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Miles immaginò Ivan che si sdraiava pigramente su… «Accidenti» esclamò rabbrividendo. «Dov’è il caffè?»

«Da basso, dopo che ti sarai vestito per benino con l’uniforme regolamentare. Cerca almeno di avere l’aspetto di uno che è rimasto a letto da ieri pomeriggio.»

Miles sentì puzza di guai non appena Galeni lo fece chiamare perché si presentasse da solo nel suo ufficio, mezz’ora dopo l’inizio del loro turno di servizio.

«Buon giorno, tenente Vorkosigan» lo salutò Galeni con un sorriso affabile e falso, che era orribile quanto i suoi rari sorrisi sinceri erano accattivanti.

«Buon giorno, signore» rispose Miles cauto.

«Vedo che ha completamente superato il suo attacco osteo-infiammatorio.»

«Sissignore.»

«Prego, si sieda.»

«Grazie, signore.» Miles si sedette, guardingo: niente analgesici, quel mattino. Dopo l’avventura della notte precedente, coronata da quella sconvolgente allucinazione nel tunnel di discesa, li aveva buttati nel gabinetto, e si era fatto un appunto mentale per ricordarsi di dire al medico della flotta che c’era un’altra medicina che doveva cancellare dalla lista. Galeni corrugò le sopracciglia, come afferrato da un dubbio improvviso, poi il suo sguardo si posò sulla fasciatura alla mano destra di Miles. Questi si agitò sulla sedia, e cercando di non farsi notare, la nascose dietro la schiena. Galeni fece una smorfia acida e accese lo schermo olovideo.

«Questa mattina ho pescato per caso un servizio affascinante nel notiziario locale» disse, «e ho pensato che le avrebbe fatto piacere vederlo.»

Io penso che preferirei di gran lunga cadere morto e stecchito sul suo tappeto, signore. Miles sapeva esattamente di cosa si trattava. Maledizione, e lui che si era preoccupato solo della possibilità che lo vedessero i cetagandani!

L’introduzione della giornalista della rete Euronews era stata chiaramente registrata dopo, perché sullo sfondo, l’incendio nel negozio di vini era quasi spento, mentre quando comparve il primo piano del volto sporco e bruciacchiato dell’ammiraglio Naismith, le fiamme erano ancora alte. «… uno sfortunato malinteso» tossicchiò Miles nel suo accento betano. «… Vi assicuro che svolgeremo un’inchiesta approfondita…» Il campo lungo di lui che rotolava fuori dal negozio con la sfortunata impiegata era solo moderatamente spettacolare; era un peccato che non fosse successo di notte, allora sì che sarebbe stato spettacolare, con tanto di fiamme, scintille e fuochi d’artificio. L’ira e lo sconcerto del volto di Naismith sull’olovideo si riflettevano ora su quello di Galeni. Miles ebbe un guizzo di simpatia per il suo superiore: non doveva essere un piacere comandare dei subordinati che non si attenevano agli ordini e se ne venivano fuori con le imprese più idiote. Galeni non lo avrebbe apprezzato.

Finalmente il servizio terminò; Galeni spense il video, si adagiò contro lo schienale e fissò Miles con sguardo severo. «Allora?»

L’istinto avvertì Miles che non era il momento di fare i furbi. «Signore, il comandante Quinn mi ha chiamato ieri pomeriggio all’ambasciata avvertendomi dell’incidente, perché io ero l’ufficiale dendarii più vicino che potesse intervenire. E ha avuto ragione. La mia tempestiva comparsa sul luogo ha impedito che vi fossero dei feriti, se non addirittura dei morti. Devo chiedere scusa per essermi assentato senza permesso, ma non posso pentirmi di averlo fatto.»

«Chiedere scusa?» ronfò Galeni, controllando la rabbia. «Lei era fuori, era ANA, senza scorta, in flagrante violazione degli ordini. È chiaro che solo per una manciata di secondi sono stato privato del piacere di trasformare il mio rapporto al QG della Sicurezza in una richiesta diretta su dove spedire il suo corpo arrostito alla griglia! Ma la cosa più interessante è che lei sia riuscito a teletrasportarsi fuori e dentro l’ambasciata senza lasciare la benché minima traccia nelle registrazioni della sicurezza. E lei intende accantonare tutto con delle scuse? Temo che non basti, tenente.»

Miles si aggrappò all’unico appiglio che aveva. «Non ero senza guardia del corpo, signore: il comandante Quinn era presente. Non voglio accantonare nulla.»

