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Chiedermi se desidero essere guarito è come chiedermi se voglio farmi piacere le acciughe. Non riesco a immaginare cosa significherebbe per me amare le acciughe, quale gusto sentirei ad averle in bocca. Gente che ama le acciughe mi dice che hanno un gusto gradevole; gente normale mi dice che essere normale dà una bella sensazione. Ma non possono descrivere quel gusto e quella sensazione in un modo che abbia senso per me.

Ho davvero bisogno di essere guarito? A chi faccio male se non sarò guarito? A me, però solo se mi sentissi a disagio essendo quello che sono, mentre io non mi sento a disagio tranne quando gli altri dicono che non sono uno di loro, che non sono normale. Si suppone che agli autistici non importi ciò che gli altri pensano di loro, ma non è vero. A me importa, e mi ferisce che la gente provi antipatia per me perché sono autistico.

Perfino i fuggiaschi che scappano con null'altro che gli abiti che hanno indosso non perdono i loro ricordi. Possono essere confusi e spaventati, ma hanno sempre se stessi come termine di paragone. Forse non assaggeranno mai più i cibi che amavano, ma possono ricordare quanto erano buoni. Forse non rivedranno mai più la terra che conoscevano, ma possono ricordare di averci vissuto. Possono giudicare se la loro vita è migliore o peggiore paragonandola con le proprie memorie.

Io vorrei sapere se Cameron ricorda il Cameron che era, se pensa che la terra dove ha messo piede è migliore di quella che ha lasciato.

Questo pomeriggio avremo di nuovo una riunione per discutere gli effetti del trattamento. Chiederò chiarimenti su questo.

Guardo l'orologio. Sono le 10.37.18 e finora non ho combinato niente. Ma non voglio portare a termine il progetto al quale sto lavorando. È il progetto di un venditore di acciughe e non il mio.

19

Il signor Aldrin viene nel nostro edificio. Bussa alla mia porta e dice: — Per favore, esci. Voglio parlare a tutti voi nella palestra. — Il mio stomaco si annoda. Lo sento bussare alle altre porte. Escono tutti, Linda e Bailey e Chuy ed Eric e gli altri, e ci dirigiamo verso la palestra con facce contratte dall'inquietudine. La palestra è abbastanza grande da contenerci tutti. Forse vogliono che cominciamo subito il trattamento? A prescindere da quanto possiamo decidere?

— La questione è complicata — inizia il signor Aldrin. — Ci penseranno altri a spiegarvela più dettagliatamente, ma io tengo a dirvi una cosa adesso, subito. — Ha l'aria eccitata e non tanto triste come era pochi giorni fa. — Ricordate quando dissi che pensavo fosse sbagliato da parte loro cercare di costringervi a sottoporvi al trattamento? Quando vi chiamai al telefono?

Lo ricordo, e ricordo anche che lui non fece niente per aiutarci e più tardi ci disse che avremmo dovuto acconsentire per il nostro bene.

— La compagnia ha deciso che il signor Crenshaw non ha agito bene — dice il signor Aldrin. — Perciò vuole sappiate che non ci sono minacce al vostro lavoro, qualunque sia la decisione che prenderete. Potrete rimanere come siete e lavorare qui con le stesse misure di sostegno che avete ora.

Devo chiudere gli occhi: è troppo, non riesco a sopportarlo. Contro il buio delle palpebre si formano sagome multicolori, luccicanti di gioia. Non sarò obbligato a farlo. E se la compagnia ha deciso di rinunciare al trattamento, non dovrò neanche decidere se lo desidero o no.

— E Cameron? — domanda Bailey.

Il signor Aldrin scuote la testa. — Mi dicono che ha già iniziato il trattamento — dice. — Non credo che si possa interrompere a questo punto. Ma verrà risarcito in pieno…

Questa è una grossa sciocchezza. Come si può risarcire qualcuno al quale avete cambiato il cervello?

— Per quanto riguarda il resto di voi — dice il signor Aldrin — se volete sottoporvi al trattamento, la compagnia ve lo fornirà come aveva promesso.

Non era stato promesso, ma minacciato; però non lo dico.

— Non perderete nulla quanto a stipendio e anzianità di servizio durante la durata del trattamento e successiva riabilitazione.

