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— Ol'ga… — Sveta reagì nel modo giusto. Mi passò un braccio attorno alle spalle, lanciò un'occhiata di fuoco al cameriere e mi trascinò nella sala del ristorante.

In quel momento in mezzo a noi si insinuò il bambino, che stava risalendo la piccola folla avida e curiosa. Con un grido si lanciò sulla madre, che proprio in quel momento stavano cercando di sollevare dal cadavere. Approfittando di quell'intromissione, la donna si gettò di nuovo sul corpo del marito e cominciò a scuoterlo: — Alzati! Gena, alzati! Alzati!

Sentii come tremava Svetlana osservando quella scena. Mormorai: — Allora? Mettiamo a ferro e fuoco tutte le Forze delle Tenebre?

— Perché l'hai fatto? L'avrei capito lo stesso! — mi sibilò Svetlana furibonda.

— Che cosa?!

Ci guardammo negli occhi.

— Non sei stato tu? — mi chiese lei in tono incerto. — Scusami, ti credo.

Fu allora che capii di essere definitivamente incastrato.

L'inquirente non mi giudicò particolarmente interessante. Dai suoi occhi traspariva già la lettura dell'accaduto che aveva scelto: decesso dovuto a cause naturali. Problemi di cuore, abuso di stupefacenti, o qualsiasi altro motivo. Non provava, e nemmeno avrebbe potuto provare, la minima compassione per un uomo che frequentava ristoranti di quel livello.

— Il cadavere era in questa posizione?

— In questa posizione — confermai in tono stanco. — È stato orribile.

L'inquirente si strinse nelle spalle. In quel cadavere non ci trovava niente di particolarmente orribile, tanto più che non era neppure insanguinato. Ma con magnanimità volle darmi lo stesso ragione: — Sì, uno spettacolo penoso. C'era qualcuno nelle vicinanze?

— Nessuno. Poi però è arrivata una donna, la moglie del morto, con un bambino.

Un sorriso storto fu la ricompensa che ricevetti per quella risposta deliberatamente incoerente.

— Grazie, Ol'ga. Non è escluso che ci sia necessario metterci ancora in contatto con lei. Non avete intenzione di lasciare la città?

Scossi energicamente il capo. La polizia non mi preoccupava per nulla.

Mentre mi preoccupava moltissimo il Capo, che scorsi in quel momento, tranquillamente seduto a un tavolino nell'angolo.

Concluso il mio interrogatorio, l'inquirente si allontanò per andare a cercare la "moglie della vittima". Boris Ignat'evič, invece, si diresse subito al nostro tavolo. Doveva essere coperto da una leggera magia di distrazione, perché nessuno pareva notarlo.

— Avete finito di giocare? — si limitò a chiederci.

— Noi? — precisai per ogni evenienza.

— Sì. Voi. Tu, per essere più precisi.

— Ho eseguito tutte le istruzioni che mi sono state date — sussurrai, cominciando a scaldarmi. — E quel mago non l'ho nemmeno sfiorato!

Il Capo sospirò.

— Non lo metto in dubbio. Ma cosa ti è passato per la testa? Tu, un agente della Guardia, al corrente di tutta la situazione, metterti da solo alle calcagna di un mago delle Tenebre?

— Ma chi poteva prevederlo? — mi difesi. — Chi?

— Tu. Visto che eravamo arrivati ad adottare queste misure, questo mascheramento senza precedenti. Quali erano le istruzioni? Non restare solo neppure per un minuto! Neppure per un minuto! Mangiare, dormire… insieme a Svetlana. Fare anche la doccia insieme a lei! In modo da essere in ogni istante, in ogni istante… — Il Capo sospirò e tacque.

— Boris Ignat'evič — intervenne Svetlana inaspettatamente. — Ora questo non ha più importanza. Pensiamo a che cosa fare adesso.

Il Capo la guardò con un certo stupore. Poi annuì. — La bambina ha ragione. Pensiamoci. Cominciamo dal fatto che la situazione è peggiorata in modo catastrofico. Se prima Anton era uno dei sospettati, adesso praticamente l'hanno in pugno. Non dire di no! Ti hanno visto sopra il cadavere ancora caldo. Il cadavere di un mago delle Tenebre, ucciso nello stesso modo di tutte le vittime precedenti. Difenderti dall'incriminazione non è più in nostro potere. I Guardiani del Giorno si rivolgeranno al Tribunale e richiederanno la lettura della tua memoria.

— È una cosa così pericolosa? — chiese Svetlana. — Sì? Perché comunque si chiarirebbe che Anton è innocente?

