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«Per il momento siamo assieme. Siamo giovani e siamo forti e sappiamo quali sono i nostri nemici e come fare a trovarli. E nessuno di noi potrà mai essere un Ferrogiada… Io sono una donna, Jaan è un fuorilegge e tu sei un falsuomo. Garse è stato l’ultimo dei Ferrogiada. Garse è morto. Le cose giuste e le cose sbagliate di Alto Kavalaan e dell’Unione Ferrogiada sono morte con lui, credo, per lo meno per quanto riguarda questo mondo. Su Worlorn non ci sono codici, ricordi? Nessun Braith e nessun Ferrogiada, solo bestie che cercano di uccidersi le une con le altre».

«Ma che stai dicendo?», disse Dirk, anche se pensava di saperlo bene.

«Sto dicendo che sono stanca di essere cacciata ed inseguita dai cani e minacciata», disse Gwen. La sua faccia era in ombra e pareva fatta di ferro puro; i suoi occhi bruciavano incadescenti e feroci. «Sto dicendo che è ormai tempo che diventiamo noi i cacciatori!».

Dirk la fissò in silenzio per un bel po’. Lei era bellissima, pensò, bella nello stesso modo in cui era stato bello Garse Janacek. Lei era un po’ come la banscea, decise lui, e pianse un poco per la morte della sua Jenny. La sua Ginevra che non era mai esistita. «Hai ragione», disse a fatica.

Lei gli venne più vicino e lo circondò tra le sue braccia a cerchio prima che lui potesse rifiutarsi e lo strinse con tutta la sua forza. Le mani di Dirk si sollevarono lentamente; anche lui la strinse e rimasero così per almeno dieci minuti, schiacciati l’uno contro l’altra, la guancia liscia di lei contro la sua ispida. Quando finalmente lei si allontanò da lui, sollevò gli occhi, aspettando che lui la baciasse e così fece. Lui chiuse gli occhi; le labbra di Gwen erano asciutte e dure.

La Fortezza di Luce era fredda all’alba. Il vento roteava in mulinelli martellanti; il cielo era grigio e nuvoloso.

Sul terrazzo della loro torre trovarono un cadavere.

Jaan Vikary si sporse fuori con attenzione, con il fucile laser in mano, mentre Gwen e Dirk lo coprivano, nascondendosi dietro alla relativa protezione fornita loro dall’aerauto. Ruark sedeva terrorizzato sul sedile posteriore. Lo avevano liberato prima di allontanarsi da Kryne Lamiya e per tutta la strada era stato d’umore cupo ed abulico, senza sapere cosa pensare.

Vikary controllò il corpo, che giaceva scompostamente davanti agli ascensori, poi tornò all’aerauto. «Roseph alto Braith Kelcek», disse brevemente.

«Alto-Larteyn», gli ricordò Dirk.

«Davvero», convenne lui, aggrottando la fronte. «Alto-Larteyn. È morto da parecchie ore, direi. Quasi metà del torace gli è stato portato via da un’arma a proiettili. La sua pistola è ancora nel fodero».

«Un’arma a proiettile?», disse Dirk.

Vikary annuì. «Bretan Braith Lantry è noto per usare armi di quel tipo in duello. È un noto duellatore, ma credo che abbia scelto il suo fucile a proiettili solo un paio di volte, rare volte in cui non voleva accontentarsi di vincere per ferita. Un laser da duello è uno strumento preciso e pulito. Non così questa pistola di Bretan Braith. Un’arma simile è stata fatta per uccidere, anche se la mira è approssimativa. È una cosa sporca e selvaggia, fatta apposta per brevi duelli mortali».

Gwen fissava il punto in cui Roseph giaceva come un mucchio di stracci. I suoi abiti avevano lo stesso colore sporco della terrazza e svolazzavano nel vento. «Questo non è stato un duello», disse Gwen.

«No», convenne Vikary.

«Ma perché!», chiese Dirk. «Roseph non costituiva certo una minaccia per Bretan Braith, vi pare? Tra l’altro il codice duellesco… Bretan resta sempre un Braith, non è vero? Per cui non dovrebbe essere ancora vincolato?».

«Certo che Bretan è ancora un Braith, ed è proprio questo il suo motivo, Dirk t’Larien», disse Vikary. «Questo non è più un duello. Questa è un’altaguerra, Braith contro Larteyn. In altaguerra ci sono pochissime regole; ogni maschio adulto della granlega nemica è considerato una valida preda, finché non viene stipulata la pace».

«Una crociata», disse Gwen, ridacchiando. «La cosa non suona troppo logica per un Bretan, Jaan».

