

«Dieci secondi», avvisò Paula, cominciando un conto alla rovescia a bassa voce. Appoggiò la guancia al fianco del fucile.

Khamisi sollevò la trasmittente, girò la chiave e tenne il pollice sospeso sopra la fila di bottoni.

«Zero.»

Khamisi premette il primo bottone.

Oltre la recinzione, le cariche che aveva piazzato durante la notte esplosero con detonazioni fragorose, devastando le chiome degli alberi: scoppiavano in sequenza, in modo da creare il massimo caos. Pezzi di tavole e rami in fiamme si sollevarono in cielo, mentre uno stormo di uccelli prendeva il volo in preda al terrore, come un’esplosione di coriandoli di tutti i colori dell’arcobaleno.

Khamisi aveva piazzato pacchetti esplosivi C4, ottenuti tramite canali britannici, nei principali punti di supporto e di collegamento dei sentieri sospesi. Le esplosioni si diffusero, accerchiando il palazzo e facendo crollare i ponti, privando così le forze Waalenberg del vantaggio dell’altezza e suscitando panico e confusione.

Davanti a Khamisi, alcuni guerrieri zulù lasciarono cadere le coperte, rivelando i fucili che nascondevano, oppure s’inginocchiarono e, tirandoli per un lembo, dissotterrarono teli che celavano armi. Era il petto del Bufalo. Tutt’attorno, i motori rombavano e i guerrieri montavano sui veicoli, trasformando le motociclette e i camioncini nelle corna del toro.

«Adesso», disse Paula.

Khamisi premette gli altri bottoni, l’uno dopo l’altro.

Quasi un chilometro di recinzione esplose, con metallo e filo spinato che si contorceva tra le fiamme. Grossi frammenti caddero al suolo, scoprendo il ventre del nemico.

Khamisi si liberò del telo mimetico e si alzò. Una motocicletta arrivò a tutta velocità da dietro, sollevando sabbia e polvere, mentre si fermava con una sgommata accanto a lui. Njongo gli fece cenno di montare in sella, ma Khamisi aveva un ultimo compito. Sollevò una sirena sopra la testa e premette il grilletto. Lo squillo di tromba echeggiò nella terra degli zulù, suonando ancora una volta la carica del Bufalo.

ore 15.13

L’eco delle detonazioni arrivò fin nel sotterraneo, facendo tremolare le luci nella stanza della Campana. Si fermarono di colpo: Baldric era accanto al nipote Isaak, presso la console, mentre Ischke sorvegliava Gray, a un passo di distanza, puntandogli la pistola al petto. Tutti guardarono il soffitto.

Tutti tranne Gray.

Lui mantenne lo sguardo fisso sul misuratore di potenza della console. Gli indicatori aumentavano lentamente, apprestandosi a raggiungere l’impulso massimo. Indifferente alle suppliche di Gray, Baldric aveva attivato la Campana. Un crescente ronzio pervadeva il cilindro di piombo attorno all’apparecchio. L’involucro esterno della Campana, mostrato in un monitor, emanava una luce blu chiara.

Una volta raggiunto il picco di potenza, un poderoso impulso sarebbe stato trasmesso nel raggio di otto chilometri, uccidendo Monk, Fiona e Ryan, ovunque fossero nascosti. Soltanto Gray era al sicuro, in quella stanza, sotto lo schermo.

«Scopri che sta succedendo», ordinò Baldric al nipote, quando le esplosioni cessarono.

Isaak stava già prendendo il telefono rosso.

Il colpo di pistola li fece sobbalzare tutti. Subito dopo le esplosioni smorzate suonò fragoroso e vicino.

Gray si voltò e vide il pavimento macchiarsi di sangue.

Dalla spalla sinistra di Ischke sgorgava uno zampillo cremisi, mentre la donna, colpita da dietro, girava su se stessa per l’impatto. Purtroppo teneva la pistola con la mano destra. Mirò alla persona che le aveva sparato, accanto alla porta.

La dottoressa Marcia Fairfield era appoggiata su un ginocchio, in posizione di tiro, ma, avendo il braccio destro inservibile, aveva sparato con la sinistra, fallendo il colpo mortale.

Per quanto colta di sorpresa, Ischke non poteva sbagliare mira.

Finché Gray non le si tuffò addosso.

Entrambe le pistole spararono con un fragore assordante. Nessuno dei colpi andò a segno.

Gray placcò Ischke da dietro, allontanandola da Marcia, ma la donna era forte e lottò selvaggiamente. Gray però riuscì ad afferrarle la mano con cui impugnava la pistola.

Suo fratello corse verso di loro, con un lungo pugnale nella mano.

Marcia sparò, ma non aveva una linea di tiro sgombra neanche per colpire Isaak, perché si frapponevano i corpi di Gray e Ischke, avvinghiati nella lotta.

Gray piantò il mento nella spalla sanguinante di Ischke. Forte. Lei boccheggiò, leggermente indebolita. Gray le sollevò il braccio e le strizzò le dita. La pistola sparò e lui sentì il rinculo nella propria spalla. Ma il colpo era troppo basso e finì sul pavimento, ai piedi di Isaak. Rimbalzando, però, il proiettile graffiò il polpaccio dell’uomo, facendolo incespicare.

Ischke, vedendo il gemello ferito, liberò furiosa il braccio e assestò una gomitata nelle costole a Gray. Gli mancò il fiato e sentì il dolore salirgli fino agli occhi.

Ischke si liberò. Dietro di lei, Isaak riprese a camminare regolarmente, in preda a una rabbia omicida. Gray non rimase ad aspettare. Lanciandosi in avanti, diede una spallata a Ischke da dietro. La donna, che non aveva ancora riguadagnato del tutto l’equilibrio dopo essersi liberata dalla presa di Gray, volò addosso al fratello.

Sul suo pugnale.

La lama dentellata le affondò nel petto.

Dalle labbra di Ischke proruppe un grido di sorpresa e di dolore, al quale fece eco quello di suo fratello. Le cadde la pistola di mano, mentre si aggrappava al gemello, incredula.

Gray si tuffò e prese la pistola prima che toccasse terra. Scivolando sulla schiena, prese di mira Isaak.

L’uomo si sarebbe potuto muovere — si sarebbe dovuto muovere —, ma si limitò a tenere la sorella tra le braccia, il volto una maschera d’agonia.

Gray lo centrò in testa e pose fine alla sua pena.

I due gemelli crollarono al suolo assieme, abbracciati, mentre il loro sangue si mescolava.

Marcia corse nella stanza, puntando la pistola contro Baldric. Il vecchio fissava i nipoti morti. Ma non c’era dolore nei suoi occhi. Appoggiato al bastone, mostrava soltanto un certo distacco clinico, come una costernazione per risultati di laboratorio deludenti.

La colluttazione era durata meno di venti secondi.

Gray notò che il misuratore di potenza della Campana era nella zona rossa. Forse gli rimanevano due minuti, prima dell’impulso.

Premette la canna bollente della pistola sulla guancia del vecchio. «La spenga.»

Baldric lo guardò negli occhi. «No.»

ore 15.13

Mentre l’eco delle esplosioni si disperdeva, ai piani alti del palazzo il corridoio cominciò a rianimarsi. Quando avevano cominciato a tuonare le bombe, le mostruose iene si erano appiattite sul pavimento. Alcune se l’erano svignata, ma la maggior parte era rimasta accanto alle prede.

Quegli ammassi di ferocia e muscoli si stavano rimettendo in piedi.

«Non sparate…» intimò Monk, sussurrando. «Tutti dentro quella stanza.»

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