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— Ol'ga? — domandai, fissando la mia vecchia faccia. La mia compagna, e adesso anche inquilina del mio corpo, annuì. Guardando confuso il suo… il mio viso, notai che quella mattina non mi ero rasato molto bene. E che sulla fronte mi stava maturando un piccolo brufolo rosso, degno di un adolescente in piena età dello sviluppo.

— Anton, stai tranquillo, anch'io cambio sesso per la prima volta.

Non so perché, ma le credetti. Nonostante la sua età, era abbastanza probabile che Ol'ga non si fosse mai trovata in una situazione così spinosa.

— Ti sei ambientato? — mi chiese il Capo.

Mi guardai ancora una volta, un po' osservandomi le mani, un po' studiando il mio riflesso nei vetri degli scaffali.

— Andiamo. — Ol'ga mi prese per mano. — Boris, un attimo… — I suoi movimenti erano incerti quanto i miei, forse addirittura di più. — Luce e Tenebre, ma come camminate voi maschietti? — esclamò improvvisamente.

Allora mi misi a ridere. Io, l'obiettivo della provocazione della Guardia del Giorno, ero stato messo al riparo nel corpo di una donna! E per l'esattezza nel corpo dell'amante del Capo, vecchio quanto la cattedrale di Notre Dame di Parigi!

Ol'ga mi spinse letteralmente nel bagno — notai con un piacere istintivo la mia forza — e mi fece chinare sulla vasca. Poi mi indirizzò in faccia il getto dell'acqua fredda della doccia, già premurosamente preparata per quell'evenienza.

Sbuffando mi divincolai dalla sua stretta. Riuscii a malapena a soffocare l'impulso di assestarle un bello schiaffo… o l'avrei assestato a me stesso? A quanto pare i processi motori di quel corpo non mio cominciavano a rimettersi in moto.

— Non è una crisi isterica — dissi irritato. — È che è tutto così ridicolo.

— Davvero? — Ol'ga mi guardava, aggrottando la fronte. Possibile che quello fosse il mio sguardo, quando volevo assumere un'espressione di benevolenza mista a dubbio?

— Assolutamente.

— Allora datti un'occhiata.

Mi avvicinai allo specchio, grande e sontuoso come tutte le suppellettili di quella stanza da bagno segreta, e fissai la mia immagine.

Il risultato fu strano. Osservando il mio nuovo aspetto, mi calmai completamente. Probabilmente se mi fossi ritrovato in un corpo altrui maschile, lo shock sarebbe stato maggiore. Ma così… niente di speciale, a parte la sensazione di essere mascherato.

— Non state agendo su di me? — le chiesi. — Tu o il Capo?

— No.

— Vuol dire che ho nervi molto saldi.

— E hai anche il rossetto sbavato — notò Ol'ga ridacchiando. — Sei capace di truccarti le labbra?

— Ma sei impazzita? No di certo!

— Ti insegnerò io. Non ci vuole molto. Sei stato fortunato, Anton.

— Perché?

— Se tutto questo fosse successo tra qualche giorno, avresti dovuto imparare anche a usare gli assorbenti.

— Come tutti gli uomini che guardano la televisione, so perfettamente come si usano.

Capitolo 2

Uscii dall'ufficio di Boris Ignat'evič e mi fermai per un attimo, lottando contro la tentazione di tornare indietro.

Potevo rifiutare in qualsiasi momento il piano organizzato dal Capo. Bastava che mi girassi, pronunciassi qualche parola, e Ol'ga e io ci saremmo ritrovati nei nostri veri corpi. Ma nell'ultima mezz'ora di colloquio il Capo mi aveva dato motivi sufficienti per ritenere che lo scambio dei corpi fosse l'unica risposta efficace alla provocazione degli agenti delle Tenebre.

In fondo non è ragionevole rifiutare una cura risolutiva solo perché le punture fanno male.

In borsetta avevo le chiavi dell'appartamento di Ol'ga. Insieme a soldi e carta di credito — in un borsellino — trucchi, un fazzoletto, un assorbente (perché, poi, se non mi doveva servire?), una confezione già aperta di mentine, un pettine, qualche moneta, uno specchietto, un minuscolo cellulare…

Le lasche vuote dei jeans, invece, mi trasmettevano un'inconscia sensazione di perdita. Le esplorai per un secondo, sperando di trovarci almeno una monetina dimenticata, ma finii con il convincermi che, come la maggioranza delle donne. Ol'ga teneva tutto nella borsetta.

