«Per essere processati» disse Miles, «o per essere rinchiusi a tempo indeterminato in qualche segreta. Per mio… fratello forse non sarebbe un male così grande come potrebbe sembrargli a prima vista. Ha un amico in alto loco, se riuscirà ad evitare di farsi ammazzare da qualche… sottoposto troppo zelante.» Lui e Galeni si scambiarono un’occhiata.
«Ma nessuno intercederà per suo padre. Barrayar ha sempre considerato le uccisioni avvenute durante la rivolta di Komarr come crimini civili, non atti di guerra e lui non ha mai prestato il giuramento di sottomissione né ha beneficiato dell’amnistia. Sarà accusato di crimini capitali e la pena di morte sarà inevitabile.»
«Inevitabile.» Galeni arricciò le labbra e si fissò la punta degli stivali. «La terza possibilità è, come lei ha detto, che arrivi un ordine per eliminarli in segreto.»
«Agli ordini criminali ci si può anche opporre, se si ha il fegato di farlo. Ma fortunatamente al giorno d’oggi l’Alto Comando non ha mano libera in questo genere di cose, come l’aveva ai tempi dell’imperatore Ezar. Avrei una quarta possibilità: evitare del tutto di catturare questi… scomodi parenti.»
«Detto brutalmente, Miles, se non gli porto qui Ser Galen, la mia carriera va in fumo. Già adesso potrei essere sospetto per non essere riuscito a scoprirlo in questi ultimi due anni. Direi che il suo suggerimento rasenta… non l’insubordinazione, che mi pare il suo normale modus operandi, ma qualcosa di molto peggio.»
«E cosa mi dice dell’ufficiale che l’ha preceduta in questo incarico e che non è riuscito a scoprirlo in cinque anni? E se lei lo presentasse adesso, gioverebbe alla sua carriera? Sarebbe comunque sospettato, per quelli che sono decisi ad essere sospettosi.»
Sul volto di Galeni si dipinse un’espressione introspettiva, di calma mortale. «Vorrei» mormorò come parlando tra sé, «vorrei che fosse morto. La sua morte sarebbe stata molto migliore, una morte gloriosa, nell’ardore della battaglia. Aveva avuto il suo posto nella storia e io ero solo, senza più dolore, senza un padre o una madre che potessero tormentarmi. È una fortuna che la scienza non abbia scoperto il segreto dell’immortalità. È una benedizione poter vivere più a lungo delle vecchie guerre. E dei vecchi guerrieri.»
Miles rifletté su quel dilemma. In cella, sulla Terra, Galen avrebbe distrutto sia la carriera di Galeni che quella dell’ammiraglio Naismith, ma sarebbe vissuto; trasportato su Barrayar, sarebbe morto e la carriera di Galeni avrebbe avuto qualche vantaggio, ma Galeni, lui, non sarebbe più stato lo stesso, rifletté Miles. Il parricidio avrebbe distrutto la sua radicata certezza di servire i bisogni del complesso futuro di Komarr, senza dubbio. Ma l’ammiraglio Naismith non sarebbe morto fu il pensiero tentatore suggeritogli dal suo cervello. Lasciati liberi, Galen e Mark rappresentavano una minaccia di proporzioni sconosciute, e perciò intollerabili; se Miles e Galeni non facevano nulla, l’alto comando avrebbe certamente preso in mano la faccenda, diramando chissà quali ordini che avrebbero segnato il destino di quei due che consideravano nemici.
Miles detestava il pensiero di sacrificare la promettente carriera di Galeni a causa di questo ingombrante vecchio rivoluzionario che si rifiutava di cedere. Ma quasi altrettanto certamente la distruzione di Galen avrebbe danneggiato la carriera di Galeni. Maledizione, ma perché il vecchio non si era ritirato in pensione su qualche paradiso tropicale, invece di restarsene in giro a causare guai alle nuove generazioni con il pretesto, senza dubbio, che era quello di cui avevano bisogno? Pensionamento obbligatorio per i rivoluzionari, ecco quello di cui avevano bisogno.
Cosa si sceglie quando tutte le scelte sono infami?
«La scelta spetta a me» disse Galeni. «Dobbiamo cercarli.»
Si fissarono, entrambi sfiniti.
«Un compromesso» suggerì Miles. «Incarichiamo i dendarii di scovarli e tenerli sotto controllo, ma per il momento non catturiamoli. Questo le permetterà di impiegare tutte le forze di sicurezza dell’ambasciata sul problema del corriere, una faccenda interna di Barrayar, da ogni punto di vista.»
