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— Ender, avresti dovuto chiedere aiuto a un adulto… — cominciò a dire suo padre.

Ma l’ufficiale si alzò e attraverso il soggiorno, quindi porse la mano al bambino. — Il mio nome è Graff, Ender. Colonnello Hyrum Graff. Sono il direttore dei corsi di addestramento alla Scuola di Guerra, nella Cintura. Sono venuto per invitarti a iscriverti alla Scuola.

Dopo tutto quel che era accaduto. — Ma il monitor…

— Il passo conclusivo nel tuo esame consisteva nel vedere come avresti reagito una volta privo del monitor. Non sempre facciamo a questo modo, ma nel tuo caso…

— E ho superato l’esame?

Sua madre lo fissava, incredula. — Dopo aver mandato il ragazzo Stilson all’ospedale? Che avreste fatto se Andrew l’avesse ucciso? Gli avreste dato una medaglia?

— Non è ciò che ha fatto, signora Wiggin. È il perché. — Il colonello Graff le porse una cartelletta piena di fogli. — Qui c’è l’autorizzazione al prelievo legalizzato: vostro figlio è stato ritenuto idoneo dal Dipartimento Selezioni della F.I. Naturalmente abbiamo già il vostro consenso legale, firmato prima che vi venisse data l’autorizzazione a concepire il bambino. Fin da allora, se giudicato idoneo, lui appartiene a noi.

Il signor Wiggin non riuscì a nascondere un tremito nella voce. — Non è stato bello da parte vostra lasciarci credere che non lo volevate, e poi venire qui a prelevarlo.

— E poteva risparmiarsi quella sceneggiata sul ragazzo Stilson — disse sua moglie.

— Non era una sceneggiata, signora Wiggins. Finché non sapevamo in base a quale motivazione Ender ha agito, come potevamo esser certi che non fosse un altro… be’, dovevamo conoscere la ragione del suo comportamento. O almeno, quella che Ender ritiene sia la ragione.

— Deve proprio chiamarlo anche lei con quello stupido nomignolo? — La donna cominciò a piangere.

— Chiedo scusa, signora Wiggins, ma è così che lui si fa chiamare.

— E adesso che intende fare, colonnello Graff? — disse il signor Wiggin. — Se ne va e lo porta via con sé, così sui due piedi?

— Questo dipende — disse Graff.

— Da cosa?

— Dal fatto che Ender voglia venire o no.

Fra le lacrime della donna ricomparve un sorriso. — Oh, ma allora l’accettazione è volontaria, dopotutto! È così?

— Per quanto riguarda voi, avete fatto la vostra scelta prima che il bambino fosse concepito. Ma Ender, personalmente, non ha fatto ancora nessuna scelta. L’arruolamento obbligatorio fornisce ottima carne da cannone, però al Corso Ufficiali possono accedere soltanto i volontari.

— Corso Ufficiali? — chiese Ender. Il tono della sua voce fece ammutolire i suoi genitori.

— Sì — disse Graff. — La Scuola di Guerra addestra i futuri comandanti di astronave, i commodori di squadriglia e gli ammiragli di flotta.

— Non gli faccia ballare questa carota davanti al naso — disse irosamente il signor Wiggin. — Quanti dei ragazzini entrati alla scuola di Guerra oggi sono al comando di un’astronave, eh?

— Sfortunatamente, signor Wiggin, questa è un’informazione riservata. Ma posso dirle che nessuno dei nostri ragazzi usciti dal primo anno di addestramento ha mai mancato di ottenere un incarico come ufficiale. E nessuno ha mai fatto servizio con grado inferiore a quello di capitano di vascello su una nave interplanetaria. Perfino nei servizi a terra nella Difesa Strategica del sistema solare gli ufficiali usciti dalla Scuola occupano posizioni di tutto rispetto.

— Quanti riescono a superare il primo anno? — chiese Ender.

— Tutti quelli che vogliono riuscirci — disse Graff.

Io lo voglio, fu sul punto di dire Ender. Ma tenne a freno la lingua. Questo gli avrebbe risparmiato di tornare a scuola, però il pensiero gli sembrò stupido, perché quel problema si sarebbe risolto comunque in pochi giorni. La cosa lo avrebbe allontanato da Peter… questo era più importante, questo poteva significare la vita stessa. Ma avrebbe dovuto lasciare mamma e papà, e soprattutto Valentine. E diventare un soldato. A Ender non piaceva combattere. Non gli piaceva farlo al modo di Peter, il forte contro il debole, e d’altronde neppure a modo suo, l’intelligente contro lo sciocco.

