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«Cosa?»

Baley guardò l’orologio: erano le 23,00.

«So chi sta cercando di incastrarmi, so come è stato ucciso il dottor Sarton e da chi. Ho un’ora per fare rapporto a lei, arrestare il colpevole e mettere fine all’inchiesta.»

XVIII

Fine delle indagini

Il questore strinse gli occhi e fissò Baley. «Che hai intenzione di fare? Hai tentato uno scherzo del genere ieri, nella cupola di Fastolfe; non provarci di nuovo, per carità.»

Baley annuì: «Lo so, la prima volta ho sbagliato».

E fra sé pensò: "Anche la seconda. Ma non questa, non…".

Il pensiero si spense come una micropila sotto uno smorzatore positronico.

«Giudichi da lei, questore» disse Baley. «Qualcuno si è preso la briga di seminare dei falsi indizi contro di me. Seguiamo questa linea di ragionamento e vediamo dove ci porta. Si chieda chi può aver seminato quegli indizi: ovviamente qualcuno che era al corrente del mio passaggio da Williamsburg ieri sera.»

«Va bene, chi?»

«Sono stato seguito da un gruppo di medievalisti che mi ha dato la caccia fuori della mensa. Li ho seminati, o così credevo, ma almeno uno mi ha visto passare dalla centrale. Il motivo per cui sono andato a cacciarmi là dentro, del resto, è ovvio: far perdere completamente le mie tracce.»

Il questore rifletté: «Clousarr? Era uno degli inseguitori?».

Baley annuì.

«Va bene, lo interrogheremo. Se sa veramente qualcosa, gliela tireremo fuori. Che altro posso fare, Lije?»

«Aspettare, per il momento. Non perdere la fiducia in me. Vede il mio punto?»

«Proviamo.» Il questore si fregò le mani. «Clousarr ti ha visto entrare nella centrale di Williamsburg, oppure è stato informato da un altro del suo gruppo. Allora ha deciso di sfruttare la concidenza per metterti nei guai e mettere fine alle indagini. È questo che vuoi dire?»

«Più o meno.»

«Bene.» Il questore cominciava a scaldarsi. «Sapeva che tua moglie era un membro della sua organizzazione, quindi ha immaginato che non avresti sopportato un’indagine approfondita in materia e che ti saresti dimesso piuttosto che combattere contro prove così schiaccianti. A proposito, Lije, che ne diresti di dare le dimissioni? Metteremo tutto a tacere, e se le cose si complicassero davvero, per te sarebbe l’ideale…»

«Nemmeno se mi ammazzano, questore.»

Enderby si strinse nelle spalle. «Bene, dov’ero? Ah, sì. Clousarr ha preso l’irraggiatore, magari facendosi aiutare da un complice che lavora alla centrale, e ha incaricato un altro complice di liquidare R. Sammy.» Le dita batterono leggermente sulla scrivania. «Non regge, Lije.»

«Perché no?»

«Troppo complicato. Troppi complici. Inoltre Clousarr ha un alibi di ferro per la notte e la mattina dell’assassinio a Spacetown. Abbiamo controllato subito, anche se io ero il solo a conoscere il motivo di quella verifica.»

Baley disse: «Non ho mai detto che a commettere l’omicidio è stato Clousarr, questore. Questa è un’aggiunta sua. Non credo nemmeno che sia un membro importante dell’organizzazione. Ma c’è Ugualmente qualcosa di strano, in lui…».

«Che cosa?» chiese Enderby, sospettoso.

«Il fatto che sapesse di Jessie. Pensa cne si conoscano tutti, fra loro?»

«Non lo so, ma di lei sapeva. Forse la consideravano importante in quanto moglie di un poliziotto. Forse è questa la ragione per cui Clousarr se ne ricorda.»

«E ha detto proprio così? Che Jezebel Baley era uno dei loro?»

«Ti dico che l’ho sentito con queste orecchie.»

«Ed è questa la cosa strana. Jessie non usa il suo nome intero da prima che nascesse Bentley. Non l’ha fatto nemmeno una volta, e si è unita ai medievalisti dopo averci rinunciato, questo lo so per certo. Come mai, allora, Clousarr sapeva che si chiama Jezebel?»

Il questore arrossì e si affrettò a dire: «Oh, se si tratta solo di questo forse ha detto Jessie. Sono stato io, raccontando, a dire Jezebel per completezza. Anzi, adesso ne sono sicuro. Ha detto Jessie.»

