E in quell'istante ricevetti un altro colpo. Del tutto diverso. Né crampi, né dolore, solo mi si seccò la gola, le gengive s'intorpidirono, il sangue mi pulsò alle tempie e la punta delle dita cominciò a prudermi.
Ci siamo!
Ma perché proprio nel momento peggiore?
Mi alzai. Il treno aveva già rallentato in prossimità della stazione. La ragazza mi passò accanto e percepii il suo sguardo. Mi seguiva. Aveva paura. Evidentemente il vortice malefico la rendeva inquieta, anche se lei non lo avvertiva, costringendola a scrutare chi le stava intorno.
Forse per questo era ancora viva?
Cercando di non guardare nella sua direzione, affondai la mano nella tasca. Tastai l'amuleto: una fredda sbarra cesellata di onice. Rallentai ancora un secondo, cercando di escogitare altre azioni.
No, non c'era via d'uscita.
Strinsi la sbarra nel pugno. La strofinai con le dita e la pietra si riscaldò, emanando l'energia accumulata. La sensazione non era illusoria, ma questo era un calore che non si misurava col termometro. Era come se stringessi un carbone ardente… un carbone coperto di fredda cenere, ma incandescente all'interno.
Dopo aver caricato l'amuleto, gettai uno sguardo alla ragazza. Il vortice ondeggiava, piegandosi verso di me. Era tanto potente da intaccare l'intelletto.
Colpii.
Non solo nel vagone, ma in tutto il treno, anche un solo Altro avrebbe visto lo scoppio accecante trapassare con uguale leggerezza il metallo e il cemento…
Non avevo mai colpito prima un vortice malefico di una struttura così complicata. E non avevo mai dotato prima l'amuleto di una carica così potente.
L'effetto fu del tutto inatteso. Le deboli maledizioni scagliate sulle altre persone furono subito spazzate via. Una donna anziana che si passava stancamente la mano sulla fronte si guardò stupita il palmo: la sua crudele emicrania cessò di colpo. Un giovane, che fissava ottusamente il vetro, sussultò, il suo viso si rilassò e dai suoi occhi sparì una cupa angoscia.
Il vortice nero sopra la ragazza si ridusse di circa cinque metri, una buona metà schizzò fuori dal vagone. Ma non perse la sua struttura e rifluì zigzagando verso di lei.
Che potenza!
Che struttura mirata!
Si dice, ma in verità io non l'ho mai constatato, che se il vortice si è ridotto di due o tre metri perda l'orientamento, colpendo la persona più prossima. Anche questo è negativo, ma la maledizione di un altro ha un effetto assai più debole e la nuova vittima ha maggiori possibilità di salvarsi.
Questo vortice balzò indietro, come un cane fedele che torna dal padrone in pericolo!
Il treno si stava arrestando. Gettai un ultimo sguardo al vortice: era di nuovo sospeso sopra la ragazza e turbinava più veloce… E io non potevo fare nulla, proprio nulla. Lì accanto, nella stazione, c'era l'obiettivo di tutte le mie peregrinazioni di settimane per Mosca. Non potevo andare oltre, per seguire la ragazza. Il Capo mi avrebbe mangiato vivo… e con tutta probabilità non solo in senso figurato…
Quando le porte si aprirono stridendo, rivolsi alla ragazza un ultimo sguardo, affrettandomi a memorizzare la sua aura. Le possibilità di ritrovarla nella città immensa erano poche. Eppure dovevo provarci.
Ma non ora.
Mi precipitai fuori dal vagone e mi guardai intorno. L'esperienza sul campo non bastava, in questo il Capo aveva assolutamente ragione. Ma il metodo d'insegnamento da lui usato non mi piaceva affatto.
Come facevo, dannazione, a trovare l'obiettivo?
