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— Ascolta, Juju, certo che ti capisco. Se hai paura di usare i tre elicotteri che hai ancora laggiù, potresti mandarmeli qui, con qualche amico che veda le cose come le vediamo noi. Se devo liberare voialtri da solo, qualche elicottero in più mi farà certamente comodo.

— Tu non riuscirai a liberarci, tu riuscirai soltanto a incenerirci, maledetto stupido. Porta subito alla Centrale quell’ultimo elicottero; è l’ordine personale che il colonnello dà a te, come Ufficiale Comandante ad interim. Usalo per portare qui i tuoi uomini, dodici viaggi, non ti occorreranno più di quattro giorni locali. Ora, sbrigati a mettere in pratica questi ordini, e attieniti a essi.

Tac, chiusa la comunicazione… per paura di dover ancora discutere con lui.

Dapprima Davidson si preoccupò che potessero mandare i loro tre elicotteri a bombardare o cannoneggiare il Campo di New Java; lui, infatti, tecnicamente, stava disobbedendo a degli ordini, e il vecchio Dongh non sopportava gli elementi indipendenti. Bastava vedere come se l’era presa in passato con Davidson, per quella piccola rappresaglia sull’Isola Smith. L’iniziativa veniva punita.

Quello che piaceva a Din-Don-Dan era la sottomissione, come a tanti altri ufficiali. Il guaio è che la cosa può portare anche quegli ufficiali a diventare troppo docili. Davidson infine comprese, con un vero e proprio shock, che gli elicotteri non costituivano una minaccia per lui, poiché Dongh, Sereng, Gosse, perfino Benton, avevano paura di inviarli. I creechie avevano dato ordine di non far uscire gli elicotteri dalla Riserva Umana: ed essi intendevano obbedire agli ordini.

Cristo, la cosa gli faceva venire la nausea. Era tempo di agire. Ormai aspettavano da quasi due settimane. Lui aveva fatto aumentare le difese del campo; avevano rinforzato la palizzata e l’avevano ancora innalzata, in modo che nessun piccolo uomo-scimmia verde potesse salirci sopra, e quel furbo giovanotto di Aabi aveva costruito mucchi di bombe anti-uomo con i mezzi di fortuna di cui disponeva, e le aveva seminate tutt’intorno alla palizzata, in una cintura di cento metri di diametro.

Adesso era giunta l’ora di far vedere ai creechie che, anche se potevano fare il buono e il cattivo tempo con quei pecoroni della Centrale, su New Java dovevano invece affrontare dei veri uomini. Portò in quota l’elicottero, e da lì guidò una squadra appiedata di quindici uomini, fino a una conigliera dei creechie che si trovava a venticinque chilometri a sud del campo.

Aveva imparato a riconoscere dall’elicottero quei posti; ciò che li tradiva era la presenza dei frutteti; concentrazione di certi tipi di alberi, anche se non proprio piantati in filari come fanno gli umani. Era incredibile il numero di conigliere che riuscivi a vedere, una volta imparato a distinguerle. La foresta pullulava di quei luoghi.

La squadra d’assalto bruciò quella conigliera con le armi a mano; poi, nel volo di ritorno a casa, insieme con un paio dei suoi ragazzi, Davidson ne scorse un’altra, a meno di quattro chilometri dal campo. Su di essa, tanto per scrivere il proprio nome in modo che tutti potessero leggerlo, lanciò una bomba. Solo una bomba incendiaria, e neppure grossa, ma, ragazzi, come fece filare le scimmie verdi! Fece un grosso buco nella foresta, e i bordi del buco continuarono a bruciare.

Naturalmente, era quella la sua arma principale, quando si giungeva veramente a una rappresaglia di massa. L’incendio della foresta. Avrebbe potuto dare fuoco a un’intera isola, lanciando dall’elicottero bombe e napalm: bastava aspettare un mese o due, fino alla conclusione della stagione delle pioggie. E quale avrebbe dovuto bruciare? L’Isola del Re, la Smith o la Centrale? Forse per prima quella del Re, come piccolo avvertimento, poiché laggiù non erano rimasti esseri umani. Poi la Centrale, se non si fossero messi in riga.

— Che cosa stai cercando di fare? — chiese la voce della radio.

Lo fece sorridere: era così angosciata, come quella di una vecchia rapinata.

— Ma lo sai che cosa stai facendo, Davidson?

— Certo.

