Ender ripensò ai filmati che mostravano Scorpioni in apparenza sani che giacevano dove la morte li aveva colti.
— Fu allora che sapemmo, dinnanzi all’evidenza, che la comunicazione a velocità ultraluce era possibile. Questo accadde settant’anni fa. E una volta certi che la cosa poteva esser fatta, riuscimmo a realizzarla in pratica. Non io, intendo. Io non ero ancora nato.
Ender era stupefatto. — Com’è possibile una cosa simile?
— Non posso neppure cominciare a spiegarti la fisica filotica. È una scienza per metà ancora fuori dalla comprensione umana. Ciò che conta è che abbiamo costruito l’ansible. Il termine ufficiale è Comunicatore Istantaneo di parallasse Filotico, ma qualcuno ha tirato fuori il nome ansible da un vecchio romanzo e gliel’ha appioppato. Non che siano molti a conoscere l’esistenza di questo apparecchio.
— Questo significa che le astronavi possono comunicare fra loro anche dai lati opposti del sistema solare — disse Ender.
— Significa che possono farlo all’istante attraverso tutta la galassia. E gli Scorpioni ci riescono senza bisogno di apparecchiature.
— Così hanno saputo della loro sconfitta nel momento stesso in cui è avvenuta — rifletté Ender. — Io pensavo… tutti hanno sempre detto che sul loro mondo ne sono venuti a conoscenza soltanto venticinque anni fa.
— Questo è servito a prevenire il panico — annuì Graff. — Ti sto dando informazioni che teoricamente neppure tu potrai portare fuori dal Comando della F.I. se mai dovessi partirne prima della fine della guerra.
— Se lei mi conoscesse bene — s’irritò Ender, — saprebbe che sono capace di mantenere un segreto.
— È il regolamento. Chiunque sia al di sotto dei venticinque anni è considerato un rischio per la sicurezza. Questo è ingiusto verso molti giovani meritevoli, ma aiuta a restringere il numero di coloro che potrebbero dare origine a una fuga di notizie.
— Ma a che scopo tutta questa segretezza?
— Perché… ci siamo assunti un rischio terribile, Ender, e se la videostampa ne fosse a conoscenza ci sarebbe una mezza rivoluzione con conseguenze imprevedibili. Vedi, appena realizzato l’ansibile lo montammo sulle nostre migliori astronavi ed esse partirono, con l’obiettivo di attaccare i sistemi solari abitati dagli Scorpioni.
— Sappiamo dove si trovano?
— Sì.
— Dunque non stiamo aspettando la Terza Invasione.
— La Terza Invasione siamo noi.
— Li stiamo attaccando! Nessuno ne ha mai fatto parola. Tutti sono convinti che le nostre flotte siano appostate fuori dei confini del sistema solare per…
— Non ce n’è una. Siamo praticamente senza difese, qui.
— Che accadrebbe se mandassero una flotta ad attaccarci?
— Allora siamo morti. Ma le nostre astronavi non hanno ancora avvistato una flotta simile, neppure un sospetto.
— Forse hanno rinunciato e si sono decisi a lasciarci in pace.
— Forse. Ma tu hai visto i filmati. Saresti disposto a scommettere l’esistenza della razza umana sulla possibilità che loro abbiano rinunciato ad aggredirci?
Ender cercò di fare un calcolo del tempo che poteva esser trascorso. — E le nostre navi hanno viaggiato per settant’anni…
— Alcune sì. Altre per trent’anni, e altre ancora per venti. Oggi costruiamo astronavi più veloci. Stiamo imparando a cavarcela un po’ meglio nello spazio. Ma ogni nave che non sia ancora in cantiere sta viaggiando verso uno dei pianeti degli Scorpioni, o un loro avamposto. Ogni nave, con le stive piene di missili e di astrocaccia, è là fuori verso il suo bersaglio. E stanno decelerando. Perché sono quasi a destinazione. Le prime astronavi furono mandate contro gli obiettivi più lontani, e le successive verso altri pianeti più vicini. Il nostro calcolo del tempo è stato abbastanza buono. Tutte quante arriveranno sul loro bersaglio con uno scarto di pochi mesi l’una dall’altra. Sfortunatamente i nostri mezzi bellici meno progrediti stanno per attaccare proprio il loro mondo d’origine. Tuttavia sono equipaggiati piuttosto bene… abbiamo alcune nuove armi che gli Scorpioni non hanno mai visto.