Osservavo con la vista normale le persone, ma nessuna di loro mi insospettiva. Finora c'era stata una gran ressa di passeggeri: in fondo mi trovavo in centro, nella Kurskaja, sulla linea circolare, c'erano persone in arrivo dalla stazione e venditori che si disperdevano, e ancora quelli che si affrettavano a prendere le coincidenze per i loro quartieri dormitorio… Socchiudendo gli occhi potevo osservare uno spettacolo più attraente: quello delle aure che sbiadivano, come sempre verso sera. Tra esse un'aura maligna ardeva come una macchia di un rosso brillante e l'aura di una coppietta, che evidentemente aveva fretta di raggiungere casa, riluceva di un arancione penetrante. Simili a strisce di un grigio-marrone slavato erano invece le aure evanescenti degli ubriachi.
Ma non c'era alcun indizio. Solo secchezza alla gola, torpore alle gengive e il martellare folle del cuore. Il sapore del sangue sulle labbra. Un'eccitazione crescente.
Tutti segni marginali e tuttavia persino troppo evidenti per mancarli.
Ma chi erano? Chi?
Il treno si mosse alle mie spalle. La sensazione che l'obiettivo fosse vicino non si era ancora attenuata; voleva dire che non c'eravamo ancora. Avanzò un convoglio. E sentii che l'obiettivo sussultava, muovendosi incontro a quello.
Avanti!
Attraversai la banchina, e destreggiandomi verso i segnali tra i passeggeri che mi fulminavano, raggiunsi la coda del treno. La sensazione cominciò ad attenuarsi. Corsi fino al vagone di testa… c'era… si faceva più vicina…
La gente entrava nei vagoni. Corsi lungo tutto il convoglio, mentre una densa saliva mi riempiva la bocca, i denti cominciavano a dolermi e le dita erano in preda ai crampi… Nella cuffia ronzava la musica:
In the shadow of the moon,
She danced in the starlight
Whispering a haunting tune
To the night…
Oh, un motivo appropriato. Incredibilmente appropriato.
E non di buon augurio.
Saltai tra le porte che si chiudevano, mi bloccai, concentrandomi su me stesso. Avevo indovinato? Con la vista non riuscivo neppure adesso a mettere a fuoco l'obiettivo…
Avevo indovinato.
Il treno sfrecciò lungo l'anello e i miei sensi in tumulto gridavano: "È qui! È qui vicino!"
Avevo indovinato anche il vagone?
Dopo aver guardato di sottecchi i miei compagni di viaggio, rinunciai alla speranza. Qui non c'era nessuno degno di attenzione.
Pazienza, bisognava aspettare…
Feel no sorrow, jeef no pain,
Feel no hurt, ther's nothing gamed…
Only love will then remain,
She would say.
Al Prospekt Mira sentii che l'obiettivo si allontanava. Balzai fuori dal vagone e mi incamminai verso la coincidenza. Era lì vicino, da qualche parte, vicino…
Alla stazione radiale la percezione dell'obiettivo si fece quasi tormentosa. Avevo già esaminato alcuni possibili candidati: due ragazze, un giovane, un ragazzino. Erano tutti dei potenziali candidati, ma chi era di loro?
I quattro salirono nello stesso vagone. Era già una fortuna. Li seguii e mi misi ad aspettare.
Una delle ragazze scese alla fermata Rižskaja.
La percezione dell'obiettivo non si era indebolita.
Il giovane scese alla Alekseevskaja.
Magnifico. La ragazza o il ragazzino? Chi dei due?
Osai guardare entrambi di sottecchi. La ragazza era grassottella, rosea, immersa nella lettura di "Moskovskij Komsomolec". Non sembrava per nulla turbata. Il ragazzino, al contrario, esile e fragile, stava davanti alla porta e passava un dito sul vetro.
Al mio sguardo la ragazza era molto, ma molto… più appetibile. Due a uno che si trattava di lei.
Ma forse qui c'entrava solo il sesso.
Sentivo già il Richiamo. Che era ancora senza parole. Solo una lenta, tenera melodia. Subito smisi di ascoltare il suono che usciva dalla cuffia: il Richiamo aveva sommerso la musica.
Né la ragazza né il ragazzino parevano agitarsi troppo. O possedevano una soglia di tolleranza molto elevata oppure, al contrario, erano stati subito sopraffatti.
Il treno giunse alla stazione VDNCh. Il ragazzino uscì sulla banchina e si incamminò in fretta verso la vecchia uscita. La ragazza rimase.