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Denaro, maledizione…

«Miles!» La voce di Elli Quinn alle sue spalle lo fece trasalire. «Hai la situazione sotto controllo?»

In metropolitana, durante il viaggio di ritorno al porto delle navette di Londra, furono oggetto di parecchi sguardi sbalorditi e dopo aver colto una fuggevole visione di se stesso riflessa in una parete di metallo, Miles non se ne stupì. L’azzimato e lustro Lord Vorkosigan del ricevimento all’ambasciata si era trasformato, come un lupo mannaro, in un mostriciattolo sporco e stracciato. La sua uniforme umida, stropicciata e strinata era cosparsa di vaporosi ciuffi di schiuma secca; il riporto bianco sul davanti della giacca era lurido. E aveva il volto impiastricciato, la voce ridotta ad un gracidio, gli occhi rossi e lucidi a causa del fumo. E in più puzzava di sudore, fumo e alcol, soprattutto alcol. Be’, in fondo ci si era rivoltolato dentro. La gente in coda dietro di loro annusò una zaffata di quegli effluvi e si allontanò impercettibilmente. Per fortuna il commissario gli aveva tolto la pistola e il coltello, trattenendoli come prove. Lui ed Elli ebbero così tutta per loro l’estremità della carrozza-bolla.

Miles si lasciò cadere sul sedile con un gemito. «Bella guardia del corpo sei. Perché non mi hai protetto da quella cronista?»

«Non stava cercando di spararti e poi ero appena arrivata e non ero certo in grado di raccontarle quello che era successo.»

«Ma tu sei di gran lunga più fotogenica e questo avrebbe dato lustro all’immagine della Flotta dei Dendarii.»

«Le olocamere mi gelano la lingua. Tu invece parevi calmissimo.»

«Stavo solo cercando di gettare acqua sul fuoco. "I ragazzi sono tutti uguali" ridacchia l’ammiraglio Naismith mentre sullo sfondo le sue truppe radono al suolo Londra…»

Elli sorrise. «E poi non erano interessati a me. Non ero io l’eroe che si è lanciato nell’edificio in fiamme… per gli dèi, quando sei uscito rotolando dall’incendio…»

«Mi hai visto?» chiese un tantino rallegrato. «Sono venuti bene i campi lunghi? Forse, agli occhi dei nostri gentili ospiti, questo farà da contraltare all’impresa di Danio e dei suoi allegri compari.»

«L’impressione era debitamente terrificante» confermò lei e rabbrividì. «Mi sorprende che tu non abbia ustioni più gravi.»

Miles sollevò le sopracciglia strinate e senza darlo a vedere nascose la mano sinistra piena di bolle sotto il braccio destro. «Non è stato un problema. Il tessuto mi ha protetto. Sono contento che non tutto il nostro equipaggiamento abbia dei difetti di progettazione.»

«Non saprei. A dirti la verità, ci sono sempre andata cauta con il fuoco, da quando…» e si toccò il volto con la mano.

«E ne hai tutte le ragioni. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto per puro riflesso inconscio. Quando finalmente il mio cervello ha raggiunto il corpo, era già tutto finito e allora mi è venuta la tremarella. Ho visto pochi incendi, in combattimento, e l’unica cosa a cui sono riuscito a pensare era che dovevo fare in fretta, perché quando gli incendi arrivano ad un certo punto, si estendono rapidamente.»

Miles si trattenne dal confidarle le altre sue preoccupazioni riguardo certi aspetti della sicurezza sollevati da quella maledetta intervista. Adesso era troppo tardi, anche se la sua immaginazione si trastullava con l’idea di un raid dei dendarii alla rete Euronews per distruggere il videodisco. Forse sarebbe scoppiata una guerra, o magari sarebbe precipitata una navetta o addirittura il governo sarebbe stato coinvolto in un terribile scandalo sessuale e tutto l’incidente del negozio sarebbe stato sepolto sotto il clamore di eventi ben più importanti. E inoltre ormai i cetagandani sapevano di certo che l’ammiraglio Naismith era stato visto sulla Terra. Doveva riprendere al più presto l’identità di Lord Vorkosigan e questa volta definitivamente, forse.

Miles scese dal treno reggendosi la schiena con una mano.

«Le ossa?» chiese preoccupata Elli. «Hai fatto qualcosa alla spina dorsale?»

