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Poi si mosse ancora, girando a spirale, finché non vide una apertura tra i soffocatori, abbastanza larga da permettergli di scendere. I! terreno della foresta era scuro; i soffocatori, che si intrecciavano al di sopra, schermavano i nove decimi della fioca luce di Occhiodaverno. Tutt’attorno apparivano tronchi giganteschi, con le dita gialle e nodose che si annodavano in continuazione, rigide ed artistiche. Sì chinò — il muschio per terra si stava decomponendo — e liberò gli stivali dalla griglia d’argento. Il metallo diventò molle. Poi le ombre tra i soffocatori si allontanarono ed uscì Jaan Vikary, che gli si mise davanti in piedi. Dirk alzò gli occhi.

La faccia di Jaan era vuota e tirata. Era coperta di sangue e nelle braccia aveva una cosa rossa e maciullata, che lui trasportava nel modo in cui una madre potrebbe portare un bambino malato. Garse aveva un occhio chiuso e l’altro occhio non c’era più, gli era stato strappato dal viso. Solo metà faccia era ancora al suo posto. La testa era appoggiata gentilmente contro il petto di Jaan.

«Jaan…».

Vikary indietreggiò. «Gli ho sparato io», disse. Tremando, lasciò andare a terra il corpo.

14

Nella foresta non c’era nessun rumore, tranne il respiro greve di Vikary ed i deboli rumori provocati dagli svolazzamenti degli spettri d’albero.

Dirk si avvicinò a Janacek e lo rivoltò. C’erano dei pezzetti di muschio che si erano attaccati al corpo ed avevano assorbito il sangue come spugne. Gli spettri d’albero gli avevano squarciato la gola e la testa di Garse dondolava in maniera oscena quando Dirk lo mosse. I suoi abiti pesanti non erano serviti a proteggerlo; gli animali avevano morso attraverso i vestiti ed il vestito camaleontino era ridotto ad una serie di brandelli umidi ed arrossati. Le gambe di Janacek erano ancora unite assieme dall’ormai inutile lastra argentea dell’aeroscooter; ma si erano rotte durante la caduta; frammenti di ossa seghettati spuntavano fuori dalle caviglie, che presentavano fratture composte quasi identiche fra loro. Ma la cosa peggiore era la faccia… mangiata. L’occhio destro non c’era più. L’orbita vuota era gonfia di sangue che colava lentamente lungo la faccia fino a terra.

Non si poteva fare più niente. Dirk lo fissò disperato. Fece lentamente scivolare una mano in una tasca di Janacek, nel giubbotto strappato e prese la pietraluce, poi si risollevò guardando in faccia Vikary. «Tu hai detto…».

«Avevo detto che non avrei mai potuto sparargli», terminò per lui Vikary. «So bene cosa ho detto, Dirk t’Larien. E so anche bene cosa ho fatto». Parlava lentissimamente; ogni parola gli cadeva dalle labbra, pesante come se fosse di piombo. «Non volevo che capitasse. Non volevo. Ho solo cercato di fermarlo, di farlo cadere dallo scooter. Ma lui è caduto in un nido di spettri d’albero. Un nido di spettri d’albero».

Il pugno di Dirk era stretto attorno alla pietraluce. Non disse niente.

Vikary si scosse; la sua voce diventò più animata e c’era una punta di disperazione nel suo tono. «Mi stava dando la caccia. Arkin Ruark mi aveva avvertito quando parlai con lui per visischermo a Larteyn. Mi disse che Garse si era unito ai Braith ed aveva giurato di abbattermi. Io non ci credevo». Tremò. «Io non ci credevo! Eppure era la verità. Mi ha inseguito, è venuto a cacciarmi assieme a loro, proprio come aveva detto Ruark. Ruark… Ruark non è con me… non abbiamo mai… invece sono arrivati i Braith. Non so se lui… Ruark… può darsi che loro lo abbiano ammazzato. Non lo so».

Pareva stanco e confuso. «Dovevo fermare Garse, t’Larien. Lui sapeva della caverna. Dovevo anche pensare a Gwen. Ruark aveva detto che Garse nella sua follia aveva promesso di consegnare Gwen a Lorimaar ed io gli avevo detto che era un bugiardo, ma poi ho visto Garse che mi inseguiva. Gwen è la mia betheyn e tu sei korariel. Sotto la mia responsabilità. Dovevo restar vivo. Mi capisci? Non volevo che questo capitasse. Io gli sono andato vicino, mi sono aperto la strada con il laser… Quelle bestiacce erano tutte nel nido e lo sommergevano, erano bianchicce, anche gli adulti… io li ho arrostiti, li ho arrostiti e l’ho portato fuori».

