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Galen aprì la bocca per parlare, poi la richiuse e scosse il capo.

«Anch’io preferirei parlare senza distrazioni» confermò Miles, guardingo, «quindi propongo quest’ordine: io sarò il primo a posare la mia arma, poi M… il clone, poi lei e da ultimo il capitano Galeni.»

«Che garanzia…» esclamò Galen lanciando un’occhiata a suo figlio. La tensione tra i due si fece insopportabile, uno strano miscuglio di rabbia, disperazione e angoscia.

«Le darà la sua parola» disse Miles, guardando Galeni, che confermò con un cenno del capo.

Seguì un silenzio di qualche secondo e poi Galen disse: «Va bene.»

Miles fece un passo avanti, si chinò, posò lo storditore al centro della piattaforma e indietreggiò. Mark ripeté gli stessi gesti, continuando a tenere lo sguardo fisso su di lui. Galen esitò per un lungo e angoscioso istante, mentre i suoi occhi non cessavano di calcolare probabilità e gesti, poi posò la sua arma con le altre. Galeni lo seguì senza esitazione, le labbra atteggiate a un sorriso che pareva un fendente di spada, lo sguardo imperscrutabile, da cui traspariva solo il sordo dolore che vi era comparso fin da quando suo padre era resuscitato.

«Faccia lei per primo la sua proposta» disse allora Galen a Miles, «se ne ha una.»

«La vita» rispose subito Miles. «In un posto che io solo conosco e che se mi stordirete non scoprirete mai in tempo, ho nascosto una nota di credito in contanti al portatore per centomila crediti betani… vale a dire mezzo milione di marchi imperiali. Posso darli a lei, con l’aggiunta di utili informazioni su come eludere la sicurezza barrayarana, che, tra parentesi, è già sulle vostre tracce…»

Il clone pareva molto interessato: aveva spalancato gli occhi a sentir menzionare la cifra e li spalancò ancor di più sentendo nominare la sicurezza barrayarana.

«… in cambio di mio cugino» Miles prese fiato, «mio fratello e la sua promessa di ritirarsi e di astenersi da futuri complotti contro l’Impero Barrayarano, che non porterebbero altro che inutili spargimenti di sangue e angoscia immeritata ai suoi pochi parenti sopravvissuti. La guerra è finita, Ser Galen; è arrivato il momento che qualcun altro provi un sistema diverso, forse migliore… ma che di certo non potrebbe essere peggiore del suo.»

«La rivoluzione non deve morire» sussurrò Galen come se parlasse a se stesso.

«Anche se muoiono tutti quelli che vi sono impegnati? "Non ha funzionato, quindi riproviamoci" Nel mio mestiere questa viene definita idiozia militare. Non so come la definiscano i civili.»

«La mia sorella maggiore una volta si arrese sulla parola di un barrayarano» commentò Galen gelido. «Anche l’ammiraglio Vorkosigan aveva fatto promesse di pace, con belle parole.»

«La parola di mio padre fu tradita da un suo sottoposto» disse Miles, «che non aveva saputo capire che la guerra era finita e che era giunto il momento di smettere. Questo errore lo ha pagato con la vita, venne condannato a morte per il suo crimine. E con quel gesto mio padre la vendicò; non poteva darle altro, perché non aveva il potere di riportare in vita i morti. E non posso farlo neppure io; posso solo cercare di impedire altre morti inutili.»

«E tu, David» disse Galen con un sorriso acido, «qual è il prezzo che mi offriresti per tradire Komarr? Cosa aggiungi al denaro del tuo padrone barrayarano?»

Galeni ascoltava con uno strano sorriso affettato sulle labbra, osservandosi le unghie. Le passò sulla stoffa dei pantaloni, incrociò le braccia e ammiccò. «Nipoti?»

Per un attimo, ma per un attimo solo, Galen parve colto alla sprovvista. «Non sei neppure fidanzato!»

«Potrei esserlo, un giorno. Solo se resto vivo, naturalmente.»

«E sarebbero tutti bravi sudditi imperiali» lo schernì Galen ritrovando con difficoltà il suo equilibrio.

Galeni scrollò le spalle. «Direi che si inserisce perfettamente nell’offerta di Vorkosigan. Non posso darti altro di quello che vuoi da me.»

«Voi due siete molto più simili di quanto pensiate» mormorò Miles. «Allora, qual è la sua proposta, Ser Galen? Perché ci ha fatti venire tutti qui?»

