Va tutto bene, dice Amber. Ti spiegheremo dopo. Va tutto bene. Stai facendo grandi progressi.
Meglio andare adesso, dice il dottore. Tom e il dottore se ne vanno.
Prima di che?
Amber dispone un'altra fila di cose e dice Fa' anche tu così.
— Gliel'avevo detto che era troppo presto — disse la dottoressa Hendricks, una volta tornata con Tom in corridoio. — Gliel'avevo detto che non l'avrebbe riconosciuta.
Tom Fennell tornò a guardar dentro dalla finestra che permetteva di vedere senza essere visti. Lou… o la cosa che era stata Lou… sorrideva alla terapista che stava lavorando con lui e prendeva un blocchetto da aggiungere allo schema che andava copiando. Dolore e rabbia invasero Tom nel ricordare lo sguardo vacuo, il sorriso privo di significato che aveva accompagnato il suo "Ciao, Tom".
— Per ora lo confonderemmo se solo cercassimo di spiegargli tutto — disse la Hendricks.
Tom ritrovò la voce, anche se non sembrava la sua. — Voi dottori… ma avete la benché minima idea di quello che avete fatto? — Si teneva immobile con uno sforzo enorme. Avrebbe voluto strangolare la persona che aveva distrutto il suo amico.
— Certo. Lui sta facendo davvero dei grandi progressi. — La dottoressa Hendricks pareva indecentemente fiera di se stessa. — La settimana scorsa non era in grado di fare ciò che sta facendo adesso.
Progressi, eh? Star seduto lì a copiare la disposizione di una fila di blocchetti, secondo Tom, non si poteva definire esattamente "fare grandi progressi". Non quando lui ricordava con tanta chiarezza le sbalorditive capacità di Lou. — Ma… ma l'analisi e la creazione di schemi erano un suo dono speciale…
— Ci sono stati cambiamenti profondi nella struttura del suo cervello — disse la dottoressa. — Altri cambiamenti si stanno ancora verificando. È come se il suo cervello fosse tornato indietro in età… in un certo senso come se fosse ridiventato il cervello di un bambino. Grande plasticità, grande capacità di adattamento.
Il tono compiaciuto di lei lo urtava. Era evidente che la donna non aveva dubbi sulla giustezza di ciò che aveva fatto. — Quanto tempo ci vorrà perché maturi? — domandò.
La dottoressa Hendricks non si strinse nelle spalle, ma fu come se lo avesse fatto. — Non lo sappiamo. Pensavamo… dovrei piuttosto dire avevamo la speranza… che con la combinazione di tecnologia genetica e nanotecnologia, più l'accelerazione della crescita neurale, la fase di riabilitazione sarebbe stata più breve, più somigliante a quella constatata nel trattamento somministrato agli animali. D'altra parte il cervello umano è incommensurabilmente più complesso…
— Questo avreste dovuto saperlo fin dal principio! — A Tom non importava che il suo tono fosse di accusa. Si chiese come stessero gli altri, cercò di ricordare quanti ce n'erano stati. Nella stanza aveva visto solo altri due uomini che lavoravano con i loro terapisti. Gli altri stavano bene o no? Non sapeva neanche come si chiamassero.
— È vero. — L'ammissione della dottoressa lo irritò ancor di più.
— Cosa stavate pensando…
— Di aiutare. Stavamo pensando solo di aiutare. Guardi… — Indicò la finestra e Tom guardò.
L'uomo con la faccia di Lou… ma non con la sua espressione… completò il suo schema e alzò gli occhi con un sorriso alla terapista che gli sedeva davanti. Lei parlò… Tom non poté sentire le parole attraverso il vetro, ma poté vedere la reazione di Lou, una risata allegra e uno scuotere la testa appena abbozzato. Un gesto così incongruo da parte di Lou, così stranamente normale che a Tom si mozzò il fiato.
— I suoi rapporti sociali sono già più normali. Il paziente è facilmente motivato da segnali sociali, gli piace stare in compagnia. Sta sviluppando una personalità davvero affascinante, benché a questo punto sia ancora infantile. Si stanno normalizzando anche le sue elaborazioni degli stimoli sensoriali: l'estensione delle sue preferenze quanto a temperature, strutture, sapori eccetera è adesso entro limiti normali. Il suo uso del linguaggio è ogni giorno migliore. Man mano che le sue funzioni si ristabiliscono noi andiamo abbassando le dosi di ansiolitici.
