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— Se lo portava un quad, nessuno ci avrebbe fatto caso.

— Pensi che sia di produzione locale? Sembra nuovo.

— Sì, è una marca proveniente dalla sezione Sanctuary. Fanno ottimi utensili.

— Il primo compito per Venn, allora, è di scoprire da dove proviene, e a chi è stato venduto.

— Oh, sì.

Miles si sentiva girare la testa in una strana combinazione di euforia e terrore. L’euforia era dovuta in parte all’adrenalina, una dipendenza familiare e pericolosa, e in parte al fatto che a sparargli contro era stato un quad. Ciò gli forniva un ottimo pretesto per controbattere ai continui accenni di Greenlaw sulla brutalità barrayarana. Così, anche i quad potevano sparare per uccidere, eh? Solo che lo facevano male… Poi ricordò Solian, e si rimangiò il pensiero. Già, sempre che non sia stata Greenlaw a predisporre l’attacco. Ecco, quella sì che era teoria paranoide. La mise da parte per riesaminarla quando avesse avuto la testa più lucida. Dopo tutto, almeno un paio di centinaia di persone, fra quad e turisti, e tutti i passeggeri galattici della sua flotta, sapevano che quel mattino sarebbe venuto lì.

Arrivò una squadra medica quad, e alle loro calcagna… ehm, a ruota, il Capo Venn che venne immediatamente sommerso da descrizioni eccitate dello spettacolare attacco contro l’Ispettore Imperiale. Solo Miles rimase calmo, e ascoltava con cupo divertimento.

Il divertimento era invece un’emozione decisamente assente dal volto di Venn. — È stato colpito, Lord Ispettore Vorkosigan?

— No. — È il momento di mettere una buona parola… più tardi potrei averne bisogno. — Grazie ai riflessi del portomastro Thorne. Se non fosse stato per lui, l’Unione degli Habitat Liberi ora sarebbe davvero nei pasticci.

Un eccitato chiacchierio sorse tutto intorno, e un paio di persone descrissero l’eroica difesa del dignitario straniero da parte di Bel, che gli aveva fatto scudo col suo corpo. Bel rivolse una breve, scintillante occhiata a Miles, ma lui non riuscì a capire se di gratitudine o del contrario. Il modesto schernirsi del portomastro non fece che fissare nella mente dei testimoni la convinzione del suo eroismo, cosa che costrinse Miles a sopprimere un sorriso.

Uno dei poliziotti quad, che si era gettato all’inseguimento dell’assalitore, tornò e si fermò di scatto davanti al Capo Venn per riferire: — L’ho perso, signore. Abbiamo messo tutto il personale di turno sull’allerta, ma non abbiamo la sua descrizione fisica.

Tre o quattro persone cercarono di porre rimedio a quella mancanza, con descrizioni vivide e contrastanti.

Bel, che ascoltava, s’incupì. Miles gli diede leggermente di gomito. — Be’?

Bel scosse la testa e rispose mormorando: — Per un momento mi è sembrato che fosse qualcuno che ho incontrato di recente, ma quello era un terricolo, e quindi… no, non può essere.

Miles tentò di mettere a fuoco quello che in quei brevi istanti gli era parso di vedere. Era un tizio con i capelli chiari, pelle chiara, un corpo massiccio, età indefinita, probabilmente maschio… il che avrebbe potuto descrivere diverse centinaia di quad sulla Stazione Graf. In pratica non sarebbe stato nemmeno sicuro di riconoscerlo tra altri individui. Inoltre la cameriera e il suo cliente non erano sicuri di quando fosse arrivato, anche se pensavano che si trovasse lì almeno da un paio di minuti, come in attesa che qualcuno salisse le scale. Un qualcuno che si fosse attardato nella riunione con i passeggeri. Ed era esattamente quello che Miles aveva fatto.

Dubauer, ancora molto scosso, rifiutò l’assistenza dei medici, dicendo di potersi prendere cura da solo della ferita che ormai aveva smesso di sanguinare e, ripetendo di non avere nulla da aggiungere alle testimonianze, chiese di poter andare sull’Idris per prendersi cura delle sue bestie.

Bel, che improvvisamente si ricordò di dove stavano andando prima dell’incidente, gli disse: — Mi dispiace. Probabilmente sarò bloccato qui ancora per un bel po’. Incaricherò il Capo Watts di mandare un altro supervisore per scortarla a bordo dell’Idris.

