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Non prosegui. Teneva le braccia incrociate strette sul petto e corrugava la fronte, ma non proseguì. Doveva aver visto l’espressione sulla sua faccia, pensò Dirk. Lui si chiese che cosa fosse.

«Può darsi che tu abbia ragione», disse lei dopo un po’, togliendo le braccia da quella posizione. «Forse non sarei capace di uccidere nessuno. Ma, sai, certe volte mi sembra che potrei farlo. E in questo momento, Dirk, vorrei proprio avere una pistola in mano». Rise; una piccola risata senza allegria. «Su Alto Kavalaan non mi era permesso portare armi, naturalmente. Perché mai una betheyn dovrebbe aver bisogno di armi? Il suo altolegato ed il di lui teyn sono li per proteggerla. Poi una donna con la pistola potrebbe anche spararsi addosso. Jaan… be’, Jaan ha combattuto per cambiare un mucchio di cose. Lui fa di tutto. Del resto sono qui. La maggior parte delle donne non abbandona mai le sicure pietre della loro granlega dopo aver assunto la giada-e-argento. Ma malgrado i suoi sforzi — ed io lo rispetto per questo — Jaan non mi ha capita. In definitiva lui è un altolegato e combatte anche per altre cose e per ogni cosa che gli dico io, Garse trova il modo di dirgli qualcosa d’altro. Certe volte Jaan non ci fa nemmeno caso. E poi dice che le cose poco importanti, come il fatto che io possa andare armata, non servono a niente. Una volta gli ho parlato di questo e lui ha sottolineato che io contestavo l’uso stesso di portarsi dietro delle armi e tutto il grande artificio del codice duellesco, il che è vero. Eppure… sai Dirk, io capisco benissimo quel che stavi dicendo l’altra sera ad Arkin quando affermavi di voler affrontare Bretan anche se non ti sentivi legato al suo codice. Certe volte ho sentito anch’io la stessa sensazione».

Le luci della stanza baluginarono per un momento, si abbassarono, poi scintillarono più forti, al massimo dell’intensità. «Cosa succede?», disse Dirk sollevando lo sguardo.

«I residenti non devono allarmarsi», disse la Voce con il suo più tranquillo tono basso. «Un temporaneo calo di potenza ha interessato il vostro livello, ma è già stato recuperato».

«Calo di potenza!». Un’immagine balenò nella mente di Dirk, l’immagine di Sfida… sigillata, senza finestre, Sfida completamente racchiusa in se stessa, senza energia. L’idea non gli piaceva. «Che cosa succede?».

«Vi prego di non essere allarmati», ripeté la Voce, ma le luci del soffitto smentivano le sue parole. Si spensero completamente e, per un breve istante, Gwen e Dirk rimasero in un’oscurità terrificante e totale.

«Penso che sia meglio andarcene», disse Gwen quando ritornarono le luci. Si voltò ed aprì il pannello della parete e cominciò a tirare fuori le valigie. Dirk andò ad aiutarla.

«Vi prego di non farvi prendere dal panico», disse la Voce. «Per la vostra sicurezza, vi invito a rimanere nel vostro appartamento. La situazione è sotto controllo. Sfida ha parecchi sistemi di sicurezza, oltre a diverse emergenze per tutti i sistemi più importanti».

Finirono di fare i bagagli. Gwen andò presso la porta. «Sei sull’impianto d’energia secondario, in questo momento?», chiese lei.

«I livelli da uno a cinquanta, da 251 a 300, da 351 a 451 e da 501 a 550 sono al momento sull’impianto di energia secondario», ammise la voce. «Questo non deve provocare allarme. I robotecnici stanno riparando l’impianto primario che sarà rimesso in funzione al più presto possibile, inoltre esistono altri dispositivi di supporto nel caso assai improbabile che debba venire a mancare anche l’erogazione secondaria».

«Non capisco», disse Dirk. «Perché? Qual è la causa del guasto?».

«Vi prego di non essere allarmati», disse la Voce.

«Dirk», disse Gwen calma. «Andiamo». Uscì nel corridoio, con una valigia nella mano destra ed un pacco di sensori appeso alla spalla sinistra con una cinghia. Dirk prese le altre due valige e la seguì nei corridoi di cobalto. Si affrettarono verso gli ascensori. Gwen stava due passi più avanti ed i tappeti ne inghiottivano l’eco.