— Ma i suoi ricordi…
— Ancora su questo non si può dir niente. La nostra esperienza nel restituire i ricordi perduti alla popolazione psicotica suggerisce che le due tecniche che usiamo sono efficaci… fino a un certo punto. Abbiamo effettuato registrazioni multisensoriali, capisce, e queste verranno reinserite. Per ora ne abbiamo bloccato l'accesso con un agente biochimico specifico… è brevettato, perciò non mi chieda nemmeno di che si tratta… che filtreremo via nelle prossime settimane. Vogliamo avere la sicurezza di poter contare su un substrato di elaborazione e integrazione sensoriale completamente solido prima di far questo.
— Così lei non sa se sarà in grado di restituirgli la sua vita passata?
— No, ma nutriamo delle speranze. E dopo tutto il paziente non starà peggio di chi perde la memoria a causa di un trauma. — Quello che avevano fatto a Lou si poteva davvero chiamare trauma, pensò Tom. La dottoressa Hendricks continuò: — Dopo tutto una persona può adattarsi e vivere la propria vita anche senza memoria del proprio passato, purché riesca a riacquistare le facoltà che gli permettono di funzionare indipendentemente e di relazionarsi alla società.
— Cosa mi dice delle sue capacità cognitive? — riuscì a dire Tom con voce quasi calma. — Mi sembrano molto compromesse in questo momento, e Lou prima possedeva un'intelligenza quasi geniale.
— Questo proprio non lo credo — disse la dottoressa. — Secondo i nostri test aveva in effetti un'intelligenza al di sopra della media, quindi anche se dovesse perdere dieci o venti punti non vedrebbe messe in pericolo le sue possibilità di condurre una vita indipendente. Però il paziente non era un genio, assolutamente no. — La sicurezza sussiegosa della sua voce, quel gelido deprezzamento del Lou che Tom aveva conosciuto gli sembrarono peggiori di una crudeltà deliberata.
— Lei lo conosceva prima? Conosceva qualcuno di loro? — domandò.
— No, naturalmente no. Li ho incontrati una volta, ma non sarebbe stato opportuno da parte mia conoscerli personalmente. Ho però i risultati dei loro test, e le interviste e le registrazioni dei ricordi sono tuttora in possesso dell'equipe psichiatrica della riabilitazione.
— Era un uomo straordinario — disse Tom. Guardò il volto della donna e non ci vide altro che orgoglio di quanto stava facendo e impazienza per essere stata interrotta. — Spero che tornerà a esserlo.
— Per lo meno non sarà autistico — concluse lei, come se questo giustificasse ogni cosa.
Tom stava per dire che l'autismo dopo tutto non era la cosa peggiore del mondo, ma tacque. Era inutile discutere con una persona come la dottoressa, almeno non lì e non in quel momento, e comunque ormai per Lou era troppo tardi. Quella donna rappresentava per Lou la migliore speranza di recupero… il pensiero gli provocò un brivido involontario.
— Lei dovrebbe tornare quando il paziente starà meglio — disse ancora la dottoressa Hendricks. — Allora potrà apprezzare al suo giusto valore il lavoro che abbiamo realizzato. La chiameremo. — Lo stomaco di Tom si sollevò a quell'idea, ma lo doveva a Lou.
Fuori, Tom si chiuse il cappotto e infilò i guanti. Lou sapeva che era inverno? Nell'ala riservata a lui e ai suoi compagni Tom non aveva visto finestre che si affacciassero all'esterno. Quel pomeriggio grigio che si avviava all'imbrunire, con il cielo chiuso e le strade coperte di fanghiglia sudicia, si intonava al suo umore.
Maledisse la ricerca medica per tutta la strada fino a casa.
Sono seduto a un tavolo e davanti a me c'è un'estranea, una donna in camice bianco. Ho l'impressione di essere stato qui molto a lungo, ma non so perché. È come pensare a qualche altra cosa quando guidi e di colpo trovarti a una ventina di chilometri di distanza senza sapere per dove sei passato.