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Un cobra reale.

Il serpente fece la guardia al ponte, finché l’uomo biondo platino non staccò una lunga canna dal letto del ruscello e lo scacciò via, come se fosse un gatto indisciplinato. Il serpente sibilò, mostrando i denti, ma poi batté in ritirata, scendendo dal ponte con movimenti sinuosi e scivolando nelle acque buie.

Proseguirono, per nulla turbati. Gray allungò lentamente il collo, mentre si avvicinavano al palazzo, notando un’altra stravaganza dell’edificio. Dai piani superiori si dipartivano ponti sospesi di legno, che conducevano alle cime degli alberi. Insomma, gli ospiti avevano un accesso diretto al tetto della giungla. Anch’essi muniti di lampade, quei sentieri sospesi creavano intere costellazioni nell’oscurità della giungla. Gray girò su se stesso mentre camminava. Le luci brillavano tutt’attorno.

«Attenzione», mormorò Monk, accennando col capo un punto a sinistra.

Su uno dei ponti sospesi, la figura di una guardia con un fucile si stagliò contro la luce dei lampioni. Gray lanciò uno sguardo a Monk. Dovevano essercene delle altre. Poteva esserci un intero esercito nascosto tra le fronde. Una fuga sembrava sempre meno probabile.

Infine raggiunsero una scalinata che conduceva a una grande veranda, costruita con legno di albero-zebra lucidato. Lì li attendeva una donna, la gemella del loro accompagnatore, abbigliata con pari eleganza. L’uomo si fece avanti e la baciò su entrambe le guance.

Le parlò in olandese. Gray non parlava correntemente quella lingua, ma la conosceva abbastanza per capire il senso delle loro parole.

«Sono pronti gli altri, Ischke?» chiese l’uomo.

«Aspettiamo soltanto le istruzioni di grootvader», rispose lei, indicando la serra illuminata, all’altra estremità della veranda. «Poi la caccia può cominciare.»

Gray si sforzò di dare un senso a quelle parole, ma non aveva neanche un indizio.

Con un pesante sospiro, l’uomo si voltò verso di loro, aggiustandosi una ciocca di capelli. «Mio nonno vi riceverà nella serra.» S’incamminò in quella direzione, attraverso la veranda. «Gli parlerete a modo e con rispetto, altrimenti mi occuperò personalmente di farvi pentire di ogni vostra irriverenza.»

«Isaak…» lo interpellò la donna.

Lui si fermò e si voltò. «Ja, Ischke?»

Lei gli parlò nuovamente in olandese. «De jongen en het meisje? Dobbiamo portarli fuori adesso?»

Per risposta ebbe un cenno d’assenso, seguito da un ordine in olandese.

Mentre Gray traduceva tra sé l’ultima frase, dovettero trascinarlo a forza per smuoverlo. Lanciò uno sguardo alla donna, che stava scomparendo dentro la casa, alle sue spalle.

De jongen en het meisje. Il ragazzo e la ragazza. Doveva trattarsi di Ryan e Fiona. Erano ancora vivi. Gray trovò confortante quella rivelazione, ma le ultime parole di Isaak lo avevano fatto raggelare.

Insanguinateli, prima.

In volo sull’Africa,

ore 05.18

Painter era seduto con una penna in mano. L’unico rumore nell’aeroplano era il russare di Gunther. L’uomo sembrava non curarsi dei pericoli cui stavano andando incontro. D’altra parte, Gunther non aveva il loro limite di tempo: sebbene tutti e tre stessero viaggiando verso l’involuzione, Anna e Painter erano nella corsia di sorpasso.

Non riuscendo a chiudere occhio, Painter ne aveva approfittato per esaminare la storia del clan dei Waalenberg, raccogliendo tutte le informazioni possibili su quella famiglia.

Conoscere il nemico.

I primi Waalenberg che si erano stabiliti in Africa vi erano giunti via Algeri nel 1617. Con orgoglio, la famiglia faceva risalire la propria storia ai crudeli pirati della Barberia, lungo la costa nordafricana. Il primo Waalenberg era secondo capo timoniere del famoso pirata Sleyman Reis De Veenboer, che comandava un’intera flotta olandese di navi corsare al largo di Algeri.

