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Ender ripensò al giorno in cui aveva dovuto affrontare due orde contemporaneamente. E li ho accusati di aver imbrogliato. Quando si verrà alla guerra vera, ogni battaglia sarà come quella.

— Un paio di vantaggi li avremo, Ender. Non ci sarà bisogno di mirare con gran precisione. Le nostre armi hanno vasta capacità distruttiva.

— Non useremo i missili a testata atomica, come in passato?

— Il Dr. Device è molto più potente. Le armi nucleari potevano essere sperimentate sulla superficie terrestre; questo sarebbe impossibile con il nostro Little Doc. Mi sarebbe piaciuto averne uno durante la Seconda Invasione.

— Come funziona?

— Io non ne capisco abbastanza da costruirne uno. Comunque si tratta di due raggi convergenti, al cui punto focale si crea un campo nel quale le molecole perdono la forza di coesione. L’energia infratomica si inverte. Quanto ne sai di fisica, a questo livello?

— Per di più ci occupiamo di astrofisica, in classe. Ma ne so abbastanza da capire il concetto.

— Il campo si dilata in uno sferoide vastissimo, ma infine si indebolisce e si ferma. Salvo quando arriva a contatto di un sostanziale ammasso di molecole, e in questo caso continua a espandersi con enorme violenza. Più grossa è l’astronave colpita, più il campo di inversione energetica si allarga.

— Così, ogni volta che va a contatto di un’altra nave, da essa si espande un nuovo sferoide…

— E se le navi nemiche sono abbastanza vicine, si crea una catena che le spazza via tutte. Poi il campo s’indebolisce e scompare, le molecole disgregate cominciano a riunirsi di nuovo, e dove prima c’era un’astronave adesso hai una nuvola di molecole, prevalentemente di ferro, carbonio, ossigeno e idrogeno. Niente radioattività, niente detriti. Soltanto un pulviscolo. Nelle prime battaglie dovremmo riuscire a coglierli insieme, ma loro imparano in fretta. In seguito terranno una distanza maggiore fra una nave e l’altra.

— Se il Dr. Device non è un missile, non può inseguire il nemico nelle sue evoluzioni — rifletté Ender, pensando al simulatore.

— Esatto. Nella battaglia spaziale pura e semplice il missile è un’arma ormai superata. Non dimentichiamo però che anche loro hanno imparato qualcosa da noi. Come creare lo scudo energetico, ad esempio.

— Little Doc può penetrare lo scudo?

— Come se non ci fosse neppure. Non è possibile vedere attraverso lo scudo di energia per mettere a fuoco i raggi sul bersaglio, ma poiché il generatore si trova al suo centro esatto è facile calcolarne la posizione.

— Perché non sono stato addestrato a questi armamenti?

— Lo sei stato. Abbiamo fatto sempre in modo che il simulatore ti portasse a situazioni simili. Il tuo lavoro è di delineare la strategia, quindi la tattica per andare sul bersaglio. E il computer di un’astronave è molto più abile di te a dirigere su di esso Little Doc.

— Il dottor Device. Perché questo nome?

— Il prototipo era stato chiamato Molecular Detachment Device. M.D. Device.

Ender ancora non capiva.

— M.D. sono le iniziali di Medical Doctor. Di conseguenza ecco il Dr. Device, o Little Doc, anche. Tanto per scherzarci sopra. — Ma Ender continuò a non vedere nulla di divertente nella cosa.

Avevano modificato il simulatore. Ender poteva ancora controllare la prospettiva ottica e i dettagli visuali del campo olografico, ma non c’erano più i comandi delle astronavi. Al loro posto erano stati messi dei nuovi pannelli, oltre a una cuffia fornita di visore ottico, auricolari e un piccolo microfono.

Il tecnico che li aveva attesi in sala gli spiegò in breve come indossare la cuffia.

— Ma come potrò controllare le astronavi? — domandò Ender.

Mazer glielo spiegò: non avrebbe più controllato direttamente nessuna nave. — Hai raggiunto un’altra fase del tuo addestramento. Hai fatto esperienze strategiche a ogni livello, ma ora è tempo che ti concentri sul comando di un’intera flotta. Come alla Scuola di Guerra lavoravi con i tuoi capibranco, adesso dovrai condurre dei comandanti di squadrone. Ti sono stati assegnati tre dozzine di futuri ufficiali da addestrare. Devi insegnare loro i tuoi accorgimenti tattici, devi costringerli a usare al meglio le loro capacità e a riconoscere i loro punti deboli, devi fare di loro un unico gruppo affiatato.

