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Painter annuì. «Se per ucciderci contano sulle radiazioni, o qualsiasi cosa siano, forse non stanno sorvegliando molto bene le montagne. Ora che la tormenta è finita, possiamo…»

Una raffica di colpi spezzò il silenzio. Painter e Lisa si guardarono negli occhi. Sembrava vicina. A confermarlo, una gragnola di proiettili incrinò la cascata di ghiaccio. Painter e Lisa strisciarono all’indietro, verso il fondo della piccola grotta, gettando la coperta. Non avevano scampo.

Nel frattempo, Painter aveva notato anche qualcos’altro.

La luce non era svanita come prima. La cascata di ghiaccio era rimasta illuminata di quello splendore mortale. La luce era fissa e li inchiodava sul posto.

Una voce tuonò da un megafono: «Painter Crowe! Sappiamo che tu e quella donna vi nascondete lì!» Oltre al tono perentorio, aveva un timbro femminile e un accento straniero. «Venite fuori con le mani in alto!»

Painter strinse una spalla a Lisa, infondendole tutta la rassicurazione possibile. «Resta qui.»

Indicò i vestiti a terra, facendo cenno a Lisa di indossarli. S’infilò gli stivali, poi raggiunse la fessura nel ghiaccio e sporse la testa.

Come era consueto a quelle altitudini, la tormenta si era dispersa con la stessa rapidità con cui era arrivata. Il cielo nero era punteggiato di stelle. La Via Lattea sovrastava la vallata gelida, scolpita nella neve e nel ghiaccio e chiazzata da veli di nebbia ghiacciata.

Più vicino, un riflettore penetrava l’oscurità, con un fascio di luce puntato sulla cascata di ghiaccio. A cinquanta metri di distanza, su un costone più basso, una figura indistinta nell’ombra sedeva cavalcioni su una motoslitta, controllando il riflettore. Era soltanto una normale lampada, forse allo xeno, a giudicare dall’intensità e dalla colorazione bluastra.

Non era una misteriosa luce spettrale.

Painter provò un grande sollievo. Era quella la luce che avevano visto per tutto quel tempo, mentre i veicoli si avvicinavano? Ne contò cinque. Contò anche una ventina di sagome sparpagliate lì attorno, abbigliate con parka bianchi. Erano tutte armate di fucile.

Non avendo altra scelta, ed essendo anche estremamente curioso, Painter alzò le mani e uscì dalla grotta. L’uomo più vicino, un bestione, mosse qualche passo verso di lui, col fucile puntato. Un piccolo raggio di luce trovò il petto di Painter: era un mirino laser.

Disarmato, Painter non poteva fare altro che tener duro. Valutò le sue chance di sottrarre il fucile a quell’uomo.

Molto scarse.

Lo guardò negli occhi.

Uno era di un blu glaciale, l’altro bianco come la neve.

Era l’assassino del monastero.

Ricordò la forza assurda di quell’uomo. In effetti, le sue possibilità erano molto scarse. E poi, considerato il numero di uomini presenti, che cosa avrebbe fatto anche se ci fosse riuscito?

Da dietro le spalle dell’uomo emerse un’altra persona. Una donna. Forse era la stessa che aveva usato il megafono un attimo prima. Allungò una mano e, con un solo dito, abbassò il fucile dell’assassino. Painter si chiese se esistesse un uomo con una forza sufficiente per fare altrettanto.

Mentre la donna avanzava verso di lui sotto la luce del riflettore, Painter la studiò. Doveva avere fra i trentacinque e i quarant’anni. Capelli neri a caschetto, occhi verdi. Indossava un pesante parka bianco col cappuccio imbottito di pelliccia. I vestiti lasciavano intuire ben poco delle sue forme, ma sembrava slanciata e si muoveva in modo aggraziato e dinamico.

«Dottoressa Anna Sporrenberg», disse, tendendo la mano.

Painter fissò il guanto della donna. Se l’avesse trascinata verso di sé, stringendole un braccio attorno al collo, cercando di usarla come ostaggio…

Incrociando lo sguardo dell’assassino dietro di lei, Painter cambiò subito idea. Le strinse la mano. Dato che non gli avevano ancora sparato, poteva quantomeno essere gentile. Sarebbe stato al gioco quanto serviva per restare in vita. Doveva considerare anche Lisa.