Arricchitisi col commercio di schiavi, i Waalenberg si erano poi trasferiti a sud, stabilendosi nella grande colonia al capo di Buona Speranza. Ma non smisero di praticare la pirateria: la trasferirono semplicemente sulla terraferma. Si assicurarono il controllo della popolazione d’immigrati olandesi, così, quando fu scoperto l’oro in quegli insediamenti, erano stati i Waalenberg a trarne i maggiori vantaggi. E l’oro non era poco. Il Witwatersrand, una bassa catena montuosa nei pressi di Johannesburg, rappresentava il quaranta percento della produzione mondiale d’oro. Sebbene non fosse famoso quanto le famose miniere di diamanti dei De Beers, l’oro del «Rand» era uno dei tesori più preziosi del mondo.

Era stato su quella ricchezza che la famiglia aveva fondato una dinastia capace di superare indenne la prima e la seconda guerra boera, e tutte le macchinazioni politiche che avevano portato alla nascita della repubblica sudafricana. La famiglia Waalenberg era una delle più ricche del pianeta, anche se negli ultimi decenni si era appartata sempre di più, soprattutto sotto la guida dell’ultimo patriarca, Baldric Waaleneberg. Mentre le loro apparizioni in pubblico diminuivano, erano cominciate a diffondersi voci di atrocità, perversioni, tossicodipendenza, matrimoni tra consanguinei. Tuttavia i Waalenberg avevano continuato ad arricchirsi, con interessi nel campo dei diamanti, del petrolio, della petrolchimica e della farmaceutica. Erano diventati una multinazionale.

Era possibile che ci fossero loro dietro gli eventi del Granitschloß?

Avevano sicuramente il potere e le risorse necessari. E il tatuaggio che Painter aveva notato sull’assassina bionda assomigliava alla «Croce» dello stemma dei Waalenberg. E poi c’erano i gemelli, Isaak e Ischke. Qual era lo scopo del loro viaggio in Europa?

Molte domande senza risposta.

Painter girò una pagina e picchiettò la penna sullo stemma di famiglia. C’era qualcosa in quel simbolo…

Logan non aveva fornito informazioni soltanto sulla storia dei Waalenberg, ma anche sul simbolo. Risaliva ai celti, altra tribù nordica. Il simbolo, un emblema del sole, ornava spesso gli scudi celtici e si era perciò conquistato l’appellativo di nodo dello scudo.

Painter fermò la mano.

Nodo dello scudo.

Gli sovvennero le parole pronunciate da Klaus in punto di morte, la maledizione che aveva lanciato contro tutti loro: Morirete tutti! Strangolati, quando il nodo sarà stretto!

Painter aveva creduto che Klaus si riferisse a un cappio metaforico. E se invece avesse fatto riferimento a quel simbolo?

Quando il nodo sarà stretto.

Guardando lo stemma dei Waalenberg, Painter si mise a scarabocchiare sul retro di un fax. Ridisegnò il simbolo come se qualcuno avesse stretto il nodo, avvicinando le asole, come quando si allacciano le scarpe.

«Che fai?» chiese Lisa, materializzandosi alle sue spalle.

Preso di soprassalto, Painter strisciò la penna sul foglio, che quasi si strappò. «Buon Dio, ragazza, la smetteresti di piombarmi addosso di soppiatto in questo modo, per favore?»

Sbadigliando, Lisa si appollaiò sul bracciolo del sedile di Painter e gli diede una pacca sulla spalla. «Che indole delicata.» Lasciò la mano dov’era, chinandosi verso di lui. «Sul serio, che cosa stai disegnando?»

Painter non poté fare a meno di notare che il seno della donna gli sfiorava la guancia. Si schiarì la voce e ritornò al suo schizzo. «Stavo soltanto giocando un po’ col simbolo che abbiamo trovato sulla mano dell’assassina. Un altro dei miei agenti l’ha visto su un paio di Sonnenkönige in Europa. Due gemelli, nipoti di Baldric Waalenberg. Dev’essere importante, forse è un indizio che abbiamo trascurato.»

«O forse al vecchio bastardo piace marchiare a fuoco la sua progenie, come si fa col bestiame. A quanto pare, per lui è solo un altro tipo di allevamento e selezione.»

Painter annuì. «Mi sono ricordato di ciò che ha detto Klaus: ha parlato di un nodo che si stringe, come un segreto mai svelato.»

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