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— Non farci caso — aveva commentato Mazer Rackham. — I politicanti ti temono, ma non possono ancora distruggere la reputazione che ti sei fatto. A questo ci penseranno gli storici, fra una trentina d’anni.

A Ender non importava molto della sua reputazione. Aveva assistito a quelle trasmissioni televisive con faccia impassibile, ma in realtà con un certo stupore. In guerra ho ucciso decine di miliardi di Scorpioni, creature vive e intelligenti, forse non peggiori di noi e che comunque non avevano lanciato un terzo attacco contro di noi, e nessuno lo ha definito un crimine.

La morte di Stilson e quella di Bonzo non erano un peso più leggero né più grave dei delitti che già sopportava la sua coscienza.

E così, oppresso da quelle ombre, per vuoti e interminabili mesi aveva atteso che il mondo da lui salvato decidesse di richiamarlo a casa.

Uno dopo l’altro i suoi amici, pur riluttanti, s’erano separati da lui per tornare alle loro famiglie, ciascuno atteso da una città che lo avrebbe salutato come un eroe. Aveva visto alla televisione quelle cerimonie di benvenuto, e s’era commosso nel sentirli tessere a lungo gli elogi di Ender Wiggin che, affermavano, aveva insegnato loro tutto ciò che sapevano e li aveva condotti alla vittoria. Ma se avevano speso qualche parola per invocare il suo ritorno sulla Terra, quei tratti erano stati censurati e nessun altro aveva potuto udirli.

Per un po’ di tempo su Eros non c’era stato altro da fare che riparare i danni causati dalla Guerra dei Due Blocchi, e ricevere i rapporti delle astronavi rimaste in grado di esplorare i numerosi pianeti che avevano attaccato.

Ma adesso su Eros c’era più attività che mai in passato, e più affollamento, perché molti coloni erano stati trasferiti lì in attesa di partire verso i silenziosi mondi degli Scorpioni. Ender diede una mano a riattrezzare gli interni di alcuni incrociatori, lavorando più di quel che gli ufficiali e i tecnici avrebbero desiderato. Nessuno di loro sembrava pensare che quel ragazzo di dodici anni poteva essere utile in un’attività pacifica quanto lo era stato in guerra; ma lui sopportava pazientemente la loro tendenza a ignorarlo, e quando aveva proposte o suggerimenti validi ne parlava coi pochi adulti disposti ad ascoltarlo, lasciando che poi le presentassero come fossero idee loro. Non si preoccupava di ottenere credito, ma solo di far bene il suo lavoro.

L’unica cosa che non poteva sopportare era la venerazione dei coloni. Imparò a evitare i tunnel dov’erano acquartierati, dopo aver fatto esperienza della confusione che destava se solo gli capitava di passare fra quella gente. Il suo volto era ormai troppo noto. Le donne e le ragazze correvano ad abbracciarlo, gli uomini volevano strigergli la mano, le madri insistevano per fargli baciare i loro bambini, non pochi dei quali erano già stati battezzati con il suo stesso nome, e poi si commuovevano nel vederlo così giovane. E non mancavano quelli che gli giuravano di non poterlo biasimare per i suoi delitti, non loro, perché lui infine era un ragazzino e non ne aveva colpa…

Ender faceva il possibile per tenersene alla larga.

Ma fra i coloni giunse qualcuno che non poté evitare.

Quel giorno non era all’interno di Eros. Era uscito con una navetta per andare all’Attracco I.S. dove stava imparando a lavorare sullo scafo esterno delle astronavi. Chamrajnagar gli aveva fatto osservare che la carpenteria meccanica non si confaceva alla dignità di un ammiraglio, ma Ender aveva replicato che non essendoci al momento eccessiva richiesta di esperti in guerre stellari gli sembrava saggio imparare un altro lavoro.

La radio del suo casco emise un ronzio e la voce di una centralinista lo informò che una persona chiedeva di vederlo nell’interno di quella stessa astronave. Ender non aveva idea di chi potesse essere, e non si affrettò particolarmente. Finì di installare l’antenna di riserva dell’ansible, poi si agganciò a uno dei cavi usati dagli operai e trecento metri più avanti, al portello della camera stagna, chiese il permesso di entrare.

Lei lo stava aspettando fuori dal deposito degli scafandri. Per un attimo lo seccò vedere che consentivano a dei coloni di disturbarlo perfino lì, sul lavoro. Poi la ragazza si volse, sentendolo arrivare, e lui ebbe un fremito.