Il corpo di Vikary fu scosso da un pianto senza lacrime; non poteva permettersi di far uscire le lacrime. «Guarda. Portava il solo ferro. Era venuto per darmi la caccia. Io lo amavo e lui mi dava la caccia!».

La pietraluce era una pepita piena di incertezza nella mano chiusa di Dirk. Guardò ancora una volta Garse Janacek, con i vestiti che erano diventati de! color del sangue secco e del muschio marcio. Poi sollevò lo sguardo verso Jaan Vikary, che era molto prossimo a cedere, che era in piedi con la faccia pallida e con le spalle robuste scosse da sussulti. Dà un nome ad una cosa, pensò Dirk; ed ora doveva assolutamente dare un nome a Jaantony alto-Ferrogiada.

Fece scivolare il pugno chiuso nel buio della sua tasca. «Dovevi farlo», menti. «Ti avrebbe ucciso e dopo anche Gwen. Me lo aveva detto. Sono lieto che Arkin sia riuscito ad avvertirti».

Le parole parvero rinfrancare Vikary. Annuì senza parlare.

«Sono venuto per darti una mano», continuò Dirk, «visto che non eri ancora ritornato. Gwen era preoccupata. Sono venuto per aiutarti. Garse mi aveva catturato e mi aveva disarmato per poi consegnarmi a Lorimaar e Pyr. Aveva detto che ero un dono di sangue».

«Un dono di sangue», ripeté Vikary. «Era pazzo; t’Larien. Ecco la verità. Garse Ferrogiada Janacek non era così; lui non era come un Braith, non recava mai doni di sangue. Mi devi credere».

«Sì», disse Dirk. «Non era a posto. Hai ragione. Te lo posso confermare per il modo in cui parlava. Si». Si sentiva molto vicino a piangere e si chiese se si vedeva. Era come se tutta la paura e la rabbia di Jaan fosse stata riversata nel suo animo; il Ferrogiada pareva più forte e più risoluto man mano che i secondi passavano, mentre la pena si dipingeva negli occhi di Dirk.

Vikary abbassò lo sguardo verso il corpo ancora disteso sotto gli alberi. «Piangerò per lui, per le cose che era stato e per le cose che possedeva, ma adesso non c’è tempo. I cacciatori ci stanno inseguendo con i cani. Dobbiamo andarcene». Si inginocchiò presso il corpo di Janacek per un istante e tenne una delle mani morte presso la sua. Poi baciò la faccia rovinata del morto, proprio sulle labbra e con la mano libera tirò indietro i capelli incollati.

Ma quando si risollevò teneva in mano un braccialetto di nero ferro e Dirk vide che il braccio di Janacek era nudo e sentì una fitta di improvviso dolore. Vikary mise il ferro vuoto in tasca. Dirk trattenne le lacrime e la lingua e non disse niente.

«Dobbiamo andare».

«Ma dobbiamo abbandonarlo qui?», chiese Dirk.

«Abbandonarlo?», Vikary corrugò la fronte. «Ah, capisco. I Kavalari non fanno sepolture, t’Larien. Abbandoniamo i nostri morti nella foresta, per tradizione e non ci vergognamo di lasciarli in pasto agli animali. La vita deve alimentare la vita. Non ti sembra più utile che questa sua forte carne possa nutrire un veloce predatore, invece che delle sporche larve ed i vermi di un camposanto?».

Così si apprestarono ad abbandonarlo dove Vikary lo aveva posato, in un piccolo spazio aperto tra l’interminabile macchia giallo-bruna. Così si allontanarono nel sottobosco alla volta di Kryne Lamiya. Dirk portava il suo aeroscooter e cercava di tenere il passo più rapido di Vikary. Camminava solo da pochi istanti, quando si ritrovarono presso ad un dirupo fatto di rocce contorte e nere.

Quando Dirk raggiunse la barriera, Jaan era già quasi arrivato alla cima. Il sangue di Janacek era diventato una crosta marrone sui vestiti di Jaan e, da sotto, Dirk ne vedeva chiaramente le tracce. Altrove, i vestiti del Kavalar erano diventati neri. Si arrampicava con regolarità, con il fucile appeso dietro alla schiena, muovendo le mani robuste con sicurezza da un appiglio all’altro.

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