— Quando arriveranno qui?

— Ciascuno è già stato presentato al proprio simulatore. Parlerai con loro in cuffia. I nuovi comandi sui tuoi pannelli ti danno il modo di osservare dalla stessa prospettiva di ognuno dei tuoi comandanti di squadrone. Questo imiterà più da vicino le condizioni che incontrerai in una vera battaglia, dove ti limiterai a supervisionare l’azione di ogni singola stronave.

— Come posso lavorare con dei comandanti di squadrone che non ho modo di vedere?

— E perché dovresti aver bisogno di vederli?

— Per sapere chi sono, come pensano…

— Saprai chi sono e come pensano dal modo in cui lavoreranno con il simulatore. Ma non credo che dovrai preoccuparti troppo di questo. Ti stanno ascoltando, proprio adesso. Metti la cuffia e collegati col primo della serie.

Ender si aggiustò la cuffia sulla testa.

— Salaam — sussurrò una voce nei suoi orecchi.

— Alai! — esclamò Ender.

— E anch’io, il tuo fagiolino.

— Bean!

E poi risposero Petra, e Dink, e Tom il Matto, Shen, Zuppa Cinese, Mosca Molo, e via via tutti i migliori allievi di cui Ender era stato compagno d’orda o avversario, tutti ragazzi che alla Scuola di Guerra aveva imparato a stimare. — Non sapevo che foste qui — disse. — Non mi hanno detto che stavate arrivando.

— Ci hanno già fatto sudare su questi simulatori per tre mesi — disse Dink.

— Ti accorgerai che sono ancora la pistola più veloce della scuola — disse Petra. — Dink ci prova ancora con me, ma non la spunta.

Così cominciarono a lavorare insieme, ogni comandante di squadrone alla direzione del suo gruppo di astronavi, e Ender a coordinare l’insieme. Appresero a collaborare a diversi livelli, poiché il computer forniva loro diverse situazioni da risolvere. Talvolta il simulatore dava loro una flotta più numerosa, e Ender li suddivideva in tre o quattro branchi ciascuno dei quali composto da tre o quattro squadroni. Talvolta il simulatore dava loro un incrociatore leggero con i suoi dodici astrocaccia, e lui sceglieva tre comandanti assegnando a ognuno quattro dei piccoli e veloci apparecchi.

Era un piacere, ed era un gioco. Il nemico, controllato dal computer, era potente ma non troppo brillante, ed essi vincevano sempre a dispetto dei loro errori di valutazione o della scarsa intesa. Ma dopo tre settimane Ender era giunto a conoscerli molto più a fondo: Dink, abile esecutore di ordini però lento a improvvisare; Bean, in difficoltà nel controllare contemporaneamente molte navi ma capace di manovrare in modo micidiale il suo squadrone, velocissimo a reagire in ogni situazione insolita proposta dal computer; Alai, che come abilità strategica gli stava alla pari e poteva occuparsi di metà della flotta senza troppo bisogno di istruzioni.

Più Ender li metteva alla prova e più si rendeva conto dei loro difetti, il che lo aiutava a valorizzarne al meglio le doti. Le sedute di addestramento cominciavano con il simulatore che presentava una certa situazione bellica nel campo olografico. Ender prendeva subito atto della consistenza della sua flotta e di come stava manovrando quella nemica. Pochi minuti gli bastavano poi per sgranare ordini ai comandanti di squadrone, assegnando a chi una nave e a chi gruppi di navi, ciascuno con istruzioni generiche o particolareggiate sui compiti da svolgere. Mentre si sviluppava la battaglia poteva quindi balzare dall’uno all’altro dei punti di vista dei suoi uomini, chiedendo e dando suggerimenti, o modificando la tattica in caso di necessità. Poiché gli altri osservavano la situazione soltanto dal loro posto di combattimento, spesso si sentivano dare ordini che non erano in grado di capire appieno, ma anch’essi imparavano a fidarsi della sua direzione strategica. Se Ender diceva loro di ritirarsi, si ritiravano, rendendosi conto o d’essere pericolosamente isolati oppure che la manovra avrebbe convinto il nemico a osare più di quanto poteva permettersi. Quando qualcuno agiva di sua iniziativa e non si sentiva subito arrivare consigli e ordini, sapeva che la manovra aveva l’approvazione di Ender e che il suo silenzio era un invito a darci dentro a fondo. Ognuno sapeva che se le sue capacità personali fossero state inadatte alla situazione in cui era, Ender non lo avrebbe scelto per risolverla.

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