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— Don… — dice Tom, ma Don continua.

— … e quando qualcuno si butta alla carica non dovresti lasciarti sorprendere…

— Don, Lou ha vinto. Ed è stato molto bravo, perciò smettila. — Tom ha la fronte aggrottata.

— Sì, sì, lo so che ha vinto, ha avuto fortuna al primo incontro, ma se vuol continuare a vincere…

— Don, va' a prenderci qualcosa da bere. — Adesso Tom sembra irritato.

Don batte le palpebre, stupito, tuttavia prende i soldi che Tom gli porge. — Oh… va bene. Torno subito.

Non mi sento più leggero, ma pesantissimo. Ho fatto troppi errori.

Tom mi sorride. — Lou, il tuo è stato uno dei migliori primi combattimenti che io abbia mai visti — dice. Credo voglia farmi dimenticare ciò che ha detto Don, ma io lo ricordo. Don è mio amico e stava cercando di aiutarmi.

— Io… non ho fatto quello che tu mi avevi detto di fare. Mi avevi detto di attaccare subito…

— Quello che hai fatto ha funzionato: questa è l'unità di misura qui.

— Sì, ma se avessi fatto ciò che mi avevi consigliato…

— Lou, stammi a sentire. Sei stato molto, molto bravo. Perciò hai vinto. E se il tuo avversario avesse accusato i colpi ricevuti onestamente, avresti vinto molto prima.

— Ma Don ha detto…

Tom scuote la testa. — Dimentica quello che ha detto Don. La prima volta che Don partecipò a un torneo, perse la testa al primo incontro. Completamente. Poi si afflisse tanto per aver perso che non combinò più nulla per tutto il resto del torneo, non partecipò nemmeno al girone di ritorno per i perdenti…

— Bene, grazie tante! — esclama Don. È ritornato con tre barattoli di acqua minerale; ne lascia cadere a terra due. — Credevo che ci tenessi davvero a non urtare i sentimenti altrui… — Se ne va con il terzo barattolo. Vedo che è molto arrabbiato.

Tom sospira. — Be'… peccato. Ma non ti preoccupare, Lou. Sei stato bravo. Probabilmente oggi non vincerai… i novellini non vincono mai, tuttavia hai dimostrato padronanza di te stesso e notevole abilità, e io sono fiero che tu faccia parte del nostro gruppo.

— Don però è andato in collera — dico, seguendo con gli occhi Don che si allontana. Penso che Tom non avrebbe dovuto parlarmi in quel modo del suo primo torneo. Tom raccoglie i barattoli e me ne offre uno. Beviamo.

— Sì, ma Don… è Don — dice Tom. — È una cosa che fa sempre, l'hai visto. — Non sono certo di sapere quello che Tom vuol dire: che Don parla alla gente degli errori che ha commessi o che va in collera facilmente?

— Io credo che lui stia cercando di essermi amico e di aiutarmi — rispondo. — Anche se a lui piace Marjory, e piace anche a me. Don probabilmente vorrebbe piacerle, mentre lei pensa che lui sia una vipera.

A Tom l'acqua va di traverso e lo fa tossire. Quando si è ripreso chiede: — A te piace Marjory? Nel senso che ti è simpatica o qualcosa di più?

— Mi piace moltissimo — dico. — Vorrei… — Ma non posso dire a voce alta ciò che vorrei.

— Marjory ha avuto una brutta esperienza con un uomo che somigliava a Don — spiega Tom. — Don spesso si comporta come si comportava lui e naturalmente a Marjory questo non va. È naturale perciò che preferisca te.

— Marjory mi ha raccontato che una volta Don ha detto qualcosa di poco gentile su di me.

— E questo ti ha irritato? — domanda Tom.

— No… a volte le persone parlano così perché non capiscono. I miei genitori me lo dicevano sempre. Io credo che Don spesso non capisca.

Tom beve un lungo sorso della sua acqua. Sulla pedana è cominciato un altro incontro; noi ci allontaniamo. — Quello che dobbiamo fare adesso — dice Tom — è andare a far registrare la tua vittoria. Poi dovrai prepararti per il prossimo incontro.

All'idea del prossimo incontro mi rendo conto di essere stanco e di sentire i lividi dove il mio avversario mi ha colpito. Vorrei andare a casa e ripensare a tutto ciò che è accaduto, ma c'è ancora da combattere e Tom vuole che io rimanga e finisca il torneo.