«Non ne sono sicuro.» Si avviò al suo fianco, tenendo la schiena piegata in due. «Spasmi muscolari… quella donna doveva essere più grassa di quanto pensassi. L’adrenalina ti gioca dei brutti scherzi.»

Quando la loro piccola navetta personale attraccò sulla Triumph, l’ammiraglia della flotta in orbita, la situazione non era migliorata e Elli lo costrinse a fermarsi prima di tutto in infermeria.

«Uno strappo muscolare» sentenziò freddo il medico della flotta dopo averlo visitato. «Resti disteso per una settimana.»

Miles promise, sapendo di promettere il falso e uscì stringendo un tubetto di pillole nella mano bendata. Era sicuro che la diagnosi fosse esatta, perché adesso che si trovava a bordo della sua ammiraglia, il dolore cominciava ad attenuarsi. O almeno, sentiva la tensione nei muscoli del collo che si allentava e sperava che la cosa si sarebbe estesa al resto del suo corpo. E stava anche cominciando a svanire l’effetto della scarica di adrenalina che lo aveva tenuto in piedi… forse era meglio sbrigare le faccende sulla nave finché era ancora in grado di parlare e camminare allo stesso tempo.

Raddrizzò la giacca, fece un futile tentativo di spazzolare via le macchie bianche e raddrizzando il mento, si diresse al sancta sanctorum dell’ufficiale pagatore della flotta.

Era sera, sulla nave, con una sola ora di differenza rispetto all’ora di Londra sulla Terra, ma la contabile mercenaria era ancora al lavoro. Vicki Bone era una donna di mezza età, puntigliosa e robusta, decisamente un tecnico e non un soldato, il cui tono di voce era normalmente basso e strascicato. Quando però lo vide entrare, raddrizzò la sedia e squittì: «Oh, signore! Ha avuto il trasferimento di crediti…?» Si accorse del suo aspetto e abbassò la voce al timbro consueto. «Buon Dio! Cosa le è successo?» E poi, ripensandoci, eseguì il saluto.

«È quello che sono venuto a scoprire, tenente Bone.» Agganciò una seconda sedia agli anelli nel pavimento e la girò per potersi sedere con le braccia sollevate sopra lo schienale. E poi, anche lui in ritardo, ricambiò il saluto. «Credevo che mi avesse detto nel suo rapporto di ieri che tutti gli ordini di rifornimento non essenziali per il supporto vitale in orbita erano stati sospesi e che il credito sulla Terra era sotto controllo.»

«Temporaneamente sotto controllo» replicò Bone. «Quattordici giorni fa mi ha detto che avremmo avuto il trasferimento di credito in dieci giorni e io ho cercato di dilazionare il più possibile tutte le spese dopo quella data. Quattro giorni fa lei mi ha detto che ci sarebbero voluti altri dieci giorni…»

«A dir poco» confermò Miles cupo.

«Ho di nuovo rimandato tutto il rimandabile, ma qualcosa ho dovuto comunque pagare, per ottenere un’estensione di credito per un’altra settimana. Dopo Mahata Solaris abbiamo attinto pericolosamente ai nostri fondi di riserva.»

Miles sfregò un dito sullo schienale, con un gesto stanco. «Già, forse avremmo dovuto andare direttamente su Tau Ceti.» Adesso era troppo tardi. Se solo fosse stato lui personalmente a trattare con il QG della Sicurezza del Settore II…

«Avremmo comunque dovuto lasciare tre quarti della flotta sulla Terra, Signore.»

«E io invece non volevo dividere le nostre forze, lo so. Se restiamo qui troppo, nessuno potrà più andarsene… un buco nero finanziario… Senta, inserisca i suoi programmi e mi dica cosa è successo al conto di credito del personale sulla Terra intorno alle 16.00, ora di Londra.»

«Hmmm?» Una serie di dati incomprensibili e colorati comparvero sull’olovideo. «Oh santo cielo! Non sarebbe dovuto succedere. Dov’è finito il denaro…? Ah, annullamento diretto. Questo spiega tutto.»

«Le dispiace spiegarlo anche a me?» la incitò Miles.

«Be’, naturalmente quando la flotta è di stanza per un tempo abbastanza lungo in un qualunque posto provvisto di una rete finanziaria, noi non lasciamo fermi i nostri liquidi.»

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