— Valentine!

— Salve, Ender.

— Che stai facendo qui?

— Demostene ha dato le dimissioni. Adesso parto, vado alla più vicina delle colonie.

— Ci vogliono cinquant’anni per arrivare là…

— Soltanto due, se sei a bordo della nave.

— Ma se un giorno tornerai, tutti quelli che conoscevi sulla Terra saranno morti da un pezzo e…

— Proprio questo avevo in mente. Ho la speranza, tuttavia, che qualcuno di quelli che conosco su Eros venga con me.

— Io non me la sento di andare su uno dei mondi che abbiamo rubato agli Scorpioni. Ciò che voglio è tornarmene a casa.

— Ender, tu non tornerai mai più sulla Terra. Ho fatto in modo io stessa che fosse così, prima di partire.

Lui la fissò senza riuscire ad aprir bocca.

— Ho preferito dirtelo subito, così se questi sono i tuoi sentimenti potrai cominciare a odiarmi fin dall’inizio.

Poco dopo, in una delle cabine già attrezzate per i coloni, la ragazza si spiegò meglio. — Peter sta lavorando per farti richiamare sulla Terra, sotto la protezione del Consiglio dell’Egemonia — disse. — E può riuscirci. Nella situazione che si sta evolvendo, Ender, questo ti metterebbe a tutti gli effetti sotto il controllo di Peter, perché già metà dei consiglieri fanno quel che vuole lui. E quelli che non sono anima e corpo con Locke, li può intimidire o ingannare in altri modi.

— Sanno chi è Locke in realtà?

— Sì. La cosa non è ancora pubblica, ma nelle alte sfere della finanza, della F.I. e della politica lo conoscono bene. Ha troppo potere perché qualcuno stia a pensare alla sua età. Ha fatto cose incredibili, Ender.

— Ho notato che il trattato firmato un anno fa portava il nome di Locke.

— Quella è stata la sua mossa decisiva. Ha avanzato la Proposta Locke facendola avallare dai più grossi proprietari di video-giornali, e ad essa si è accodato anche Demostene. Era il momento che aveva atteso: usare l’influenza di Demostene sulle masse e quella di Locke sugli intellettuali per raggiungere un risultato di prestigio. Ed è riuscito a individuare una forma di accordo che, per motivi diversi, andava bene all’Est come all’Ovest, evitando una guerra che poteva essere terribile.

— Ha deciso di mettersi l’aureola dello statista?

— Così credo. Ma un giorno in cui era di buonumore, vale a dire in vena di fare il cinico, mi ha detto che se avesse permesso all’Egemonia di sfasciarsi avrebbe dovuto conquistare il mondo pezzo per pezzo. Finché l’Egemonia sta in piedi, invece, lo può conquistare in un solo boccone.

Ender annuì. — Questo è il Peter che conoscevo.

— Divertente, no? Peter che salva milioni di vite.

— Mentre io ne stermino miliardi.

— Non volevo alludere a questo.

— Così pensa di potermi usare?

— Lo pensava. Aveva dei piani per te, Ender. Voleva attendere il tuo arrivo per rivelare pubblicamente la sua identità, incontrandoti di fronte alle telecamere: il fratello maggiore di Ender Wiggin, che oltre a ciò è anche il grande Locke, l’architetto della pace. Accanto a te sarebbe apparso più maturo, e la somiglianza fisica fra voi è notevole, oggi. Stava già rastrellando denaro dappertutto. Col tuo stesso cognome, e col tuo appoggio, avrebbe potuto arrivare dovunque.

— Perché lo hai fermato?

— Ender, non ti piacerebbe trascorrere il resto della vita come una marionetta di Peter.

— Perché no? Fin’ora sono sempre stato la marionetta di qualcuno.

— Anch’io. Ho mostrato a Peter del materiale che avevo messo insieme, abbastanza da provare all’opinione pubblica che è un maniaco omicida. Fra le altre cose alcune sue foto mentre tortura degli scoiattoli, varie conversazioni registrate, e altre registrazioni dei tempi in cui avevi il monitor e che lo mostrano mentre ti tormenta con ferocia. Quando ci ha riflettuto sopra mi ha chiesto che prezzo chiedevo. E il prezzo che ho chiesto è stato la tua libertà, e la mia.

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