— Certamente, ma intanto le Forze delle Tenebre verrebbero a conoscenza di tutte le informazioni in suo possesso. Svetlana, ti immagini quante cose sa il responsabile del sistema informatico della Guardia? Anche ammettendo che egli stesso non sia a conoscenza di ogni particolare, che certi dati li abbia solo scorsi rapidamente, elaborati e poi dimenticati, le Forze delle Tenebre schiereranno i loro specialisti. E quando Anton, assolto, lascerà la sala del Tribunale — ammesso che abbia sopportato il rovesciamento della coscienza — i Guardiani del Giorno saranno al corrente di tutte le nostre operazioni. Ti rendi conto di quello che accadrà? I nostri metodi di addestramento e di ricerca di nuovi Altri, l'analisi delle operazioni di guerra, la rete degli informatori, le statistiche sulle perdite, i dati di archivio relativi ai nostri membri, la situazione finanziaria…

Quei due parlavano di me, mentre io me ne stavo lì seduto come se la cosa non mi riguardasse. E non si trattava tanto di cinica franchezza, quanto di un fatto preciso: il Capo chiedeva consiglio a Svetlana, mago alle prime armi, e non a me, mago potenzialmente di terzo livello.

A tradurre i nostri rapporti nel linguaggio degli scacchi, la situazione era anche troppo chiara. Io ero un alfiere, uno dei tanti bravi alfieri della Guardia. E Svetlana era un pedone. Ma un pedone che si preparava a trasformarsi in regina.

E tutti i guai che potevano capitarmi per il Capo erano passati in secondo piano davanti alla possibilità di impartire a Svetlana una piccola lezione pratica.

— Boris Ignat'evič, sa benissimo che non permetterò che leggano la mia memoria — dissi.

— Allora sarai condannato.

— Lo so. Posso comunque giurare di non avere nessun rapporto con la morte di questi maghi delle Tenebre. Però non ho nessuna prova.

— Boris Ignat'evič, e se proponessimo loro di verificare pure la memoria di Anton, ma solo per quanto riguarda la giornata di oggi? — esclamò Svetlana contenta. — Dovrebbe bastare per convincerli…

— La memoria non si può tagliare a fette, Sveta. Si riepiloga per intero. Partendo dal primo istante di vita. Dal profumo del latte materno, dal gusto del liquido amniotico. — Adesso il Capo parlava con fredda perentorietà. — Ecco il problema. Anche se Anton non conoscesse nessun segreto, immagina cosa può essere ricordare e rivivere di nuovo tutto! La sospensione nel liquido oscuro, vischioso, le pareti che si contraggono, il barlume della luce davanti, il dolore, il soffocamento, la necessità di rivivere la propria nascita. E poi il resto, minuto per minuto. Hai mai sentito dire che negli attimi prima di morire si rivede tutta la propria vita? Il rovesciamento della memoria è qualcosa del genere. Inoltre da qualche parte, negli strati più profondi della coscienza, rimane il ricordo anche di questo evento. Capisci? È molto difficile non impazzire, dopo…

— Parla come se… — Svetlana si interruppe, incerta.

— Io l'ho provato. Non in un interrogatorio. Più di un secolo fa, quando la Guardia aveva solo cominciato a studiare gli effetti del rovesciamento della memoria, c'era bisogno di un volontario. Poi c'è voluto circa un anno perché mi rimettessero in sesto.

— E come hanno fatto? — chiese Svetlana incuriosita.

— Con nuove impressioni. Esperienze che non avevo mai vissuto prima. Paesi sconosciuti, piatti nuovi, incontri imprevedibili, problemi insoliti. E ciò nonostante… — il Capo fece un sorriso forzato — ogni tanto mi scopro a chiedermi se quello che mi circonda è la realtà o solo il suo ricordo, se sto vivendo o sono sdraiato su una lastra di cristallo nella sede della Guardia del Giorno mentre stanno srotolando la mia memoria come una matassa di lana…

Tacque.

Intorno a noi c'era gente seduta ai tavoli, e camerieri che correvano avanti e indietro. I poliziotti se n'erano andati, portandosi via il corpo del mago delle Tenebre, mentre un uomo, forse un parente, era venuto a prendere la vedova e i bambini. Più nessuno sembrava preoccuparsi di quello che era appena accaduto. Sembrava, anzi, che i clienti adesso avessero più appetito, e più sete di vita. Nessuno faceva caso a noi: il rapido incantesimo di cui si era servito il Capo costringeva tutti a distogliere lo sguardo.

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