— Quando arriveranno?
— Entro i prossimi cinque anni, Ender. Tutto è già pronto al Comando F.I. L’ansible principale è là, in contatto con la nostra flotta d’invasione; le navi sono in pieno assetto di guerra. Tutto quello che ci manca, Ender, è un comandante in campo. Qualcuno che sappia cosa diavolo fare quando quelle astronavi dovranno entrare in azione.
— E se nessuno fosse all’altezza delle vostre aspettative?
— Faremmo del nostro meglio. Col miglior comandante che riusciremo a trovare.
Io, pensò Ender. Vogliono che io sia pronto in cinque anni. - Colonnello Graff, non c’è una sola possibilità che per allora io sia in grado di comandare una flotta.
Graff si strinse nelle spalle. — Tu fai del tuo meglio. Se non sarai pronto, useremo i comandanti che abbiamo.
Questo confuse i pensieri di Ender.
Ma solo per un momento. — Naturalmente, come avrai capito, fin’ora non ne abbiamo neppure uno.
Ender sapeva che quello era un altro dei giochetti di Graff. Convincimi che tutto dipende da me, così lascerò che tu mi tenga alla frusta, così ci darò dentro fino a spezzarmi la schiena.
Gioco o no, tuttavia, l’obiettivo era reale. E perciò lui avrebbe lavorato il più duramente possibile. Era a questo che Val aveva voluto spingerlo. Cinque anni. Soltanto cinque anni prima che la flotta arrivi là, e ancora non so niente di niente. - Avrò appena quindici anni — mormorò.
— Quasi sedici — disse Graff. — Tutto dipenderà dalle nozioni che avrai acquisito.
— Sa una cosa, colonnello? Mi piacerebbe tornare a nuotare in quel laghetto.
— Dopo che avremo vinto la guerra — disse Graff. — Oppure persa. In tal caso disporremo di qualche decina d’anni prima che arrivino a spazzarci via del tutto. Ma se la villa ci sarà ancora, ti prometto che potrai andare in zattera fino alla nausea.
— Ma sarò sempre troppo giovane per avere una qualifica di sicurezza.
— Ovvio, ma noi militari sappiamo come aggirare questi inconvenienti: vuol dire che le zattere che costruirai saranno top secret.
Entrambi risero, e Ender dovette ricordare a se stesso che Graff stava soltanto indossando l’abito dell’amico, e che tutte le sue azioni erano calcolate per trasformare lui in una macchina efficiente. Diventerò esattamente lo strumento che tu vuoi, disse dentro di sé, ma per lo meno non mi farete fesso. Andrò avanti perché questa è la mia scelta e non perché tu stai qui a manovrarmi, grosso bastardo d’un volpone.
Il rimorchiatore si fermò nell’orbita di Eros prima che Ender potesse vedere il planetoide. Fu il comandante a mostrarglielo su uno schermo collegato a un visore a infrarossi. Gli stavano praticamente accanto — a circa quattrocento chilometri — ma Eros, una montagna lunga ventiquattromila metri, non rifletteva che una minima frazione della luce solare e in parte sfuggiva anche al radar.
Il comandante attraccò a una delle tre piattaforme di sosta che orbitavano attorno a Eros. Quella era la distanza minima per il rimorchiatore, poiché sul planetoide c’erano impianti per la gravità artificiale e manovrare entro un campo di 0,5 G richiedeva agilità invece di potenza. L’uomo li salutò senza alcuna cordialità, ma questo non guastò il morale dei suoi due passeggeri: se al capitano seccava esser finito lì, Ender e Graff si sentivano come due galeotti all’uscita del penitenziario. Dopo che furono trasbordati sulla navetta che li avrebbe portati sulla superficie di Eros, risero di gusto ripensando al comandante e alla verbosità con cui Graff s’era impegnato solennemente a farlo raggiungere dalla moglie. L’uomo non aveva mostrato il minimo entusiasmo. E ancor meno entusiasta ne era stata la brunetta che lavorava sul rimorchiatore come ufficiale di rotta. Soltanto allora, girandosi a guardare fuori dal finestrino, Ender si rilassò abbastanza da dar voce a un’ultima domanda: