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Poi la voce della donna si fece più chiara, in inglese. «Comandante Pierce?»

«La sento.»

Lei aveva la voce rauca, estenuata. «Stiamo tamponando la falla, ma non terrà a lungo.»

«Tenete duro.» Gray individuò il problema. Era saltato il fusibile di uno dei pistoni. Con un lembo della camicia, lo tirò fuori. «Ci serve un altro di questi, Fiona. Cerca qua attorno.»

«Faccia presto, comandante.»

I disturbi elettrostatici divennero sempre più forti, ma non abbastanza da coprire le parole che Baldric sussurrò ad Anna, in tono insistente: «… si unisca a noi. Ci farebbe comodo un’altra esperta della Campana».

Per quanto spaventato, Baldric le provava tutte.

Gray ascoltò con maggiore attenzione. La donna li avrebbe traditi? Fece un cenno a Fiona. «Gettami quella trasmittente.»

Lei gliela tirò e lui staccò l’antenna di metallo. Non c’era tempo per trovare un fusibile di ricambio, ci voleva una soluzione di fortuna. Infilò l’antenna tra i contatti e si portò a una centralina di comando con una enorme leva manuale. Il funzionamento era intuitivo. In alto c’era scritto OP e in basso ONDER’AAN.

Su e giù. Non ci voleva uno scienziato.

Gray parlò nella radio. «Anna, lei e Baldric potete uscire di lì.»

«No, comandante. Uno di noi deve continuare a tamponare la falla. Se entrambi molliamo la presa, la Campana partirà all’istante.»

Gray chiuse gli occhi. Non potevano fidarsi della cooperazione di Baldric.

I disturbi elettrostatici erano diventati un frastuono costante nell’orecchio.

«Sa ciò che deve fare, comandante.»

E lo fece.

Spinse la leva.

Sentì le ultime parole della donna, lontane: «Dica a mio fratello, che gli voglio bene…»

Ma, mentre abbassava la radio, la donna aggiunse un’ultima affermazione. Poteva essere la risposta all’offerta di Baldric o un’ultima dichiarazione rivolta al mondo, oppure semplicemente una soddisfazione personale.

«Non sono una nazista.»

ore 15.19

Lisa s’inginocchiò, cullando Painter. Poi sentì il rombo di macchinari sotto le ginocchia. Il gigantesco schermo si sollevò verso il soffitto, imprigionando i raggi di luce blu.

Un urlo di terrore proruppe dall’interno. Era il vecchio.

Lisa vide le sue dita che arrancavano sul bordo dello schermo protettivo, cercando freneticamente di aggrapparsi. Troppo tardi. Lo schermo superò la sua portata e s’innestò perfettamente nella guarnizione ad anello sul soffitto.

Le urla dell’uomo si sentivano ancora, attutite, ma frenetiche.

Poi Lisa la sentì nello stomaco: una scarica potente di energia. Era indescrivibile. Come un terremoto senza movimento. Poi nulla. Silenzio assoluto.

Painter gemette, come se l’effetto fosse doloroso per lui. Gli occhi gli si erano rovesciati nelle orbite. Rantolava, come se avesse le vie respiratorie piene di liquidi.

Lisa lo scosse delicatamente. Nessuna reazione. Era in stato semicomatoso.

«Monk!»

ore 15.23

«Presto!» gridò Monk alla radio.

Gray risalì di corsa le scale, seguito da Fiona. Si era trattenuto di sotto soltanto per il tempo necessario a trovare un fusibile di ricambio e riparare lo schermo protettivo. Non capiva tutto ciò che Monk aveva riferito, ma colmò i vuoti con le conoscenze di cui era in possesso: Painter era affetto da una forma di avvelenamento da radiazioni e la Campana era l’unica possibilità di guarigione.

Mentre si avvicinava al pianerottolo del quinto piano, sentì dei passi pesanti scendere verso di loro. Estrasse la pistola. E adesso?

Una sagoma imponente, le sopracciglia folte e la carnagione chiara, comparve sopra di loro, quasi cadendo giù dalle scale. Aveva la camicia zuppa di sangue e un brutto graffio gli solcava il viso, dalla fronte alla gola. Si teneva un polso rotto contro il petto.

Gray sollevò l’arma.

Fiona lo superò. «No, è con noi.» E, a voce più bassa, aggiunse: «Il fratello di Anna…»

Il gigante li raggiunse incespicando. Anche lui riconobbe Fiona. Guardò di traverso Gray, con stanca diffidenza, ma indicò le scale col fucile. «Blockiert.»

Bloccate.

Quindi quel bestione aveva guadagnato tempo per loro, pagando col sangue.

Corsero lungo il corridoio verso la stanza della Campana. Ma Gray sapeva che doveva preparare Gunther. Dopo il sacrificio di Anna, aveva quantomeno quel debito con suo fratello.

Gli posò una mano sul braccio. «A proposito di Anna…»

Gunther si voltò, irrigidendosi, un’espressione di dolore negli occhi, come se si aspettasse il peggio.

Gray affrontò quella paura e spiegò tutto con parole chiare, senza risparmiare nulla, concludendo con la verità fondamentale. «Ci ha salvato tutti quanti.»

Mentre ascoltava, il gigante aveva rallentato il passo. Ciò che non avevano potuto le ferite lo fece il dolore. Crollò in ginocchio nel corridoio.

Gray si fermò. «Le sue ultime parole sono state un messaggio d’amore per te.»

L’uomo si coprì il viso e si accasciò al suolo.

«Mi spiace…» disse Gray.

Monk comparve sulla soglia. «Che diavolo stai…» Poi vide Gunther e la voce gli si spense in gola.

Ma, per loro, non era ancora finita.

ore 15.23

«Abbassa lo schermo!» ordinò Gray, entrando con Monk.

Lisa era di fronte alla console. Aveva passato gli ultimi minuti a prendere familiarità col dispositivo. Durante il viaggio fino alla tenuta, Anna aveva spiegato in dettaglio come funzionava la Campana. La donna temeva di essere troppo debilitata per poterne supervisionare l’utilizzo, perciò qualcun altro doveva imparare. Il compito era ricaduto su di lei.

«Lo schermo!» gridò di nuovo Gray.

Lei annuì debolmente e fece scattare l’interruttore.

Ci fu un gran fracasso di ingranaggi sotto il pavimento. La Campana era tornata quiescente, perciò non fuoriusciva più nessuna luce dall’interno. Un passo più in là, Painter era disteso sul pavimento, sopra un telo, assistito dalla dottoressa Fairfield. Sulla destra, Mosi e Brooks stavano coprendo con un altro telo i corpi dei gemelli.

Lo schermo continuava a scendere, era a un metro da terra. Al centro si ergeva la Campana, in attesa di essere riattivata. Lisa ricordò come l’aveva descritta Anna: il primo e ultimo strumento di misurazione dei quanti. Le faceva una paura tremenda.

Sulla sinistra, gridando per sovrastare il suono dei motori, Monk riferì il messaggio ricevuto via radio da Khamisi. Le forze zulù avevano preso la tenuta, spingendo tutti gli uomini dei Waalenberg sopravvissuti nel palazzo, dove era in corso un assedio. Sopra le loro teste, proseguiva la sparatoria.

«Gunther ha bloccato le scale antincendio», li informò Gray. «Anche le porte dell’ascensore sono bloccate, aperte. Questo dovrebbe darci un po’ di tempo.» Fece un cenno a Brooks e Mosi. «Tenete d’occhio il corridoio!»

I due presero le armi e uscirono.

Mentre lasciavano la stanza, Gunther entrò, claudicante. Dall’espressione del suo viso, Lisa capì che aveva saputo di Anna. Si era sbarazzato di tutte le armi. Si diresse verso lo schermo che scendeva, con passi pesanti come piombo. Doveva essere testimone della conclusione: l’assoluzione finale per tutto il sangue di cui si era macchiato.

Lo schermo si fermò.

Lisa temeva la vista dei danni, ma aveva un dovere da compiere. Si diresse verso la Campana.

Anna era distesa su un fianco, all’ombra del dispositivo, raggomitolata come una bambina. Aveva la pelle di un bianco cinereo, i capelli erano diventati bianchi come la neve, come se si fosse tramutata in una statua di marmo. Gunther scavalcò il bordo dello schermo protettivo e s’inginocchiò accanto alla sorella. Senza una parola, privo di espressione, la raccolse tra le braccia. La morta ciondolò inerte, poi il capo si posò sulla spalla del fratello.

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