Литмир - Электронная Библиотека

Ischke cadde all’indietro, mentre Gray atterrava sull’assito e si alzava con una piroetta, pugnale alla mano. La donna era appoggiata su un ginocchio. La sua pistola era tra loro due.

Entrambi si avventarono sull’arma.

Nonostante il colpo subito, Ischke si rivelò estremamente veloce, come un serpente all’attacco. Fu lei a raggiungere la pistola per prima e ad afferrarla.

Gray le trapassò il polso con la lama del pugnale, che si piantò nell’assito. Lei urlò per la sorpresa, mentre le cadeva la pistola. Gray cercò di afferrarla, ma l’impugnatura rimbalzò sul legno mentre Ischke si dimenava, e l’arma volò giù.

La momentanea distrazione bastò alla donna per liberarsi il polso. Fece perno sull’altra mano e sferrò un calcio alla testa di Gray.

Lui tentò di schivare il colpo, ma lo stinco della donna lo colpì forte sulla spalla, come il paraurti di un’auto lanciata a tutta velocità. Gray si lasciò rotolare. Aveva preso una brutta botta. Quella donna era sorprendentemente forte.

Prima che potesse rialzarsi, lei gli si scagliò addosso, tentando di colpirlo e accecarlo con la punta della lama ancora infilata nel polso. Gray riuscì giusto in tempo a prenderle il braccio e torcerglielo; poi la trascinò verso il bordo del ponte e, senza fermarsi, rotolò giù assieme a lei.

Ma Gray aveva agganciato il ginocchio sinistro attorno a uno dei pali di sostegno. Il suo corpo si fermò di colpo, appeso per la gamba. Ischke si staccò da lui e continuò a cadere.

Appeso a testa in giù, Gray la vide precipitare, spezzando una serie di rami, per poi schiantarsi a terra.

Lui s’issò nuovamente sul ponte e rimase disteso. Incredulo, vide Ischke rimettersi in piedi, zoppicando, con una caviglia slogata e dolorante.

Un rumore accanto a lui lo fece trasalire.

Fiona aveva raggiunto il ponte, arrampicandosi su uno dei cavi cui era appesa la gabbia. Aveva approfittato della lotta per salire fino a lassù. Corse verso di lui, scuotendo la mano sinistra: dalla ferita che le aveva procurato Ischke scorreva ancora il sangue.

Gray guardò di nuovo in basso.

La donna lo fissava con uno sguardo assassino.

Ma non era sola nella radura.

Skuld si avventò su di lei da dietro, col muso basso nell’erba, come uno squalo, seguendo l’odore del sangue.

Le stava bene, pensò Gray.

Ma Ischke non fece altro che protendere il braccio sano verso la bestia. L’enorme iena si fermò di colpo, sollevò il muso grondante di bava e lo sfregò contro la mano della donna, come un pit bull feroce che salutava il suo violento padrone. Con gemiti e guaiti, si distese pancia a terra.

Ischke non aveva mai distolto lo sguardo da Gray.

Avanzò claudicante.

A qualche passo dalla donna, c’era la sua pistola in bella vista.

Gray prese Fiona per una spalla e la spinse in avanti. «Corri!»

La ragazzina non ebbe bisogno di essere incitata oltre: volava, spinta dalla paura e dall’adrenalina.

Fiona girò l’angolo tenendosi a uno dei piloni di sostegno, per non perdere l’equilibrio. Gray seguì il suo esempio. Mentre si metteva in salvo, una scintilla e un rimbalzo metallico accompagnarono un colpo d’arma da fuoco.

Ischke aveva trovato la sua pistola.

Ulteriormente spronati, corsero più veloci lungo il ponte diritto, distanziando la loro inseguitrice zoppa. Gray sperava che sarebbero stati al sicuro entro pochi istanti, mentre si avvicinavano a un bivio. La cautela vinse il panico.

Fece rallentare Fiona nei pressi dello stesso incrocio al quale si era fermato prima. I sentieri si dipartivano in ogni direzione. Da che parte? A quel punto era più che probabile che Ischke avesse dato l’allarme, a meno che la caduta non avesse distrutto la radio, ma non si poteva far affidamento su quello. Bisognava presumere che le guardie stessero già confluendo lì.

E Monk? Che cosa lasciava presagire la sparatoria che aveva attirato le guardie di Ischke? Era vivo o morto? Era stato catturato? C’erano troppe incognite. Gray aveva bisogno di un posto in cui nascondersi, per far raffreddare la sua pista.