— Quindi sarà volontario? Interamente volontario? — chiede Linda senza alzare gli occhi.

— Interamente, sì.

— Non capisco per quale ragione il signor Crenshaw abbia cambiato parere — dice lei.

— Non è stato proprio lui a cambiare parere — spiega Aldrin. — Altre persone… al di sopra di lui… hanno deciso che il signor Crenshaw ha commesso uno sbaglio.

— Cosa gli accadrà ora? — domanda Dale.

— Non lo so — dice il signor Aldrin. — Io non devo parlare con nessuno di quanto può accadere, e nemmeno lo so, quanto a questo.

Io penso che se il signor Crenshaw continuerà a lavorare per la compagnia troverà un altro modo per procurarci fastidi. Perché se la compagnia può invertire la sua politica fino a questo punto in un senso, con un dirigente diverso potrà invertirla di nuovo nel senso opposto, proprio come un'automobile che può andare in qualsiasi direzione a seconda di chi la guida.

— Al vostro incontro di questo pomeriggio con l'équipe medica assisteranno anche rappresentanti del nostro ufficio legale e del Patrocinio gratuito che è emanazione del vostro Centro — dice il signor Aldrin. — Probabilmente anche qualche altra persona. Tuttavia voi non dovrete prendere alcuna decisione immediata. — Di colpo sorride, un sorriso completo che investe bocca, occhi, guance e fronte. Tutte le linee del suo viso dimostrano che in questo momento lui è davvero contento e rilassato. — Adesso sono tranquillo — dice. — E sono felice per voi.

Questa è un'altra espressione che non ha senso. Nessuno può provare un sentimento al posto della persona che lo prova. Il signor Aldrin non può essere felice per me; sono io che devo essere felice per me, altrimenti il sentimento non può essere reale. A meno che luì non voglia dire che è felice perché pensa che noi saremo contenti di non essere costretti a sottoporci al trattamento; e allora "sono felice per voi" significa "sono felice perché adesso le circostanze sono a vostro favore".

Il cercapersone del signor Aldrin squilla e lui si scusa ed esce. Un momento dopo affaccia la testa alla porta della palestra e dice: — Devo andare. Ci vediamo questo pomeriggio.

La riunione è stata trasferita in una sala più grande. Il signor Aldrin è sulla porta quando arriviamo, e altri uomini e donne ben vestiti sono già nella sala e si aggirano intorno al tavolo. Anche qui ci sono alle pareti pannelli di legno, ma autentico, e una moquette verde sul pavimento. Le sedie sono dello stesso tipo, ma la stoffa delle imbottiture è color oro opaco a disegni verdi simili a piccole margherite. Sul davanti c'è un grande tavolo con gruppi di sedie alle due estremità, e sulla parete di fondo c'è un immenso schermo. Sul tavolo ci sono due pile di cartelle. Una ne contiene cinque e l'altra quante bastano perché ognuno di noi ne abbia una.

Come prima noi ci sediamo e gli altri seguono lentamente il nostro esempio. Il dottor Ransome lo conosco; il dottor Handsel non è qui. C'è invece un altro dottore, una donna piuttosto anziana; porta una targhetta con scritto il suo nome, L. HENDRICKS. È lei a parlare per prima. Ci dice che si chiama Hendricks, che è a capo del gruppo di ricerca e che desidera avere solo soggetti volontari. Poi siede. Si alza un uomo in abito scuro e ci dice che il suo nome è Godfrey Arakeen, avvocato, che fa parte della divisione legale della compagnia e che non dobbiamo preoccuparci di niente.

Io ancora non sono preoccupato.

Parla dei regolamenti governativi circa l'assunzione e il licenziamento di lavoratori handicappati. Io non sapevo che la compagnia ricevesse delle agevolazioni fiscali per averci dato lavoro; l'avvocato fa sembrare che il nostro valore per la compagnia risieda proprio nelle facilitazioni di cui siamo fonte piuttosto che nel nostro lavoro. Dice che il signor Crenshaw avrebbe dovuto informarci del nostro diritto a parlare con il difensore civico della compagnia. Si alza un altro uomo e Arakeen lo presenta: si chiama signor Vanagli, e lui ci dice che se abbiamo una qualunque noia sul lavoro dobbiamo andare a parlarne con lui.

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