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— Sì — mormorò lei, restituendogli debolmente la stretta di mano.

— Io sono il colonnello Graff. Ci siamo già incontrati.

Già incontrati? Quando mai lei aveva avuto a che fare con la F.I.?

— Venni a parlare ai suoi genitori, privatamente, per suo fratello.

Oh, allora non è per me, pensò lei. Loro hanno Peter… ma cos’è successo? Che abbia fatto qualcosa di male? Credevo che avesse smesso di comportarsi bizzarramente. O forse…

— Valentine… posso chiamarla per nome, vero? Valentine, lei sembra spaventata. Non c’è alcun motivo di esserlo. Per favore, si sieda. Le assicuro che suo fratello sta bene. Ed è stato più che all’altezza delle nostre aspettative.

Soltanto allora, mentre la sua angoscia cominciava a sciogliersi, lesse negli occhi di Graff che era venuto lì per Ender. Ender. Non sarebbe stata interrogata e punita. La cosa riguardava Ender, il suo fratellino, che se n’era andato via ormai da tanto tempo, che non aveva più parte nei pensieri e nelle manovre di Peter. Sei stato tu il fortunato, Ender. Te ne sei andato prima che Peter potesse invischiarti nei suoi progetti.

— Cosa prova lei per suo fratello, Valentine?

— Per Ender?

— Naturalmente.

— Lei cosa pensa che provi? Non l’ho più visto né sentito da quando avevo otto anni.

— Dottor Lineberry, prego, vuole scusarci?

Seccato, Lineberry si avviò alla porta.

— Un momento, dottore. Ripensandoci, credo che la signorina Wiggin e io avremo una conversazione più produttiva se facciamo due passi. Fuori. Lontano dai dispositivi d’ascolto che il suo segretario si è affannato a piazzare in questa stanza.

Era la prima volta che Valentine vedeva il Preside Lineberry restare senza parole. Il colonnello Graff andò a staccare un quadro dal muro e strappò via una membrana fonosensibile con la relativa microspia.

— Economica ma efficiente — annuì Graff. — Inoltre ci sono i collegamenti col vostro computer, vero?

Lineberry girò dietro la sua scrivania, spense un interruttore mimetizzato e si lasciò cadere pesantemente in poltrona. Graff condusse fuori Valentine.

All’esterno si avviarono lungo il campo da football. I marines li seguirono discretamente a distanza, allargandosi intorno allo spazio erboso per tener d’occhio una zona il più ampia possibile.

— Valentine, abbiamo bisogno del suo aiuto. Per Ender.

— Che genere di aiuto?

— Non siamo sicuri neppure di questo. Vorremmo anzi che lei ci aiutasse a capire come potrebbe aiutarci.

— Be’, cosa c’è che non va?

— Questo è un altro lato dello stesso problema. Non lo sappiamo.

Valentine non poté impedirsi di scoppiare a ridere. — Io non l’ho visto una volta in tre anni! E voi l’avete tenuto sotto controllo per ogni secondo in tutto questo tempo!

— Valentine, farmi viaggiare avanti e indietro fra qui e la Scuola di Guerra costa al Governo più di quel che suo padre guadagna in una vita di lavoro. E io non viaggio per diporto.

— Il Re aveva fatto un sogno — disse Valentine, — ma se n’era dimenticato il contenuto, così disse ai suoi saggi che dovevano interpretare quel sogno, pena la morte. Soltanto Daniele vi riuscì, perché era un profeta.

— Lei legge la Bibbia?

— Non quest’anno. Stiamo studiando i classici della letteratura medievale. Comunque, io non sono un profeta.

— Vorrei poterle dire tutto sulla situazione di Ender, ma ci vorrebbero ore, forse giorni, e alla fine dovrei metterla in isolamento protettivo perché molto di questo è classificato strettamente confidenziale. Perciò vediamo cosa si può fare con le informazioni che posso darle, eh? Dunque, c’è una partita che i nostri studenti giocano con il computer della Scuola… — E proseguì, parlandole poi della Fine del Mondo, e della stanza chiusa, e della foto di Peter nello specchio.

— È stato il computer a mettere lì la foto, non Ender. Perché non lo domandate al computer?

— Il computer non lo sa.

