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Ender lo afferrò per il petto e lo spinse contro il muro. — Quando io dico che lavoro in un modo, Bean, allora quello è il modo in cui lavoro. Chiaro?

Bean si limitò a sorridere. Ender lo lasciò e si allontanò a lunghi passi. Quando fu nel suo alloggio si gettò disteso sul letto e strinse i denti, scosso da un tremito. Cosa sto facendo? Il mio primo addestramento con l’orda, e sto già soggiogando i ragazzi come faceva Bonzo. E Peter. Li sbatto di qua e di là. Prendo di mira un povero bambino per dare a tutti gli altri qualcosa da odiare. Le cose che più disprezzavo in un comandante; e io le sto facendo.

È una legge della natura umana che uno debba diventare uguale al primo uomo che ha avuto autorità su di lui? Posso lasciar perdere tutto fin d’ora, se è così.

Nella sua mente ripassarono più volte le cose che aveva detto e fatto in quella prima mattinata con la nuova orda. Perché non aveva parlato e agito come sempre faceva con i ragazzi del gruppo di allenamento serale? Nessuna autorità se non la capacità di eccellere. Nessuno aveva bisogno di dare ordini, soltanto suggerimenti. Ma questo non avrebbe funzionato, non con un’orda. Gli amici che si allenavano con lui non dovevano imparare a lavorare insieme. Non dovevano sviluppare l’istinto di gruppo, non dovevano imparare a vivere situazioni che in battaglia li avrebbero portati a sostenersi a vicenda, a confidare l’uno nell’altro. Non c’era bisogno che loro scattassero ai suoi comandi.

Avrebbe anche potuto andare all’estremo opposto, se avesse voluto: esibire lassismo e incompetenza come Rose de Nose. Fare errori stupidi e affidarsi a capibranco capaci di porvi rimedio… ma no. No, lui voleva le capacità formative della disciplina, e questo significava pretendere — e riuscire a ottenere — ubbidienza rapida e incondizionata. Lui voleva un’orda ben addestrata, e questo voleva dire far allenare i soldati duramente, finché avessero padroneggiato una tecnica al punto di averla a noia, finché gli fosse penetrata nelle cellule del corpo tanto da divenire un riflesso condizionato.

Ma cos’era che lo aveva spinto ad agire così con Bean? Perché aveva messo gli occhi proprio sul più piccolo, più debole, e forse anche il più brillante di quei ragazzi? Perché aveva fatto a Bean ciò che era stato fatto a lui da comandanti che disprezzava?

Poi ricordò che la cosa non era cominciata con i suoi comandanti. Prima che Rose e Bonzo lo trattassero in modo sprezzante, era stato Bernard a creare quella situazione. Era stato Graff.

Sì, l’insegnante aveva fatto questo. E non certo per sbaglio. Ender ora lo capiva chiaramente. Era stata una strategia. Graff lo aveva deliberatamente isolato dagli altri ragazzi, rendendogli impossibile legare con loro. E adesso cominciava a sospettarne i motivi. Non era stato per unire il resto del gruppo, anzi la cosa li aveva divisi. Graff lo aveva isolato per vedere come reggeva sotto il torchio, per spingerlo a dimostrare non che era soltanto capace, ma che era migliore di tutti gli altri. Perché non gli era restato altro modo di ottenere rispetto e amicizia. E lo aveva reso un soldato migliore di quel che altrimenti lui sarebbe diventato. Aveva anche fatto di lui un ragazzo solo, spaventato, irritato, sfiduciato. E forse perfino queste caratteristiche s’erano sommate per renderlo un soldato migliore.

Questo è ciò che sto facendo a te, Bean. Ti ferirò perché tu diventi capace di sopportare le ferite. Ti costringerò a stare all’erta contro di me per svegliare il tuo ingegno. Ti insegnerò ad abituarti alla tensione. Ti terrò sempre sbilanciato, mai sicuro di quel che sta per succederti, in modo che tu sia pronto a ogni cosa, pronto a improvvisare, e deciso a vincere ad ogni costo. E ti farò anche sentire un misero reietto. Ecco il motivo per cui ti hanno messo con me, Bean: perché tu possa essere come me. Perché tu cresca camminando sulle mie stesse orme.