«Direttore Crowe», riprese la donna. «Sembra che nelle ultime ore nei canali dell’intelligence internazionale non si sia parlato che di lei.»

Painter rimase impassibile. Non vedeva motivi per negare la sua identità. Forse poteva anche sfruttare la cosa a proprio vantaggio. «Dunque è consapevole di quanto quegli stessi canali si daranno da fare per trovarmi.»

«Natürlich», assentì lei. «Ma non conterei sul loro successo. Nel frattempo, devo chiedere a lei e alla giovane donna di seguirmi.»

Painter fece un passo indietro, come per proteggere Lisa. «La dottoressa Cummings non ha nulla a che fare con tutto questo. È soltanto un medico che tentava di soccorrere alcuni ammalati. Non sa nulla.»

«Verificheremo ben presto se ciò corrisponde a verità.»

E così glielo aveva detto chiaro e tondo. Erano ancora vivi, per il momento, soltanto per le loro presunte informazioni. Informazioni che sarebbero state estorte a forza di sangue e sofferenze. Painter rifletté se fosse meglio prendere l’iniziativa subito e farla finita. Una morte rapida invece che un’agonia. Era a conoscenza di troppi segreti per rischiare di essere torturato.

Ma non era solo. Pensò a Lisa che scaldava le mani tra le sue. Finché c’era vita c’era speranza.

Furono raggiunti da altre guardie. Lisa fu costretta a uscire dalla grotta coi fucili puntati addosso. Furono condotti entrambi alle motoslitte.

Lui vide la paura trasparire dagli occhi di Lisa. Era deciso a proteggerla al meglio delle sue possibilità.

Anna Sporrenberg li raggiunse mentre venivano legati. «Prima di partire, voglio parlarvi chiaro. Non possiamo lasciarvi andare. Penso che lo comprendiate. Non vi darò questa falsa speranza. Ma posso promettervi una fine rapida e indolore.»

«Come i monaci», ribatté bruscamente Lisa. «Abbiamo assistito alla vostra misericordia.»

Painter cercò di incrociare lo sguardo di Lisa. Non era il momento di inimicarsi i loro aguzzini. Ovviamente quei bastardi non avevano remore a uccidere su due piedi. Dovevano fare la parte dei prigionieri che collaborano.

Troppo tardi.

Anna parve vedere Lisa davvero per la prima volta, voltandosi verso di lei. La voce della donna lasciò trapelare una punta di collera: «È stata davvero misericordia, dottoressa Cummings». Lanciò uno sguardo fugace all’assassino, che era rimasto di guardia. «Lei non sa nulla della malattia che ha colpito il monastero, degli orrori che attendevano i monaci. Noi sì. Non sono morti per omicidio, ma per eutanasia.»

«E chi vi ha dato quel diritto?» ribatté la donna.

Painter le si avvicinò. «Lisa, forse…»

«No, signor Crowe.» Anna fece un passo verso Lisa. «Con che diritto, mi chiede? Quello dell’esperienza, dottoressa Cummings. L’esperienza. Mi creda quando le dico che quelle uccisioni sono state una gentilezza, non una crudeltà.»

«E che mi dice degli uomini che mi hanno accompagnato lassù in elicottero? Anche quella è stata una gentilezza?»

Anna sospirò, stanca di quello scambio di battute. «Sono state necessarie scelte difficili. Il nostro lavoro qui è troppo importante.»

«E noi?» insistette Lisa, mentre la donna le volgeva le spalle. «Un’iniezione indolore se cooperiamo. E se invece non abbiamo voglia di cooperare?»

Anna si diresse verso la motoslitta di testa. «Non ci saranno strumenti di tortura, se è questo che intende. Soltanto farmaci. Noi non siamo barbari, dottoressa Cummings.»

«No, siete soltanto nazisti!» le urlò dietro Lisa. «Abbiamo visto la svastica!»

«Non sia sciocca. Non siamo nazisti.» Anna rivolse loro uno sguardo tranquillo mentre scavalcava con una gamba il sedile della motoslitta. «Non più.»

Copenhagen, Danimarca,

ore 18.38

Gray attraversò di corsa la strada.

Com’era saltato in mente a Fiona di fare irruzione lì dentro, dopo quello che era successo?

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