«Allora può cominciare con lo spiegarmi in dettaglio come ha fatto ad attraversare la rete di sicurezza senza che nessuno si accorgesse di lei.» Galeni incrociò le braccia, inalberando un irato cipiglio.

«Io…» Era arrivato al bivio: confessare avrebbe messo in pace la sua anima, ma poteva tradire Ivan? «Sono uscito dalla porta principale, in mezzo ad un gruppo di ospiti che stava lasciando il ricevimento e poiché indossavo l’uniforme dendarii, la guardia ha immaginato che fossi uno di loro.»

«E per rientrare?»

Miles tacque. Galeni doveva conoscere tutti i fatti per poter rimettere insieme la rete di sicurezza, ma tra le altre cose Miles non sapeva assolutamente come Ivan si fosse beffato delle videocamere né tantomeno del caporale di guardia. Era crollato addormentato senza avere il tempo di chiedere i particolari.

«È inutile che cerchi di proteggere Vorpatril, tenente» gli fece notare Galeni. «La mia prossima vittima è lui.»

«Che cosa le fa pensare che sia coinvolto Ivan?» disse Miles, cercando di guadagnare tempo per pensare. No, avrebbe fatto meglio a pensare prima.

«Cerchi di essere serio, Vorkosigan» lo rimbeccò Galeni in tono disgustato.

Miles prese fiato. «Tutto quello che Ivan ha fatto, l’ha fatto per ordine mio. La responsabilità ricade completamente su di me. Se lei si dichiara d’accordo nel non accusarlo di niente, gli chiederò di di farle un rapporto completo su come è riuscito a creare un buco temporaneo nella rete di sicurezza.»

«Ah, davvero?» Le labbra di Galeni si tesero. «Le è passato per la mente che in questa catena di comando, il tenente Vorpatril è suo superiore in grado?»

«No, signore. Mi è sfuggito di mente.»

«E anche a lui, pare.»

«In un primo tempo la mia intenzione era quella di assentarmi solo il minimo indispensabile e l’ultima delle mie preoccupazioni era trovare il modo di rientrare. Quando le cose si sono protratte, mi è parso evidente che sarei dovuto tornare senza sotterfugi, ma erano ormai le due di notte e Ivan si era dato tanto da fare… mi sembrava di non dover sprecare l’occasione.»

«E inoltre» aggiunse Galeni sotto voce, «sembrava che potesse funzionare…»

Miles trattenne un sorriso. «Ivan è solo un complice innocente. Può accusare me di tutto quello che vuole, signore.»

«La ringrazio per il suo gentile permesso, tenente.»

Punto sul vivo, Miles scattò: «Maledizione, signore, cosa vuole da me? I dendarii sono truppe barrayarane tanto quanto chiunque altro indossi l’uniforme dell’Impero, anche se loro non lo sanno. E sono stati affidati a me. Non posso trascurare i loro bisogni immediati, neppure per recitare la parte del tenente Vorkosigan.»

Galeni inclinò all’indietro la sedia, sollevando le sopracciglia divertito. «Recitare la parte del tenente Vorkosigan? Chi crede di essere

«Io sono…» Afferrato da un improvviso capogiro, Miles si interruppe. Era come se stesse precipitando per un tunnel di caduta, tanto che per un istante non riuscì neppure a capire il senso della domanda. Il silenzio si prolungò.

Galeni intrecciò le mani sul tavolo e proseguì in tono più accomodante: «Ha un po’ perso l’orientamento, vero?»

«Io sono…» Miles aprì le mani in un gesto di resa. «Quando sono l’ammiraglio Naismith è mio dovere esserlo nel modo più totale. In genere non mi capita di dover passare in questo modo da un’identità all’altra.»

Galeni inclinò la testa di lato. «Ma l’ammiraglio Naismith non è reale, lo ha detto lei stesso.»

«Uh… è vero, signore, Naismith non è reale.» Miles inspirò a fondo. «Ma i suoi doveri lo sono. Dobbiamo pensare a un sistema più razionale che mi metta in grado di svolgerli.»

Sembrava che Galeni non si fosse reso conto che, per quanto accidentale, l’entrata di Miles nel suo effettivo aveva aumentato il numero non di una, bensì di cinquemila unità. Ma quando quell’idea si fosse fatta strada nella sua mente, avrebbe cercato di impicciarsi degli affari dei dendarii? Miles strinse i denti per impedirsi in tutti i modi di fargli presente quella possibilità, mentre un lampo improvviso… di gelosia? gli annebbiava la mente. Spero che Galeni continui a pensare che la Flotta dei dendarii è una faccenda che riguarda esclusivamente me…

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