— E si suppone che io lo sappia?

— Da quando Ender è con noi, questa è la seconda volta che la sua partita arriva a un punto morto. A una sfida che sembra senza sbocco.

— La prima l’ha risolta?

— Certo.

— Allora dategli tempo, e probabilmente risolverà anche questa.

— Non ne sono sicuro. Valentine, suo fratello è un ragazzo infelice.

— Perché?

— Non lo so.

— Lei non sa molte cose, le pare?

Per un momento Valentine pensò che l’uomo stesse per bestemmiare. Invece Graff decise di riderci sopra. — No, non molte. Valentine, perché suo fratello dovrebbe vedere Peter nello specchio?

— Non dovrebbe. È una cosa stupida.

— Stupida perché?

— Perché se qualcuno è l’opposto di Ender, questi è Peter.

— In che senso?

Valentine non riuscì a pensare una risposta che non contenesse elementi pericolosi. Spiegare troppo su Peter avrebbe potuto portare a conseguenze spiacevoli. Conosceva abbastanza la gente per sapere che nessuno avrebbe preso sul serio le sue ambizioni di dominio, e i suoi piani. Ma accennare alla sua personalità avrebbe potuto convincere quell’ufficiale a raccomandarlo per un trattamento psichiatrico.

— Lei si sta preparando a dirmi una bugia — osservò Graff.

— Io mi sto preparando a dirle che non posso dirle niente.

— E ha paura. Cos’è che la preoccupa?

— Non mi piace parlare dei miei familiari. Lasciamo la mia famiglia fuori da questa faccenda.

— Valentine, io voglio evitare di coinvolgere la sua famiglia. Sono venuto da lei per non dover sottoporre Peter a una batteria di test, e non seccare i vostri genitori con un interrogatorio. Sto cercando di risolvere il problema adesso con la persona che Ender ama di più, forse l’unica persona al mondo di cui si fida ciecamente. Se non riusciamo a farcela in questo modo temo che sequestreremo tutta la famiglia e i nostri psichiatri vi rivolteranno dentro e fuori. Questa non è una questione secondaria per noi, e non me ne andrò senza averla risolta.

L’unica persona che Ender amava e di cui si fidava. Valentine provò una cocente fitta di dolore, di rimorso, di vergogna al pensiero d’essere invece così vicina a Peter. Peter, che era diventato il centro della sua vita. Per te, Ender, accendo un focherello una volta all’anno. Per Peter e per i suoi sogni lavoro invece dalla mattina alla sera. - Non ho mai pensato che lei tenesse alla simpatia altrui. Non lo pensai quando venne a portar via Ender, e non m’illudo che ora sia cambiato.

— Non finga d’essere una fanciulletta ignorante. Io ho visto i risultati dei test fatti quando era bambina, e oggi come oggi non ci sono molti professori universitari che potrebbero starle alla pari.

— Ender e Peter si odiano l’un l’altro.

— Questo lo sapevo. Lei li ha definiti opposti. Perché?

— Peter… può essere tutto odio, a volte.

— È pericoloso, vuol dire?

— Meschino, voglio dire. Odiare significa compiere atti meschini.

— Valentine, per il bene di Ender, mi dica cosa può fare quando è in questo stato d’animo.

— Minaccia di uccidere questo o quello. Non che lo faccia, beninteso. Ma quando eravamo piccoli Ender e io avevamo paura di lui. Progettava espedienti per ucciderci. In realtà ce l’aveva soprattutto con Ender.

— Il monitor ci ha già informati di questo.

— Parte della responsabilità l’aveva il vostro monitor.

— Tutto qui? Mi dica qualcosa di più su Peter.

Valentine dovette dirgli dei compagni di classe in ogni scuola che Peter aveva frequentato. Non li colpiva mai fisicamente, ma sapeva ferirli in modo peggiore. Scopriva la cosa di cui si vergognavano di più e la faceva sapere alla persona di cui desideravano maggiormente il rispetto. Scopriva la cosa di cui avevano più paura, e faceva in modo che se la trovassero davanti di continuo.

— Si comportava a questo modo anche con Ender?

Valentine scosse il capo.

— Ne è sicura? Ender non aveva un punto debole? Una paura segreta, o qualcosa di cui si vergognava?

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