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Tom ritorna e mi dice che ho un altro incontro alle 13.45. — Ti batterai con un altro novellino — aggiunge. — Ha perso il suo incontro questa mattina presto. Tu dovresti mangiare qualcosa. — Mi tende un panino imbottito di carne. Ha un buon profumo e io ho fame. Ne assaggio un boccone e il sapore mi piace, perciò lo mangio tutto.

Nel terzo incontro, il mio avversario è tutto vestito di nero con guarnizioni rosse e porta anche lui una di quelle maschere col davanti trasparente. Non si muove bene: è lento e non conclude mai un assalto. Agita la spada avanti e indietro senza mai avvicinarsi. Lo tocco una volta e lui non lo riconosce; lo tocco una seconda volta più duramente e stavolta lo riconosce. Dalla sua espressione si vede che è preoccupato e irritato. Io mi sento piuttosto stanco, ma so che posso vincere se voglio.

Non è bello far andare in collera la gente, però mi piacerebbe vincere. Gli giro intorno e lui reagisce con troppa lentezza. Lo tocco un'altra volta. Vedo che ha la bocca semiaperta e la fronte aggrottata. Non è bello far sì che la gente si senta stupida. Rallento di parecchio, ma lui non ne approfitta. Il suo schema di combattimento è molto semplice, come se avesse imparato solo due parate e due attacchi. Però è noioso star qui a scambiarsi colpi senza costrutto. Siccome lui non cerca nemmeno di combinare qualcosa, io esco in tempo da una delle sue deboli parate e vado a fondo. Toccato. L'uomo diventa rosso in faccia e dice un sacco di brutte parole. So che dovrei stringergli la mano e ringraziarlo, ma lui se n'è già andato. L'arbitro si stringe nelle spalle.

— Bravo — dice Tom. — Ho visto che rallentavi per offrirgli una possibilità… peccato che l'idiota non sapesse cosa farsene. Adesso capisci perché non mi va che i miei studenti partecipino ai tornei troppo presto. Quello non era pronto.

Non era pronto davvero.

Quando vado a far convalidare la mia vittoria vedo che ora faccio parte di un gruppo che ha un record di 2:1. Solo otto non hanno subito alcuna sconfitta. Adesso mi sento molto stanco, ma non voglio deludere Tom e perciò non mi ritiro. Il mio nuovo incontro avviene quasi subito, con una donna alta e bruna, che porta un semplice costume azzurro cupo e una maschera con il frontale di rete. Attacca immediatamente e dopo pochi colpi il primo tocco è suo. Io tocco a mia volta, poi lei, poi di nuovo io. Il suo schema di combattimento non è facile da scoprire. Sento gli spettatori commentare che il nostro è un bel combattimento. Mi sento di nuovo leggero e felice. Poi avverto il tocco della donna sul petto e l'incontro è finito. Non me ne dispiace: sono proprio stanco e sudato.

— Buon combattimento! — dice lei, e mi stringe il braccio.

— Grazie — rispondo.

Tom è contento di me, lo vedo da come sorride. C'è anche Lucia: non mi ero accorto che era venuta a vedermi. I due si tengono a braccetto e io mi sento ancora più contento. — Vediamo a che punto della classifica ti trovi adesso — dice lui.

— Classifica?

— Tutti gli schermidori sono classificati a seconda dei risultati ottenuti — mi spiega. — I novellini hanno una classifica a parte. Credo che tu abbia conseguito un buon punteggio. Ci sarà ancora qualche altro incontro, ma penso che i novellini ormai abbiano finito tutti.

Questo non lo sapevo. Sul cartellone il mio nome è al diciannovesimo posto, ma nell'angolo in basso a destra, dove c'è l'elenco di quelli che hanno gareggiato per la prima volta, il mio nome è al primo posto. — Lo sapevo! — dice Tom. — Claudia… — Una delle donne intente a scrivere nomi sul cartellone si volta. — I novellini hanno finito tutti?

— Sì… è questo Lou Arrendale? — chiede guardandomi.

— Sì — rispondo. — Sono Lou Arrendale.

— Per un principiante lei è stato davvero bravo — si complimenta.

— Grazie — rispondo.

— Ecco la sua medaglia — dice lei aprendo un cassetto e tirando fuori un sacchettino di pelle con qualcosa dentro. — Oppure può aspettare e riceverla alla cerimonia della premiazione. — Non sapevo che avrei ricevuto una medaglia: credevo ne ricevesse una solo la persona che avesse vinto tutti gli incontri.