«Fino a un momento fa era sicuro del contrario. L’ho chiesto più di una volta.»

Il questore alzò la voce: «Non vorrai darmi del bugiardo, vero?».

«Mi stavo solo chiedendo se Clousarr ha parlato davvero. Se non si è inventato tutto lei: conosce Jessie da vent’anni e sa che il suo nome completo è Jezebel.»

«Stai dando i numeri, amico.»

«Sì? Dov’era, lei, dopo colazione? È rimasto assente da quest’ufficio per circa due ore.»

«Fai l’interrogatorio a me

«Può risparmiarsi le risposte, le conosco già. Era nella centrale di Williamsburg.»

Il questore si alzò di scatto, la fronte madida di sudore e strane chiazze bianche agli angoli della bocca. «Che diavolo stai cercando di dire?»

«Nega di essere andato a Williamsburg?»

«Baley, sei sospeso. Restituiscimi il distintivo.»

«Non ancora. Mi ascolti.»

«Non ne ho nessuna intenzione, il colpevole sei tu. Colpevole come il demonio, e quello che mi convince è questo stupido tentativo di far sembrare me, me, quello che cospira ai tuoi danni.» L’indignazione era tale che per un momento perse la voce. Poi, dopo aver emesso un verso strozzato, riuscì a dire: «Ti dichiaro in arresto».

«No» disse Baley, duro. «Non ancora, questore: ho un fulminatore puntato contro di lei e ho tolto la sicura. Non cerchi di fare scherzi, perché sono disperato e devo dire ciò che ho da dire. Dopo farà come vuole.»

Julius Enderby fissò con gli occhi sgranati la bocca maligna del fulminatore nelle mani di Baley.

Balbettò: «Per questo ti farò dare vent’anni, Baley, vent’anni nel livello più basso delle prigioni della Città».

R. Daneel fece un gesto fulmineo e afferrò il polso di Baley. «Questo non posso permetterlo, collega Elijah» disse tranquillamente. «Non devi fare del male al questore.»

Per la prima volta da quando R. Daneel era entrato in Città Enderby gli si rivolse direttamente: «Tienilo fermo, tu! Prima Legge!».

Baley disse in fretta: «Non ho intenzione di fargli del male, Daneel, se riesci a convincerlo a non arrestarmi. Hai promesso di aiutarmi fino alla fine della giornata: mi restano quarantacinque minuti».

Senza lasciare il polso di Baley, R. Daneel disse: «Questore, credo che Lije abbia il diritto di parlare. In questo momento mi sono messo in contatto con il dottor Fastolfe…».

«Cosa? Cosa?» latrò il questore, impazzito.

«Posseggo un’unità subeterica autosufficiente» disse il robot. Il questore lo guardò a occhi spalancati.

«Sono in contatto con il dottor Fastolfe» continuò R. Daneel, inesorabile «e farebbe una brutta figura, questore, se rifiutasse a Lije il diritto di esprimersi. Ne verrebbero tratte pericolose conclusioni.»

Enderby ricadde sulla poltrona, senza parole.

Baley disse: «Ho detto che oggi si trovava nella centrale di Williamsburg, questore, ed è là che ha preso l’irraggiatore alfa. Poi lo ha dato a R. Sammy. Ha scelto deliberatamente Williamsburg perché i sospetti cadessero su di me. Ha perfino sfruttato la chiamata del dottor Gerrigel per invitarlo al Dipartimento, dargli una bacchetta guasta e farlo finire nel deposito del materiale fotografico, in modo che trovasse R. Sammy. Contava su di lui per avere una diagnosi esatta».

Baley mise via il fulminatore. «Se vuole farmi arrestare proceda pure, ma Spacetown non la prenderà come una risposta interessante.»

«Movente» balbettò Enderby, senza fiato. Aveva gli occhiali appannati e se li tolse; sembrava un uomo sfocato, impotente senza quegli aggeggi. «Che movente avrei avuto per fare tutto questo?»

«Mettermi nei guai, e c’è riuscito. L’inchiesta sul caso Sarton si sarebbe arenata, e poi, R. Sammy sapeva veramente troppo.»

«A proposito di che, in nome del cielo?»

«A proposito di come uno Spaziale è stato ucciso cinque giorni e mezzo fa. Perché, questore, è stato lei a uccidere Sarton a Spacetown.»

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