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— No — rispondo. — Non è a causa di te. È a causa di me.

Le sue spalle si afflosciano, non so se per sollievo o tristezza. — Allora a causa di Don? È per colpa sua che fai questo, perché ti ha convinto che ti manca qualcosa essendo come sei?

— Non è per colpa di Don… o almeno non solo… — Eppure è evidente, penso, e mi chiedo come faccia Marjory a non capirlo. Era lì quando la guardia all'aeroporto mi fermò e io rimasi senza parole e lei dovette aiutarmi. Era lì quando dovevo parlare con l'agente di polizia e mi si bloccò la lingua e Tom dovette aiutarmi. Non mi piace essere quello che ha sempre bisogno di aiuto. — Si tratta di me — spiego. — Voglio non avere problemi all'aeroporto e talvolta con altra gente, quando mi è difficile parlare e tutti mi guardano. Voglio andare in posti e imparare cose che non sapevo di poter vedere e imparare…

Il viso di Marjory cambia di nuovo, si rilassa, e la sua voce è più calma. — In cosa consiste questo trattamento, Lou? Cosa accadrà?

Apro la cartella che ho portato. Non dovremmo parlare del trattamento, perché è brevettato e sperimentale, ma secondo me questa non è una buona idea. Se qualcosa dovesse andar male, è bene che qualcuno al di fuori della compagnia ne sappia qualcosa. Non ho detto a nessuno che portavo via la cartella e nessuno mi ha fermato.

Comincio a leggere, ma Lucia m'interrompe quasi subito.

— Lou… adesso riesci a capire questa roba?

— Sì… credo di sì. Dopo Cego e Clinton, sì.

— Perché non lasci che legga io, allora? Posso comprendere meglio di che si tratta se vedo le parole. Poi possiamo parlarne.

Non c'è nulla di cui parlare in realtà. Io sono deciso a tentare il trattamento. Ma porgo a Lucia la cartella, Marjory le si avvicina e cominciano a leggere insieme. Guardo Tom. Lui alza le sopracciglia e scuote la testa.

— Sei un uomo coraggioso, Lou. Lo sapevo già, ma questo… Io non so se avrei il fegato di lasciare che qualcuno trafficasse con il mio cervello.

— Ma tu non ne hai bisogno — dico. — Tu sei normale. Sei un professore titolare. Hai Lucia e questa casa. — Non posso dire altre cose che penso, che lui è a suo agio con il proprio corpo, che vede e sente e gusta e annusa e prova sensazioni come gli altri, così che la sua realtà può coincidere con la loro.

— Pensi che tornerai da noi? — mi chiede Tom. Sembra triste.

— Non lo so — dico. — Spero che continuerò ad amare la scherma, perché è divertente, ma non lo so.

— Hai tempo di rimanere, stasera?

— Sì — dico.

— Allora usciamo. — Si alza e mi fa strada verso il ripostiglio. Lucia e Marjory restano in salotto a leggere. Nel ripostiglio Tom mi parla. — Lou, sei certo che non stai facendo questo perché sei innamorato di Marjory? Perché vuoi essere un uomo normale per lei? Sarebbe una nobile azione, ma…

Mi sento caldo dappertutto. — Non lo faccio per lei. Lei mi piace. Desidero toccarla e stringerla e… fare cose che non sono appropriate. Ma questo è… — Allungo una mano e tocco la rastrelliera dove sono appese le armi, perché di colpo sto tremando e ho paura di cadere. — Le cose non rimangono uguali — dico. — Io non sono lo stesso. Non posso evitare di cambiare. Questo… è solo un cambiamento più affrettato. E io l'ho scelto.

— "Temi il cambiamento e ti distruggerà; abbraccia il cambiamento e ti farà più grande" — dice Tom con la voce che usa per le citazioni. Non so cosa stia citando. Poi continua con la sua voce normale e con una piccola vena di scherzo: — Allora scegli le tue armi: se non verrai qui per un po' di tempo, voglio essere sicuro di prendermi la mia batosta questa sera.

Io prendo le armi e la maschera e ho già infilato il giubbotto quando ricordo che non ho fatto gli stiramenti. Siedo nel patio e comincio. Lì fa più freddo, il lastricato sotto di me è duro e gelido.

Tom mi siede di fronte. — Io i miei li ho fatti, ma farne di più fa bene, specie quando uno sta diventando vecchio — dice. Quando si piega per appoggiare il viso sul ginocchio, vedo che i capelli in cima al capo gli si stanno diradando e che c'è parecchio grigio in essi. — Cosa farai dopo aver subito il trattamento?