Galen spostò la mano destra verso la tasca con un movimento rapido, ma subito rallentò, piegò il capo di lato, come se chiedesse il permesso, con un sorriso disarmante sulle labbra. Ecco che arriva il secondo storditore, pensò Miles. Ma fingendo fino all’ultimo istante che non si tratti di un’arma. Non trasalì, ma automaticamente il suo cervello eseguì una serie di calcoli sulla velocità con cui avrebbe potuto scavalcare la ringhiera e sulla distanza che avrebbe potuto percorrere sott’acqua, senza respirare. Con gli stivali. Freddo e impassibile come sempre, neppure Galeni si mosse.

Neanche quando l’arma che comparve all’improvviso nella mano di Galen si rivelò per un mortale distruttore neuronico.

«Alcune situazioni di stallo» disse Galen, «sono più uguali di altre.» Il suo sorriso gelido divenne una parodia di se stesso. «Raccogli quegli storditori» ordinò al clone, che si chinò, li prese e se li ficcò tutti nella cintura.

«E adesso cosa ha intenzione di fare, con quello?» chiese Miles in tono tranquillo, cercando di non farsi ipnotizzare né paralizzate dalla vista di quella canna argentata.

«Uccidervi» spiegò Galeni. Poi il suo sguardo si posò sul figlio, se ne distolse, vi tornò ancora e ancora se ne distolse. Alla fine si fissò su Miles, come per rafforzare quella suprema decisione.

E allora perché continui a parlare invece di sparare? Miles non pronunciò ad alta voce quella domanda, per evitare che Galen ne riconoscesse la validità. Fallo parlare, vuole parlare, non può farne a meno. «Perché? Non vedo che utilità possa avere per Komarr, a questo punto, se non forse per dare pace ai suoi sentimenti. Pura e semplice vendetta?»

«Non pura e semplice: totale. Il mio Miles se ne andrà di qui come il solo Miles.»

«Oh, avanti! Non penserà ancora di poter tirare avanti quella farsa della sostituzione!» Miles non ebbe bisogno di ricorrere alla sua abilità di attore per assumere un tono oltraggiato, gli venne naturalissimo. «La Sicurezza Barrayarana ne è già al corrente, lo scoprirebbero subito. Non può farlo.» Guardò il clone. «E tu lasci che ti metta la testa sul ceppo? Sei morto nell’istante stesso in cui compari. È inutile. E non è necessario.»

Il clone parve molto a disagio, ma raddrizzò il mento e riuscì ad esibire un sorriso orgoglioso. «Non sarò Lord Vorkosigan, sarò l’ammiraglio Naismith. L’ho già fatto una volta, quindi so di potercela fare. I tuoi dendarii ci daranno un passaggio fuori di qui… e una nuova base di potere.»

«Argh!» Miles fece il gesto di strapparsi i capelli. «Credi davvero che sarei venuto qui se lo avessi ritenuto anche solo lontanamente possibile? Anche i dendarii sono al corrente. Tutte le pattuglie in giro in questo momento, e farete meglio a credere che ho delle pattuglie in giro, sono dotate di rilevatori medici. Al primo ordine che darai, faranno un controllo e se trovano un osso normale dove dovrebbe essercene uno sintetico, ti faranno saltare la testa. Fine del complotto.»

«Ma le ossa delle mie gambe sono sintetiche» disse il clone in tono perplesso.

Miles si sentì gelare. «Cosa? Mi avevi detto che le tue ossa non si rompevano…»

«Quando glielo hai detto…» esclamò Galen voltandosi di scatto verso il clone.

«Certo che non si rompevano» rispose il clone a Miles, «ma dopo che le tue sono state sostituite, le hanno sostituite anche a me. Altrimenti al primo esame medico anche superficiale, sarebbe venuto fuori tutto.»

«Però non hai i segni delle vecchie fratture nelle altre ossa…?»

«No, ma questo richiederebbe un esame molto più approfondito. E una volta eliminati quei tre, dovrei essere in grado di evitarlo. Studierò i tuoi diari…»

«Quali tre?»

«I tre dendarii che sanno che sei Vorkosigan.»

«La sua graziosa guardia del corpo e l’altra coppia» spiegò Galen in tono vendicativo, vedendo l’espressione inorridita di Miles. «Mi spiace che non l’abbia portata con sé; adesso ci toccherà darle la caccia.»

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