Seguì un silenzio. «D’accordo» disse infine Galeni. «Ma quello che succederà alla fine, qualunque cosa sia… voglio farla finita alla svelta.»
«D’accordo» disse Miles.
Miles trovò Elli al bar dell’ambasciata, seduta da sola a un tavolo, con aria stanca, davanti ai resti del suo pranzo, del tutto ignara degli sguardi languidi e dei sorrisi di parecchi impiegati dell’ambasciata. Miles prese una tazza di tè e uno spuntino e si sedette di fronte a lei. Le loro mani si incontrarono per un istante sul piano del tavolo, poi Elli riappoggiò la guancia sul palmo delle mani, sollevando i gomiti.
«E adesso?» gli chiese.
«Qual è la ricompensa usuale dell’esercito dendarii per un lavoro ben eseguito?»
Gli occhi scuri di lei mandarono un lampo. «Un altro lavoro?»
«Appunto. Ho persuaso Galeni ad affidare ai dendarii il compito di ritrovare Galen, proprio come avete trovato noi. A proposito, come ci avete trovati?»
«Con un lavoraccio, ecco come. Abbiamo cominciato esaminando tutta quella massa di file sui komarrani che ci hai trasmesso dall’ambasciata. Abbiamo eliminato tutti quelli schedati e sorvegliati, i bambini sotto una certa età e così via. Poi la squadra di tecnici è entrata nella rete di credito economico e ha cominciato a tirare fuori tutti i conti; quindi è penetrata nella rete dell’Europol (quello sì che è stato rischioso) ed ha cominciato a spulciare i file criminali, alla ricerca di anomalie. Ed è stato lì che abbiamo trovato il primo indizio. Circa un anno fa, il figlio di un espatriato komarrano, ma nato sulla Terra, è stato arrestato da un poliziotto dell’Europol per qualche infrazione di poco conto ed è stato trovato in possesso di uno storditore non registrato. Poiché non si trattava di un’arma mortale, gli hanno semplicemente fatto una multa e per l’Europol la cosa è finita lì. Ma lo storditore non era di fabbricazione terrestre: era una vecchia arma d’ordinanza barrayarana.»
«Allora abbiamo cominciato a seguirlo, sia fisicamente che tramite la rete di computer, per vedere chi erano i suoi amici e abbiamo scoperto che frequentava gente non schedata nel computer dell’ambasciata. Nel frattempo stavamo seguendo anche altre piste, che però non ci portavano da nessuna parte. Ma è stato su di lui che ho avuto un presentimento che non ho potuto ignorare. Uno dei contatti più frequenti del ragazzo era un uomo di nome Van der Poole, registrato come immigrato dal pianeta Frost IV. Ora, siccome nell’indagine che ho condotto un paio di anni fa sul materiale genetico rubato, ho avuto a che fare con il Gruppo Jackson…»
Miles annuì, ricordando.
«Quindi sapevo che lì era possibile comprarsi un passato documentato… uno di quei piccoli servizi con alto margine di profitto che certi laboratori ti forniscono insieme alle facce nuove, alla voce, alle impronte digitali e vocali. Uno dei pianeti di cui si servono con maggiore frequenza è appunto Frost IV, per via di quel disastro tettonico che ha distrutto la loro rete di computer (oltre a quasi tutto il pianeta) ventotto anni fa. Molti abitanti di Frost IV che hanno abbandonato il loro pianeta in quel periodo non sono in possesso di una documentazione controllabile. Se hai più di ventotto anni, il Gruppo Jackson può inserirti. Quindi tutte le volte che mi imbatto in qualcuno che ha più di quell’età e che afferma di venire da Frost IV, divento automaticamente sospettosa. Van der Poole è Galen, naturalmente.»
«Naturalmente. Tra parentesi, anche il mio clone è uno dei prodotti del Gruppo Jackson.»
«Ah, così tutto combacia, che bello.»
«I miei complimenti a te e a tutto lo staff informazioni. Ricordami di fare un elogio ufficiale, appena torno sulla Triumph.»
«Il che sarebbe quando?» Elli pescò un cubetto di ghiaccio e lo masticò, facendo roteare quello che restava nel fondo del bicchiere e cercando di assumere un’espressione di interessamento esclusivamente professionale.