Poi il signor Stacy mi dice che devo firmare una querela contro Don. Non comprendo perché. È contro la legge fare le cose che Don ha fatto, e ci sono le prove che lui le ha fatte. Non dovrebbe importar nulla che io firmi denunce o no. Ma se la legge lo richiede, acconsento a firmarla.
— Cosa succederà a Don se verrà giudicato colpevole?
— Di atti di vandalismo ripetuti e culminanti in un'aggressione con scopi omicidi? Non se la caverà con meno di un PPD — dice Stacy. — Si tratta di un chip cerebrale programmabile atto al controllo della personalità. Lo innestano nel cervello…
— Lo so — dico. Mi sento gelare dentro: almeno io non devo contemplare la possibilità che m'inseriscano un chip nel cervello.
— Non è come si vede negli spettacoli — spiega Stacy. — Niente scintille, niente lampi abbaglianti… l'uomo semplicemente non sarà più in grado di fare certe cose.
Ciò che ho sentito dire… ciò che abbiamo sentito dire al Centro… è che il PPD controlla la personalità e costringe il riabilitando (questo è il termine che preferiscono usare) a fare soltanto ciò che gli vien detto di fare.
— Non potrebbe Don pagare solo le mie gomme e il mio parabrezza? — domando.
— Occorre controllare la recidività — dice Stacy frugando tra un mucchio di stampate. — Tornano a commettere lo stesso crimine, è provato. Proprio come lei non può smettere di essere lei, una persona autistica, così Don non può smettere di essere lui, una persona gelosa e violenta. Se se ne fossero accorti quando era piccolo, be', allora… oh, eccoci qui. — Tira fuori un foglio. — Questo è il modulo. Lo legga con attenzione, firmi dove c'è la X e metta la data.
Leggo il modulo, che ha sull'intestazione lo stemma civico. In esso si dice che io, Lou Arrendale, faccio denuncia di un sacco di cose alle quali non ho davvero mai pensato. Io credevo che la cosa fosse semplice: Don aveva cercato di spaventarmi e infine aveva cercato di farmi del male. Invece il modulo afferma che io lo sto denunciando per distruzione dolosa di beni, per furto di beni valutati più di $ 250, per aver fabbricato un ordigno esplosivo, per averlo piazzato in una mia proprietà, per aggressione a scopi omicidi con un ordigno esplosivo… — Perché, quel falso giocattolo poteva uccidermi? — chiedo. — Qui dice "aggressione con un'arma letale".
— Gli esplosivi sono un'arma letale. È vero che l'accensione non era programmata bene e quindi l'ordigno non è esploso quando avrebbe dovuto, e la quantità di esplosivo impiegata non conta. Lei avrebbe potuto perdere alcune dita o rimanere sfregiato. A norma di legge è così.
— Io non sapevo che con una sola azione, portar via la batteria e mettere al suo posto un diavoletto a molla, si potesse infrangere più di una legge.
— Non lo sanno nemmeno un sacco di criminali — dice Stacy. — Ma il cumulo dei reati è una cosa comune. Mettiamo che un criminale entri in una casa mentre i proprietari sono assenti e rubi delle cose. C'è una legge che riguarda lo scassinare le porte e un'altra che riguarda il furto.
Però io non ho realmente denunciato Don per aver fabbricato un ordigno esplosivo, perché non ho mai saputo che lo stava fabbricando. Guardo il tenente Stacy: è chiaro che ha una risposta per ogni domanda, quindi non servirebbe a niente discutere. Non mi sembra giusto che una sola azione faccia scaturire quel diluvio di denunce, ma ho sentito parlare altre volte di questo stesso tipo d'ingiustizie.
Il modulo continua a enumerare quanto Don ha fatto in linguaggio meno formale: parla delle gomme, del parabrezza, del furto di una batteria d'automobile valutata $ 262,37, del piazzamento dell'ordigno esplosivo sotto il coperchio del cofano e dell'aggressione nel parcheggio. Con tutte queste azioni descritte in ordine, appare evidente che Don ha davvero fatto tutto ciò, che aveva seriamente l'intenzione di farmi del male e che anche il primo sabotaggio era foriero di conseguenze fatali.
Ma per me capire risulta ancora difficile. Io so ciò che Don ha detto, quali parole ha usato, tuttavia per me non hanno molto senso. Don è un uomo normale. Poteva parlare con Marjory a suo agio, e infatti le parlava. Niente gli impediva di diventare suo amico, niente tranne se stesso. Non è colpa mia se a lei io piaccio. Non è colpa mia averla conosciuta alle lezioni di scherma, perché io ero là già da prima e non l'avevo mai conosciuta finché non è venuta.