— Credi che riuscirai a sottomettere i creechie?

Non era Juju, questa volta; forse poteva essere quel cervellone di Gosse, o uno qualsiasi degli altri; non faceva differenza; tutti quanti sapevano solo più fare: "Bee".

— Sì, proprio così — rispose, con pacatezza, ironicamente.

— E credi che, se continuerai a bruciare villaggi, essi verranno da te per arrendersi… tre milioni di loro. Giusto?

— Potrebbe anche darsi.

— Senti, Davidson — disse la radio, dopo qualche tempo, sibilando e ronzando (usavano qualche sorta di apparecchio di emergenza, dato che avevano perso il grosso trasmettitore, insieme con quel finto ansible la cui perdita era un guadagno). — Senti, c’è qualcuno vicino a te, laggiù, con cui possiamo parlare?

— No; tutti sono molto indaffarati. Senti, noi qui ce la passiamo benissimo, ma abbiamo finito i dessert, sai, macedonia di frutta, pesche, quel tipo di roba. Alcuni dei ragazzi ne sentono molto la mancanza. E aspettavamo una spedizione di sigarette alla marijuana quando voialtri siete saltati in aria. Se mando l’elicottero, potete darci qualche scatola di dolci e di sigarette?

Pausa. — Sì, manda pure l’elicottero.

— Ottimo. Mettete la roba in una rete, e i ragazzi potranno prenderla senza atterrare. — Sogghignò.

Ci furono delle confabulazioni dalla parte della Centrale, e tutt’a un tratto il vecchio Dongh fu in linea: era la prima volta che parlava con Davidson. La sua voce aveva un timbro fioco e asmatico, in quella trasmissione piena di disturbi.

— Senti, capitano Davidson, desidero sapere se comprendi fino in fondo il tipo di provvedimento che finirò con l’essere costretto a prendere, a causa delle tue azioni su New Java. Se continuerai a disobbedire agli ordini. Cerco di ragionare con te come si fa con un soldato ragionevole e fedele. Allo scopo di assicurare la sicurezza al mio personale qui alla Centrale, presto mi troverò costretto a dire ai nativi di qui che non possiamo assumerci alcuna responsabilità per le tue azioni.

— Questo è giusto, signore.

— Ciò che cerco di renderti chiaro, è che dovremo dire loro che non possiamo impedirti di infrangere la tregua laggiù su Java. Il tuo personale laggiù è composto di sessantasei uomini, vero? Ebbene io voglio che quegli uomini giungano qui alla Centrale senza danni, per attendere con noi il ritorno della Shackleton e per mantenere unita la Colonia. Ti sei avviato su un corso d’azioni suicida, e io sono responsabile per gli uomini che hai con te.

— No, voi non lo siete, signore; lo sono io. Voi badate solo a rilassarvi. Solo quando vedrete la giungla bruciare, alzatevi e correte verso il centro di una Striscia, perché non vogliamo arrostire anche voi uomini insieme con i creechie.

— Ascolta, Davidson, ti ordino di passare immediatamente il comando al tenente Temba e di venire a fare rapporto a me, qui. — Disse la voce lamentosa e lontana, e Davidson chiuse bruscamente la comunicazione, nauseato.

Erano impazziti tutti, giocavano ancora a fare i soldatini, in piena ritirata dalla realtà. In effetti erano soltanto pochissimi gli uomini che riuscissero ad affrontare la realtà, quando le cose si facevano dure.

Come si aspettava, i locali creechie non fecero assolutamente nulla, dopo le sue incursioni nelle conigliere. L’unico modo di trattarli, come aveva sempre saputo fin dall’inizio, era quello di terrorizzarli e di non smettere mai il pugno di ferro. Se lo facevi, loro capivano chi era il padrone, e si sottomettevano.

Adesso, un mucchio di villaggi compresi in un raggio di trenta chilometri sembrava deserto quando arrivava laggiù; ma lui continuava a inviare i suoi uomini a bruciarli, ogni tre o quattro giorni.

I suoi uomini cominciavano a diventare un po’ nervosi. Aveva continuato a far compiere lavori di disboscamento, poiché questo era ciò che erano quarantotto dei cinquantacinque fedeli sopravvissuti: taglialegna. Ma sapevano che le navi da carico automatiche provenienti dalla Terra non sarebbero più scese a terra a caricare il legname: si sarebbero limitate ad arrivare e a girare in orbita, in attesa di un segnale che non giungeva.

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