— Purtroppo dobbiamo ripartire — dice Tom.

— Allora… eccola qui. — Mi consegna il sacchetto, che mi sembra di pelle autentica. — E buona fortuna per la prossima volta.

— Grazie — dico.

Non so se deve aprire il sacchetto, ma Tom dice: — Vediamo… — e allora tiro fuori la medaglia. È un pezzo di metallo rotondo con una spada in rilievo e un buco accanto all'orlo. La ripongo nel sacchetto.

Durante la strada verso casa ricostruisco ciascun incontro nella mia mente. Posso ricordarli in ogni dettaglio e riesco perfino a rivederli al rallentatore, specialmente quello con Gunther, così la prossima volta (mi sorprende sapere che ci sarà una prossima volta e che desidero ripetere ancora quell'esperienza) potrò far meglio contro di lui.

Comincio a capire perché Tom pensava che partecipare al torneo mi avrebbe fatto bene, in caso dovessi affrontare il signor Crenshaw. Sono andato in un posto dove nessuno mi conosceva e ho gareggiato come una persona normale. Non c'era bisogno che vincessi il torneo per rendermi conto di aver ottenuto un buon risultato.

Appena a casa, mi tolgo gli abiti che Lucia mi ha prestato: sono bagnati di sudore. Lei mi ha detto di non lavarli, perché hanno bisogno di un trattamento speciale; devo invece appenderli ad asciugare e riportarli da loro mercoledì, quando andrò di nuovo a lezione. Non mi piace l'odore che hanno, preferirei ridarli indietro stasera o domani, ma Lucia ha detto mercoledì. Così li appendo allo schienale del divano in salotto e vado a fare la doccia.

L'acqua calda mi è particolarmente gradita. Ho addosso qualche segno blu: lividi lasciati da qualcuno dei colpi che ho subito. Dopo indosso la tuta più morbida che ho. Ho un gran sonno, ma prima devo vedere se i miei compagni mi hanno mandato qualche notizia della loro riunione.

Ho ricevuto e-mail sia da Cameron che da Bailey. Cameron dice che hanno parlato ma non hanno preso nessuna decisione. Bailey dice che alla riunione hanno partecipato tutti tranne me e Linda, e che hanno chiesto a uno dei consulenti del Centro quali fossero le regole sulla sperimentazione umana. Il consulente se ne informerà.

Vado a letto presto.

Lunedì e martedì non abbiamo ulteriori notizie dal signor Crenshaw o dall'azienda. Forse quelli che dovrebbero somministrare il trattamento non sono pronti a provarlo sugli esseri umani, o forse il signor Crenshaw non è ancora riuscito a persuaderli. Vorrei saperne di più: mi sento come mi sentivo al torneo prima che iniziasse il primo incontro. La non conoscenza decisamente sembra più rapida della conoscenza.

Vado a rileggere l'articolo di giornale che mi hanno mandato per e-mail, ma continuo a non capire la maggior parte dei termini tecnici. Anche cercandone la definizione, non capisco quali effetti abbia il trattamento e come faccia a ottenerli. Dopo tutto non sono obbligato a comprendere certi argomenti, non rientrano nel mio campo.

Ma qui si tratta del mio cervello e della mia vita, perciò voglio capire. Quando cominciai a tirare di scherma, non capivo nemmeno quella. Non sapevo perché dovessi tenere il fioretto in un certo modo o perché dovessi disporre i piedi in maniera che formassero un angolo retto; non conoscevo nessuno dei termini tecnici, non sapevo come si eseguivano le mosse. Non mi aspettavo di diventare un bravo schermidore, pensavo che il mio autismo me lo avrebbe impedito, e da principio è stato proprio così. Adesso invece ho partecipato a un torneo e mi sono battuto contro persone normali. Non ho vinto, ma sono stato il più bravo tra i principianti.

Forse anche a proposito del cervello posso imparare più di quel che conosco adesso. Non so se ne avrò il tempo, ma ci proverò.

Mercoledì riporto il costume a Lucia. Lei lo prende e io vado nella stanza dove si trovano i nostri equipaggiamenti. Tom è già in cortile e io lo raggiungo. Fa freddo ma non c'è un alito di vento. Tom sta facendo gli stiramenti e io lo imito. Domenica e lunedì ero tutto irrigidito, ma adesso mi sono sciolto e uno solo dei lividi fa ancora male.

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