— Mi piacerebbe andare nello spazio — dico.

— Tu…? Lou, tu non smetti mai di sorprendermi. Non sapevo che volessi andare nello spazio. Quando hai cominciato a desiderarlo?

— Quando ero piccolo — dico. — Ma sapevo di non poterlo fare. Sapevo che non era appropriato.

— Quando penso allo spreco… — dice Tom, piegando di nuovo la testa per appoggiare il viso sull'altro ginocchio. — Lou, questa tua decisione mi preoccupava molto, ma adesso penso che hai fatto bene a prenderla. Il tuo potenziale è troppo alto perché tu debba restare impacciato da un handicap per il resto della tua vita. Però farà soffrire Marjory il fatto che tu finirai per staccarti da lei.

— Non voglio far soffrire Marjory — dico. — Non credo che finirò per staccarmi da lei.

— Lo so. Lei ti piace molto… no, tu l'ami, è chiaro. Ma, Lou… tu stai per subire un grande cambiamento. Non sarai la stessa persona.

— Comunque lei mi piacerà sempre… no, l'amerò sempre — dico. Non avevo pensato che diventare normale mi rendesse questo più difficile o addirittura impossibile. E non capisco perché Tom lo creda.

— Sono certo che sarà così, Lou, ma non sarà la stessa cosa. Non è possibile che lo sia. Vedi, se io perdessi un piede potrei ancora tirare di scherma, ma i miei schemi dovrebbero cambiare, no?

Non mi piace pensare che Tom perda un piede, ma capisco quello che vuoi dire. Annuisco.

— Così, se tu subirai un enorme cambiamento in ciò che sei, allora la configurazione che si è creata fra te e Marjory cambierà. Può darsi che voi due vi avviciniate di più o può darsi che vi allontaniate.

Adesso so ciò che non sapevo pochi minuti fa, che io avevo nutrito un profondo e nascosto desiderio riguardo Marjory, il trattamento e me. Avevo sperato che se fossi diventato normale avremmo potuto essere normali insieme, sposarci e avere bambini e vivere una vita normale.

— Non sarà la stessa cosa, Lou — ripete Tom da dietro la maschera. Vedo lo scintillio dei suoi occhi.

— Non può esserlo.

Tirare di scherma è la stessa cosa e non lo è. Gli schemi di Tom sono sempre più chiari per me ogni volta che c'incontriamo, ma i miei schemi… non riesco a tenerli a fuoco. La mia attenzione oscilla. Marjory verrà fuori? Vorrà battersi con me? Cosa staranno dicendo, lei e Lucia, del contenuto della cartella? Quando mi concentro posso colpire Tom, ma poi perdo la concentrazione ed è lui a colpire me. Quando Lucia e Marjory arrivano, io e Tom ci siamo giusto fermati per riprendere fiato. Nonostante la notte sia molto fresca, siamo sudati.

— Bene — dice Lucia. Io aspetto, ma lei non aggiunge altro.

— A me sembra pericoloso — commenta Marjory.

— Armeggiare con il riassorbimento neurale e poi con la rigenerazione…

— Ci sono troppe possibilità che finisca in un disastro — spiega Lucia. — Inserzione virale di materiale genetico bene, una tecnologia vecchia e sperimentata. Nanochirurgia per le cartilagini, contenimento dell'infiammazione, benissimo. Ma quel pasticciare con le mutazioni dei geni… e quel trafficare col midollo per la rigenerazione delle ossa… e poi…

Lucia continua a enumerare procedimenti di cui non so e non capisco nulla, ma non voglio sentire altre ragioni per avere paura.

— Comunque dopo tutto la decisione è tua — conclude.

— Sì — dico, e guardo Marjory. Non riesco a vietarmelo.

— Lou… — Poi lei scuote la testa e io so che non dirà quello che stava per dire. — Vuoi batterti? — chiede.

Non voglio battermi, voglio sedere accanto a lei. Voglio toccarla. Voglio andare a cena con lei e coricarmi con lei. Ma tutto ciò non posso farlo, non ancora. Mi alzo e rimetto la maschera.

Quel che sento quando la sua lama tocca la mia non posso descriverlo. È la sensazione più forte che io abbia mai provata. Sento il mio corpo vibrare e reagire in un modo che non è appropriato ma è stupendo. Vorrei che tutto ciò continuasse in eterno e vorrei smettere e prenderla tra le braccia. Rallento, così da non toccarla troppo presto e perché l'incontro possa durare.

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