Ed io… si suppone che io debba crescere come Graff? Grassoccio e triste e indifferente, manipolando le vite di ragazzini per farli uscire perfetti da questa fabbrica, ufficiali e generali capaci di condurre le astronavi a difesa della patria. Tu devi aver gustato il piacevole senso di potere del burattinaio, nel costruirli. Finché non ti sei trovato ad avere un soldato migliore di qualsiasi altro. Ma non puoi avere anche questo. Distruggerebbe la simmetria della tua opera. Devi rimetterlo in riga allora; o schiacciarlo, isolarlo e colpirlo finché lui non si rimetterà in fila con tutti gli altri.

Be’, quel che oggi ti ho fatto, Bean, l’ho fatto. Ma ti terrò d’occhio con più comprensione di quel che credi, e quando verrà il momento giusto scoprirai che sono stato tuo amico, e che tu sei il soldato che volevi essere.

Ender non andò in classe quel pomeriggio. Rimase disteso sul letto e mise per iscritto le sue impressioni su ognuno dei ragazzi dell’orda, le loro caratteristiche psicofisiche e i dettagli su cui questo o quello avrebbe dovuto lavorare di più. Agli allenamenti di quella sera avrebbe parlato con Alai, e insieme avrebbero studiato il modo di insegnare a un gruppo eterogeneo fino a portare i singoli allo stesso livello. Almeno in questa difficoltà non avrebbe dovuto agire da solo.

Ma quando quella sera arrivò in sala da battaglia, mentre quasi tutti erano ancora a mensa, trovò sulla porta il maggiore Anderson che lo aspettava. — Ci sono state alcune modifiche al regolamento, Ender. Da ora in poi soltanto membri della stessa orda potranno lavorare insieme nelle ore libere, e di conseguenza le sale di battaglia dovranno essere frequentate secondo orari programmati. Da oggi il tuo turno è ogni quattro giorni.

— Nessun altro sta facendo allenamenti extra.

— Li hanno in progetto, Ender. Ora che tu comandi un’altra orda, i tuoi colleghi non vogliono che i loro ragazzi ti frequentino. E mi sembra comprensibile, no? Così ognuno condurrà i suoi programmi di allenamento.

— Fin’ora ho pur sempre fatto parte di orde loro avversarie. E mi hanno ugualmente mandato soldati da addestrare.

— Ma non eri un comandante.

— Voi mi avete dato un’orda completamente grezza, maggiore Anderson, signore…

— Hai un certo numero di veterani.

— Non sono certo eccezionali.

— Nessuno viene qui alla Scuola se non ha grosse doti, Ender. Impara a renderli migliori.

— Ho bisogno di Alai e Shen per…

— È tempo che tu cresca e faccia le tue cose da solo, Ender. Non hai bisogno che questi altri ragazzi ti tengano la manina. Adesso sei un comandante. Perciò fammi il favore di agire di conseguenza.

Ender oltrepassò Anderson e proseguì verso la sala di battaglia. Poi si fermò. — Dato che anche gli allenamenti serali sono ora regolarmente programmati, potrò usare il radiogancio come in quelli normali?

Era un sorriso quello di Anderson? No. Neppure una minima probabilità che lo fosse. — Vedremo — fu la risposta.

Ender si volse e andò in sala di battaglia. Da lì a poco arrivò la sua orda; ma nessun altro si fece vedere, sia perché Anderson fosse rimasto fuori a intercettare chi stava arrivando, sia che già nella Scuola si fosse sparsa la voce che le serate informali sotto la direzione di Ender erano un capitolo chiuso.

Fu un allenamento fruttuoso e i ragazzi fecero qualche passo avanti, ma al termine Ender era sfinito e si sentiva solo. C’erano ancora trenta minuti prima dell’ora di andare a letto. Non voleva accompagnare l’orda in camerata; aveva imparato da tempo che i migliori comandanti se ne stavano lontani, a meno che non avessero una buona ragione per addentrarsi fra le brande. I ragazzi dovevano avere la possibilità di starsene in pace, di rilassarsi, senza nessuno che fosse lì a farsi un’opinione di loro dal modo in cui parlavano o agivano fuori orario.

Così andò a bighellonare in sala giochi, dove qualche altro ragazzo stava sfruttando l’ultima mezz’ora prima della campanella per fare una scommessa o battere un punteggio fatto in precedenza. Nessuna delle macchine lo attirava, ma fece ugualmente una partita su una di quelle disegnate più che altro per i principianti. Annoiato, ignorò gli obiettivi del gioco e fece uso della figura mobile, un orso, per esplorare lo scenario animato che il programma conteneva.

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