— Credo che adesso — disse Graff, — Ender e io dovremmo parlare un po’ in privato.

— No — disse il padre.

— Non lo porterò via senza darvi la possibilità di parlare ancora con lui — disse Graff. — Comunque non potete impedirmelo, sia chiaro.

Il signor Wiggin fissò Graff in silenzio per qualche istante, poi si volse e lasciò la stanza. La madre di Ender si fermò a stringergli forte una mano. Subito dopo uscì e chiuse la porta.

— Ender — cominciò Graff, — se vieni con me non potrai tornare qui per molto tempo. Alla Scuola di Guerra non ci sono vacanze. E non sono ammesse le visite. Il corso completo di addestramento durerà fino al tuo sedicesimo compleanno… e potrai godere del primo periodo di libera uscita, a certe condizioni, solo quando avrai dodici anni. Puoi credermi quando ti dico che in sei anni, in dieci anni, la gente cambia, Ender. Tua sorella Valentine sarà una donna il giorno in cui potrai rivederla di nuovo, se verrai con me. Sarete due sconosciuti. Tu le vorrai bene ugualmente, Ender, ma non la riconoscerai neppure. Come vedi, non ti sto dicendo che sarà facile.

— E mamma e papà?

— Io ti conosco, Ender. Assai spesso ho consultato le registrazioni su disco del tuo monitor. Non proverai nostalgia per i tuoi genitori, non molto, e non a lungo. E neppure loro sentiranno per troppo tempo la tua mancanza.

Malgrado ogni sforzo Ender si sentì salire le lacrime agli occhi. Distolse il viso, ma non volle alzare una mano ad asciugarsele.

— Essi ti amano, Ender. Però devi capire quel che sei costato loro. Sai bene che provengono da famiglie religiose. Tuo padre è stato battezzato col nome di John Paul Wieczorek. Cattolico. Il settimo di nove fratelli.

Nove figli. Questo era quasi incredibile. Criminale.

— Be’, sì, la gente fa strane cose per la religione. Tu conosci le sanzioni, Ender… a quei tempi non erano dure, ma neppure lievi. Soltanto i primi due figli avevano diritto all’istruzione gratuita. E per ogni figlio in più si pagavano tasse maggiori. A sedici anni tuo padre si appellò alla Legge sulle Famiglie Dissidenti per separarsi dalla sua famiglia. Cambiò nome, rinunciò alla religione, e fece voto di non avere mai più figli dei due ufficialmente consentiti. Era una cosa in cui credeva. Tutta la vergogna e le persecuzioni che aveva dovuto sopportare da bambino… giurò che questo non sarebbe mai accaduto a un figlio suo. Capisci?

— Lui non mi voleva.

— Be’, nessuno vuole veramente un Terzo. Non ci si può aspettare che sia felice. Ma tua madre e tuo padre erano casi speciali. Entrambi avevano rinunciato alla loro religione (tua madre era una mormone) ma in realtà avevano desideri un po’ ambigui. Sai che significa ambigui?

— Desideravano due cose opposte.

— Si vergognano di provenire da famiglie dissidenti. E cercano di nasconderlo, al punto che tua madre rifiuta di ammettere con chiunque di essere nativa dello Utah, perché nessuno sospetti la verità. Tuo padre rinnega i suoi antenati polacchi, perché la Polonia è una nazione dissidente e sotto sanzioni internazionali a causa di questo. Così vedi bene che avere un Terzo, anche in obbedienza a esplicite istruzioni del governo, distrusse tutto ciò che avevano cercato di costruire.

— Questo lo so.

— Ma la cosa è ancora più complicata. Tuo padre ha voluto darti il nome di uno dei santi del calendario. Anzi, è giunto al punto di battezzarvi lui stesso tutti e tre quando foste portati a casa dopo la nascita. E tua madre non era d’accordo. Ogni volta litigarono, e non perché lei fosse contraria al sacramento ma perché non voleva che foste battezzati come cattolici. Nessuno dei due ha veramente abbandonato la sua religione. Ti guardano e vedono in te un motivo di orgoglio, perché sono riusciti ad aggirare la legge e ad avere un Terzo. Ma tu sei anche un emblema della loro vigliaccheria, perché non osano andare ancora più in là e praticare la dissidenza che nel loro intimo continuano a ritenere giusta. E sei anche il simbolo della loro vergogna sociale, perché la tua stessa presenza interferisce con gli sforzi che fanno per essere integrati nella normale società non dissidente.

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