7

Mi sto battendo contro il mio secondo avversario. Questo secondo incontro è tutto diverso dal primo, perché non è a sorpresa. L'uomo prima portava un cappello simile a una pizza con piume; adesso porta una maschera che sul davanti è trasparente invece di avere un reticolato metallico. Quel tipo di maschera costa molto. Tom mi ha detto che il mio avversario è molto bravo ma onesto: riconoscerà sempre i colpi ricevuti. Vedo chiaramente la sua espressione: sembra quasi sonnolento, ha le palpebre calate sugli occhi azzurri.

L'arbitro lascia cadere il fazzoletto; il mio avversario mi sferra un assalto fulmineo e sento il suo tocco sulla spalla. Alzo una mano. L'espressione sonnolenta dell'uomo non significa che sia lento. Vorrei chiedere a Tom cosa fare, ma devo rimanere concentrato sul combattimento.

Questa volta ci giriamo intorno. La spada dell'uomo balza in avanti così rapida che sembra sparire… poi ricompare toccandomi il petto. Non so come faccia il mio avversario a muoversi così in fretta; io mi sento rigido e goffo. Ancora un altro tocco e perderò l'incontro. Mi lancio all'attacco e sento la mia spada contro la sua: ho parato con successo stavolta. Ancora e ancora… e infine avvento una stoccata e la mano mi dice che ho toccato. Subito l'uomo fa un passo indietro e alza una mano. — Sì — dice. Lo guardo: sta sorridendo. Non ce l'ha con me perché l'ho toccato.

Di nuovo ci giriamo intorno, in una girandola di attacchi e parate. Comincio a distinguere il suo schema, che è rapidissimo ma comprensibile. Lui però mi tocca per la terza volta prima che io possa mettere a profitto la mia scoperta.

— Grazie — mi dice l'uomo. — È stato un bel combattimento.

— Hai fatto un bel lavoro, Lou — dice Tom. — Probabilmente lui vincerà il torneo: lo vince quasi sempre.

— L'ho toccato una volta — dico.

— Sì, un bel colpo. E sei andato vicino a toccarlo diverse volte.

— Abbiamo finito ora? — chiedo.

— No — risponde Tom. — Hai perso solo un incontro, perciò adesso sei nel girone di quelli che hanno vinto una volta e dovrai sostenere almeno un altro incontro. Ti senti a posto?

— Sì — dico. Mi manca un po' il fiato e sono stanco del rumore e del movimento, però non ho più tanta voglia di andare a casa come prima.

— Vuoi mangiare qualcosa? — chiede Tom.

Scuoto la testa. Vorrei trovare un posto tranquillo dove sedere.

Tom mi guida attraverso la calca. Diverse persone che non conosco mi stringono la mano o mi danno colpetti sulla spalla e dicono: — Sei stato bravo! — Io vorrei che non mi toccassero, ma so che lo fanno amichevolmente.

Lucia siede sotto un albero con una donna che non ho mai visto. Batte una mano a terra e io so che significa "siedi qui". Mi siedo.

— Gunther ha vinto, ma Lou lo ha toccato una volta — dice Tom.

La donna sconosciuta batte le mani. — Benone! — esclama. — Praticamente nessuno riesce a toccare Gunther al primo combattimento.

La donna è più alta e più grossa di Lucia; porta un costume di fantasia con la gonna lunga. Tiene nelle mani un piccolo telaio e le sue dita vanno avanti e indietro. Sta tessendo una stretta striscia di tessuto con un disegno geometrico in bianco e marrone. Lo schema è semplice ma io non avevo mai visto nessuno tessere, e così la guardo con attenzione finché non ho capito come fa la donna a lavorare quel disegno.

— Tom mi ha detto di Don — dice Lucia lanciandomi un'occhiata. Rabbrividisco. Non voglio ricordare quanto era in collera. — Tutto bene? — domanda.

— Tutto bene — rispondo.

— Don il superuomo? — domanda l'altra donna a Lucia.

Lucia fa una smorfia. — Già. Si comporta davvero come un cretino, a volte.

— Cos'ha combinato di nuovo?

Lucia mi guarda. — Oh… niente di nuovo. Ha parlato a vanvera come al solito.

Sono lieto che lei non abbia spiegato. Non credo che Don sia cattivo come deve averlo definito Tom. Mi sento infelice all'idea che Tom sia ingiusto con qualcuno.

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