— Io non so perché — dico.
— Perché cosa? — chiede Stacy.
— Non so perché Don si sia arrabbiato tanto contro di me — spiego.
Lui piega la testa da un lato. — Ma lui gliel'ha detto — risponde — e lei mi ha riferito quel che ha detto.
— Sì, ma la cosa non ha senso — dico. — A me Marjory piace moltissimo, ma lei non è la mia ragazza. Non l'ho mai portata fuori. Nemmeno lei mi ha portato fuori. Non ho mai fatto nulla che potesse far del male a Don. — Non dico a Stacy che mi piacerebbe uscire con Marjory: lui potrebbe chiedermi perché non lo faccio e io non voglio rispondere.
— La cosa non avrà senso per lei, ma ne ha per me — dice Stacy. — Noi ne vediamo un sacco di cose del genere, casi di gelosia che evolve in rabbia omicida. Lei non doveva far nulla di provocatorio: il delitto era in Don, nel suo intimo.
— Ma dentro, lui è una persona normale — insisto.
— Lui non è dichiaratamente insano di mente, Lou, tuttavia non è normale. Le persone normali non mettono ordigni esplosivi nelle automobili altrui.
— Lei vuol dire che Don è pazzo?
— Questo dovrà deciderlo il tribunale — dice Stacy. — Lou, perché sta cercando di scusarlo?
— Io non… Sono d'accordo, quello che ha fatto è sbagliato, ma avere un chip inserito nel cranio che farà di lui un'altra persona…
Stacy spalanca gli occhi. — Lou, io vorrei che persone come lei… cioè persone che non hanno nulla a che fare con l'amministrazione della giustizia… capissero che cosa sono realmente i PPD. Il chip non farà di Don un'altra persona. Lo farà diventare Don senza l'impulso a far del male alla gente che lo disturba in qualsiasi modo. Così noi non dovremo tenerlo rinchiuso per anni onde evitare che lui commetta di nuovo le stesse cattive azioni… lui non ne commetterà più, contro nessuno. Come pena, è molto più umana di come si usava prima, cioè rinchiudere i criminali per anni insieme ad altri criminali e in un ambiente che serviva solo a farli diventare peggiori. Il chip non gli farà male, non lo trasformerà in un robot. Don potrà vivere una vita normale. L'unica cosa che non potrà fare sarà commettere crimini violenti. Il chip è l'unico rimedio che funzioni, a questo scopo, se escludiamo la pena di morte… e questa, lo ammetto, mi pare un po' eccessiva per quanto Don ha fatto a lei.
— La cosa continua a non piacermi — dico. — Io non vorrei mai che qualcuno mi mettesse un chip nel cervello.
— I chip si usano anche a scopi terapeutici — mi spiega lui. Questo lo so: so che per certi attacchi non curabili, per il parkinsonismo e per certe lesioni al midollo spinale sono stati sviluppati chip e bypass speciali. Ma quanto al chip che vogliono impiantare su Don, non ne ho un'opinione favorevole.
Eppure è la legge. Il modulo non contiene una parola che non sia vera. Don ha fatto davvero tutte quelle cose. E io ho chiamato la polizia a causa di esse, tranne l'ultima volta, quando il crimine è avvenuto sotto gli occhi della polizia stessa. Alla fine del modulo, fra il testo e la riga per la mia firma, c'è una frase nella quale si dice: io giuro che tutto ciò che è riportato nella deposizione è vero. E a quanto ne so io è proprio vero, e questo dovrà bastarmi. Firmo sulla riga, aggiungo la data e porgo il modulo a Stacy.
— Grazie, Lou — dice lui. — Adesso il procuratore distrettuale desidera vederti per spiegarti cosa succederà in seguito.
Il procuratore distrettuale è una donna di mezza età con capelli neri e grigi molto ricciuti. La targhetta sulla sua scrivania dice: ASS. PD BEATRICE HUNSTON. La sua pelle ha il colore del pan di zenzero. Il suo ufficio è più grande del mio e tutto intorno ha scaffali con libri. Sono libri vecchi, avana con quadrati neri e rossi sui dorsi. Non danno l'impressione che qualcuno li abbia mai letti, e io mi chiedo se siano veri. Sul ripiano della scrivania, che è nera, c'è un calendario automatico.