— Grazie, portomastro. Prima faccio un salto in camera mia, ma attendo una sua chiamata. Si tratta davvero di una cosa molto urgente. — Quindi si allontanò in tutta fretta.

Miles non poteva biasimarlo, perché stavano arrivando due zelanti giornalisti quad, su flottanti marchiati con il logo della loro testata. Dietro di loro veniva un gruppo di telecamere, che sfrecciarono di qua e di là, raccogliendo immagini. Arrivò anche la Sigillatrice Greenlaw, che insinuò con determinazione e una certa fretta il suo flottante fra la folla, ormai fitta intorno a Miles. Era a sua volta scortata da due guardie del corpo quad nell’uniforme della Milizia dell’Unione, armate e corazzate di tutto punto. Potevano anche essere inutili contro gli assassini, ma ebbero l’effetto salutare di disperdere la folla e il suo mormorio.

— Lord Ispettore Vorkosigan, siete ferito? — domandò appena giunta.

Miles ripeté le rassicurazioni che aveva già fatto a Venn. Teneva d’occhio le videocamere che gli si avvicinarono per registrare quello che diceva, e non solo per assicurarsi che riprendessero il suo lato migliore. Ma nessuna di loro sembrava essere una micropiattaforma armata mascherata da telecamera. Comunque, ripeté con entusiasmo il racconto delle gesta eroiche di Bel, con l’utile risultato che i giornalisti si precipitarono all’inseguimento del portomastro betano, che si trovava dall’altra parte dell’atrio, sottoposto a intenso interrogatorio da parte degli uomini di Venn.

Greenlaw, quasi come se pronunciasse un discorso preparato, disse: — Lord Ispettore Vorkosigan, mi permetta di esprimerle le mie più profonde scuse personali per questo disdicevole incidente. Le assicuro che tutte le risorse dell’Unione verranno impegnate a rintracciare quello squilibrato che rappresenta una minaccia per tutti noi.

Una minaccia per tutti noi, davvero. — Io non so che cosa stia succedendo qui — rispose Miles. E, lasciando che la sua voce si facesse più dura. — E chiaramente non lo sa nemmeno lei. Qui non si tratta più di una partita sulla scacchiera della diplomazia. Qui qualcuno sta cercando di innescare una guerra. E ci sono quasi riusciti.

Greenlaw fece un profondo respiro. — Sono sicura che quell’individuo agiva da solo.

Miles si accigliò, pensando: le teste calde ci sono da per tutto, questo è vero. Abbassò la voce. — Ma con che scopo? Vendetta? Per caso qualcuno dei quad feriti dalla squadra di Vorpatril è morto improvvisamente? — Gli era sembrato che tutti fossero in via di guarigione. Era difficile immaginare un parente o un amico o un amante pronto a vendicarsi per qualcosa di meno di una morte, ma…

— No — rispose Greenlaw, ma dalla sua espressione si capiva che stata vagliando l’ipotesi. Poi, con un certo rimpianto, rispose con voce ferma: — No. Ne sarei stata informata.

Era chiaro che anche lei avrebbe desiderato una spiegazione semplice. Ma era abbastanza onesta da non voler prendere in giro se stessa.

Il comunicatore di Miles emise il segnale di alta priorità:

— Sì?

— Milord Vorkosigan? — Era la voce dell’ammiraglio Vorpatril, aveva un tono teso.

Dunque non si trattava né di Ekaterin, né di Roic. Cercò di non lasciare che l’irritazione trasparisse dalla voce. — Sì, ammiraglio?

— Oh, Dio sia ringraziato. Ci è stato riferito che lei è stato attaccato.

— È tutto finito. Mi hanno mancato. Qui ora c’è la Sicurezza della Stazione.

Seguì una breve pausa. Quando tornò, la voce di Vorpatril aveva assunto una intonazione decisa: — Milord, la flotta è in allerta e pronta al suo comando.

Oh, merda. — La ringrazio, ammiraglio. Però dia l’ordine di riposo. È tutto sotto controllo. Sarò da lei fra qualche minuto. Non faccia nulla senza un mio ordine personale!

— Benissimo, Milord — disse Vorpatril con voce sostenuta, ma con un tono sospettoso. Miles chiuse la comunicazione.

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