Ma dove?

Guardò il sentiero che conduceva al palazzo.

Nessuno li avrebbe cercati lì. Forse poteva raggiungere una linea telefonica esterna e magari scoprire anche qualcosa di utile…

Ma era una vana speranza. Il palazzo era chiuso, come una fortezza.

Fiona capì cosa stava pensando. Lo tirò per un braccio ed estrasse qualcosa da una tasca. Sembravano due carte da gioco appese a una catenella. Gliele mostrò.

Non erano carte da gioco. Erano chiavi magnetiche.

«Le ho fregate a quella stronza glaciale», spiegò Fiona. «Così impara a farmi a fette.»

Gray prese le carte magnetiche e le esaminò. Ricordò che Monk aveva sgridato Fiona per non aver rubato le chiavi al direttore del museo, quando erano intrappolati nella cripta di Flimmler. Sembrava che la ragazza avesse imparato la lezione.

Esaminò ancora una volta il palazzo, scrutandolo con gli occhi semichiusi.

Grazie alla sua piccola borseggiatrice, aveva le chiavi del castello.

Ma che cosa doveva fare?

13. XERUM 525

Riserva di Hluhluwe-Umfolozi,

ore 10.34

Painter era seduto a gambe incrociate nella capanna di mattoni di fango ed erba intrecciata, con una serie di mappe e schemi tutt’attorno. L’aria odorava di concime e polvere, ma il piccolo accampamento zulù era un perfetto punto di raccolta, ad appena dieci minuti dalla tenuta dei Waalenberg.

Di quando in quando gli elicotteri della sicurezza si levavano in volo dalla tenuta e sorvolavano l’accampamento, sorvegliando i confini, ma Paula Kane aveva orchestrato tutto quanto per bene. Dall’alto, il piccolo villaggio sembrava soltanto una stazione di sosta per le tribù nomadi di zulù. Nessuno avrebbe potuto sospettare che in una di quelle capanne primitive fosse in corso una riunione.

Si erano radunati per mettere assieme le proprie risorse e decidere una strategia.

Gunther e Anna erano seduti di fronte a Painter, mentre Lisa era al suo fianco, come sempre, dal loro arrivo in Africa, con un’espressione decisa, ma lo sguardo preoccupato. Il maggiore Brooks era in piedi accanto all’uscita, nell’ombra, sempre vigile, con la mano sulla fondina della pistola.

Ascoltavano tutti attentamente il resoconto di Khamisi. Con lui c’era un nuovo arrivato: Monk Kokkalis.

Con grande sorpresa di Painter, Monk era giunto all’accampamento con un giovane esausto e scioccato. L’agente aveva trascorso l’ultima ora a raccontare l’accaduto, rispondere alle domande e colmare i vuoti.

Anna fissava con occhi iniettati di sangue la serie di rune che Monk aveva appena disegnato. Allungò una mano tremante verso il foglio. «Queste sono tutte le rune contenute nei libri di Hugo Hirszfeld?»

Monk annuì. «E quel vecchio schifoso era convinto che fossero determinanti per una fase successiva del suo piano.»

Lo sguardo di Anna si spostò su Painter. «Il dottor Hirszfeld era il supervisore del progetto Sole Nero. Come le ho già detto, era convinto di aver risolto l’enigma della Campana e aveva completato un ultimo esperimento in segreto, da solo, che, a suo dire, aveva generato un bambino perfetto, non corrotto da tare o involuzioni. Un Cavaliere del Sole sano. Ma il suo metodo… come abbia fatto… nessuno lo sa.»

«E poi c’è la lettera che ha scritto a sua figlia», aggiunse Painter. «Qualsiasi cosa abbia scoperto lo ha spaventato: Una verità troppo bella per lasciarla morire e troppo mostruosa per essere rivelata. Perciò ha nascosto il suo segreto in questo codice di rune.»

Anna sospirò, stanca. «E Baldric Waalenberg era talmente sicuro di poter risolvere l’enigma e impadronirsi delle conoscenze perdute, che ha distrutto il Granitschloß.»

«Credo che ci sia qualcos’altro, oltre al fatto che non servivate più», commentò Painter. «Penso che lei avesse ragione, prima. Il vostro gruppo era una minaccia crescente, perché parlavate di uscire allo scoperto. Lui era a un passo dalla perfezione, dalla realizzazione del sogno ariano, e non poteva rischiare che voi rovinaste tutto.»

86
{"b":"199848","o":1}