Non che le tasche vuote fossero il mio problema principale, quel giorno. Ma era comunque un particolare irritante. Trasferii qualche banconota dalla borsetta alla tasca e mi sentii più sicuro.

Peccato soltanto che Ol'ga non usasse il walkman…

— Ciao. — Era arrivato Garik. — È libero il Capo?

— È… con Anton… — risposi.

— Va tutto bene, Ol'ga? — Garik mi guardò attentamente. Non so che cosa avesse notato: un'intonazione diversa, i movimenti incerti, una nuova aura. Ma se perfino un operativo, con cui né io né Ol'ga avevamo particolari rapporti, avvertiva il cambiamento… non valevo un fico secco.

Nel frattempo Garik mi aveva rivolto un sorriso timido, incerto, che mi colse di sorpresa: non mi ero mai accorto che cercasse di flirtare con le ragazze della Guardia della Notte. Faceva fatica perfino a fare conoscenza con le ragazze del genere umano, e nel complesso negli affari di cuore era decisamente sfortunato.

— Niente di grave. Abbiamo avuto una piccola discussione. — Mi voltai e, senza salutarlo, mi avviai verso le scale.

Era la versione per la Guardia del Giorno nel caso poco verosimile che tra di noi ci fosse un loro agente. A quanto ne sapevo, di casi simili ce n'erano stati uno o due in tutta la storia dei Guardiani, ma non si sa mai… meglio che tutti credessero che Boris Ignat'evič aveva litigato con la sua vecchia amica.

In effetti c'era anche il pretesto, e tutt'altro che insignificante. La reclusione secolare nell'ufficio del Capo, l'impossibilità di assumere sembianze umane, poi la riabilitazione parziale ma con la perdita della maggioranza dei poteri magici. Motivi più che sufficienti per giustificare una bella arrabbiatura… Così almeno mi ero liberato dalla necessità di impersonare la ragazza del Capo, che sarebbe stato decisamente eccessivo.

Immerso in questi pensieri, raggiunsi il secondo piano. Bisognava riconoscere che Ol'ga aveva cercato in tutti i modi di facilitarmi la vita. Quel giorno si era messa i jeans, e non il solito tailleur, o un vestito, e in più aveva scelto un paio di scarpe per correre, e non quelle con il tacco alto. Perfino il leggero profumo che mi aleggiava intorno non era troppo stordente.

Viva la moda unisex… e pensare che non l'avevo mai apprezzata…

Sapevo cosa dovevo fare adesso, come dovevo comportarmi. Ma era lo stesso molto difficile. Non dovevo avviarmi verso l'uscita, ma imboccare un corridoio laterale, seminascosto e tranquillo.

E poi sprofondare nel passato.

Dicono che gli ospedali abbiano un loro inconfondibile odore. Certamente. E non è strano, sarebbe più strano se non esistesse un odore speciale per quel miscuglio di disinfettanti e di ferite, di autoclavi e di dolore, di biancheria statale e di cibo insipido.

Ma da dove proviene, ditemelo, vi prego, da dove proviene l'odore caratteristico delle scuole e dei licei?

Nella sede della Guardia si studiano solo alcune materie. Ci sono argomenti che è più comodo insegnare all'obitorio, di notte: abbiamo i nostri uomini sul posto. Altri che si imparano sul territorio. Altri ancora che vengono presentati all'estero, nel corso di viaggi turistici finanziati dalla Guardia. Quando sono stato istruito io, mi hanno portato a Haiti, in Angola, negli USA e a Cuba.

Ciò nonostante, certi argomenti si possono trattare solo sul territorio della Guardia, un edificio coperto di magia e di incantesimi protettivi dalle fondamenta fino all'ultima tegola del tetto. Trent'anni prima, quando la Guardia si era trasferita in quella sede, avevano organizzato tre aule, della capienza di una quindicina di persone ciascuna. Non ho ancora capito cosa ci fosse alla base di tanta grandiosità, se un eccesso di ottimismo o una sovrabbondanza di spazi. Perfino ai miei tempi, ed era un anno molto fortunato, utilizzavamo una sola aula, e anche quella rimaneva mezzo vuota.

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