«Però suona molto logica per il vecchio Chell, direi», rispose Vikary. «Sospetto che il suo teyn gli abbia fatto giurare di comportarsi in questo modo mentre giaceva morente. Se questa è la verità, Bretan uccide sotto giuramento, non solo perché è addolorato. Avrà ben poca misericordia».

Arkin Ruark si chinò in avanti dal sedile posteriore, eccitato. «Ma questo ci tornerà assai utile!», esclamò. «Si, statemi a sentire, questa è una bella cosa. Gwen, Dirk, Jaan amico mio, ascoltami. Bretan li ucciderà tutti per noi, che ne dite? Li ucciderà uno per uno, si. Lui è nemico dei nostri nemici, abbiamo le migliori speranze, assolutamente vero».

«Il tuo proverbio Kimdissi in questo caso è fuori luogo», disse Vikary. «L’altaguerra tra Bretan Braith ed i Larteyn non li rende certo nostri amici, se non per caso. Sangue e dolori non sono cose che si dimenticano tanto facilmente, Arkin».

«Sì», aggiunse Gwen. «Lui non sospettava certo che a Kryne Lamiya si nascondesse Lorimaar, sai. Lui ha bruciato quella città, sperando di prendere noi».

«Ha tirato ad indovinare, un semplice tentativo», borbottò Ruark. «Forse aveva altri motivi, motivi suoi, chi lo sa? Magari è diventato matto, impazzito per il dolore, sì».

«Dicci un po’, Arkin», disse Dirk. «Noi ti depositiamo all’aperto e se arriva Bretan Braith tu gli chiedi i suoi motivi».

Il Kimdissi fece un passo indietro e lo guardò in modo strano. «No», disse. «No, è più sicuro stare con voi, amici miei, perché voi mi proteggerete».

«Ti proteggeremo», disse Jaan Vikary. «Tu hai fatto parecchio per noi». Dirk e Gwen si scambiarono uno sguardo.

Vikary fece muovere all’improvviso la loro aerauto. Si alzarono e si allontanarono rapidamente dalla terrazza, al di sopra delle strade di Larteyn illuminate dall’alba pallida.

«Dove…?», chiese Dirk.

«Roseph è morto», disse Vikary. «Comunque non era l’unico cacciatore. Dovremmo fare un censimento, amici, faremo un censimento».

L’edificio in cui Roseph alto-Braith Kelcek abitava con il suo teyn, non era lontano dalla residenza dei Ferrogiada ed era vicinissimo alla sotterranea. Era una grande casa quadrata con il tetto a cupola di metallo ed un portico sostenuto da colonne di ferro puro. Atterrarono nelle vicinanze e si avvicinarono furtivamente.

Due cani Braith erano stati incatenati alle colonne di fronte alla casa. Erano tutti e due morti. Vikary si avvicinò ad osservare. «Li hanno colpiti alla gola con uh laser da caccia. Il colpo è stato sparato da una certa distanza», riferì. «Un modo di uccidere sicuro e silenzioso».

Rimase all’esterno, con il fucile a laser in mano, attento, sempre in guardia. Ruark gli stava appiccicato al fianco. Gwen e Dirk furono mandati a perquisire l’edificio.

Trovarono molte camere vuote ed una stanzetta con i trofei in cui c’erano quattro teste; tre erano vecchie e rinsecchite, con la pelle tirata e cuoiosa, dall’aspetto quasi bestiale. La quarta, secondo Gwen, era quella di un bambino di gelatina Nerovino, appena staccata, a giudicare dall’aspetto. Dirk toccò sospettosamente le coperture in pelle di molti mobili, ma Gwen scosse il capo facendo segno di no.

Un’altra stanza, li vicino, era piena di figurine in miniatura: banscee e branchi di lupi, soldati che combattevano con il coltello e con la spada, uomini che affrontavano mostri grotteschi in strani combattimenti. Tutte le scene erano eseguite con cura, in ferro, rame e bronzo. «Il lavoro di Roseph», disse consciamente Gwen quando Dirk si fermò, malgrado tutto, e sollevò una delle figurine per osservarla. Lei gli fece cenno di muoversi.

Il teyn di Roseph stava mangiando. Lo trovarono nella camera da pranzo. La sua pietanza — uno spesso stufato di carne e verdura fatto in un sugo sanguigno, con grandi pezzi di pane nero di fianco — era fredda e mezza consumata. Un boccale di peltro pieno di birra scura era lì vicino, sul lungo tavolo di legno. Il corpo del Kavalar era a circa un metro di distanza, ancora sulla sua sedia, ma la sedia era sul pavimento e c’era una macchia scura sulla parte subito dietro. L’uomo non aveva più nessuna faccia.

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