«I residenti che si faranno cogliere dal panico potranno più facilmente causare incidenti a se stessi di quelli che sceglieranno di rimanere tranquilli nei loro alloggi per tutta la durata di questo piccolo inconveniente», li rimproverò la Voce.

«Dicci che cosa sta succedendo e forse cambieremo idea», disse Dirk. Ma non si fermarono, né rallentarono.

«Sono state messe in atto le disposizioni di emergenza», disse la Voce. Sono stati inviati dei controllori per ricondurvi al vostro appartamento. È per il vostro bene. Ripeto, sono stati inviati dei controllori per ricondurvi al vostro appartamento. Le norme di di-Emerel proibiscono…». Le parole cominciarono improvvisamente a farsi confuse e la voce bassa prese a farsi acuta e diventò un gemito gracchiante che per brevi attimi graffiò le orecchie. Poi venne un improvviso tremendo silenzio.

Le luci si spensero.

Dirk si fermò un istante, poi fece due passi avanti nel buio più assoluto ed andò a sbattere contro Gwen. «Che?», disse. «Scusa».

«Zitto», mormorò Gwen. Cominciò a conteggiare i secondi. Al tredici, i globi appesi agli incroci si riaccesero. Ma la radiazione azzurra si era trasformata in una luminosità spettrale, appena sufficiente per vedere.

«Vieni», disse Gwen. Riprese a camminare, ma questa volta più lentamente, trascinando i piedi con cautela nella debole luce azzurra. Gli ascensori non erano lontani.

Quando i muri ripresero a parlare, la voce non era quella della Voce.

«Questa è una grande città», dissero i muri, «ma non è abbastanza grande da nasconderti, t’Larien. Io ti sto aspettando nelle più basse cantine degli Emereli, al cinquantaduesimo sottolivello. La città è nelle mie mani. Vieni subito. L’energia sarà tolta completamente ed il mio teyn ed io ci metteremo a caccia quando tutto sarà buio».

Dirk riconobbe la persona che parlava. Era difficile sbagliare. Su Worlorn, o su un qualsiasi altro mondo, non sarebbe stato facile trovare qualcuno che possedesse la voce tormentata, gracchiante di Bretan Braith.

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Rimasero immobili nel corridoio buio come se fossero paralizzati. Gwen era solo un’ombra leggermente azzurra ed aveva gli occhi come due pozzi bui. La bocca aveva dei guizzi ad un angolo e ricordava orribilmente a Dirk il tic di Bretan. «Ci hanno trovati», disse lei.

«Sì», disse Dirk. Stavano tutti e due parlando piano, impazziti di terrore, come se Bretan Braith li potesse sentire, come faceva prima la Voce di Sfida, se loro avessero parlato forte. Dirk si rendeva conto che doveva essere circondato da altoparlanti, e pure da orecchie, ed occhi forse… invisibili perché nascosti dai tappeti attaccati alle pareti.

«Ma come?», disse Gwen. «Non potevano. È una cosa impossibile».

«Ci sono riusciti. Vuol dire che è possibile. Ma adesso che facciamo? È meglio che vada da loro? Che cosa c’è giù al cinquantaduesimo sottolivello?».

Gwen si accigliò. «Non lo so. Sfida non era la mia città. Io so solo che i livelli che si trovano al di sotto del terreno non sono residenziali».

«Macchinari», suggerì Dirk. «Energia. Mezzi vitali».

«Computers», aggiunse Gwen in un debole sospiro senza tono.

Dirk posò le valige che stava portando. Pareva una cosa stupida rimanere aggrappato al vestiario ed ai loro beni a quel punto. «Hanno ammazzato la Voce», disse.

«Può darsi. Ammesso che sia una cosa che si possa ammazzare. Pensavo che si trattasse di una vasta rete di calcolatori, sparsi per tutta la torre. Non lo so. Forse si trattava di una sola installazione molto grande».

«Ad ogni modo sono arrivati al cervello centrale, il centro neurovegetativo, o quel che è. Non ci saranno più consigli amichevoli provenienti dalle pareti. E può darsi che Bretan riesca anche a vederci».

«No», disse Gwen.

«Perché no? La Voce ci vedeva».

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