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«Ho cercato di aiutare, si. Gwen, quella è impazzita. Ho visto i Braith prendere Jaan, quando stavo andando con lui e loro sono arrivati per primi. Ero preoccupato per lei, ero preoccupato. Venivo ad aiutare. Lei mi ha picchiato, ha detto che ero un bugiardo, mi ha legato e mi ha portato qui. È matta, Dirk, amico Dirk, tutta matta, matta come un Kavalar. Quasi come Garse, non certo come la dolce Gwen. Penso che abbia intenzione di uccidermi. E pure te, forse, non lo so. Vuole ritornare con Jaan, questo lo so. Aiutami, devi aiutarmi. Fermala». Piagnucolava.

«Non ucciderà nessuno», disse Dirk. «Adesso c’è Jaan qui e ci sono io. Sei in salvo, Arkin, non ti preoccupare. Metteremo le cose a posto noi. Dobbiamo farti un sacco di ringraziamenti, ti pare? Soprattutto Jaan. Se non fosse stato per i tuoi consigli, chissà cosa sarebbe successo».

«Si», disse Ruark. Sorrise. «Sì, vero, assolutamente vero».

Gwen apparve all’improvviso, sulla porta dell’aerauto. «Dirk», disse lei, ignorando Ruark.

Lui si voltò. «Sì?».

«Ho fatto stendere Jaan per un po’. È stanchissimo. Vieni fuori che così possiamo parlare».

«Aspetta», disse Ruark. «Slegatemi prima, eh? Fatelo. Le mie braccia, Dirk, le mie braccia…».

Dirk uscì. Jaan era lì vicino, con il capo contro un albero che osservava senza vederli i fuochi in lontananza. Si allontanarono da lui, nel buio dei soffocatori. Alla fine Gwen si fermò e si voltò a guardarlo in faccia. «Jaan non dovrà mai sapere», disse lei. GeUò una lunga ciocca di capelli neri all’indietro con la mano destra.

Dirk la guardò. «Il tuo braccio», disse.

Attorno al braccio destro Gwen portava il ferro, nero e vuoto. Il braccio di lei rimase immobile alle parole di Dirk. «Sì», disse. «Le pietreluci verranno in un secondo tempo».

«Capisco», disse Dirk. «Teyn e betheyn, allo stesso tempo».

Gwen annuì. Allungò una mano e prese le mani di Dirk nelle sue. Aveva la pelle fredda e secca. «Rallegrati per me, Dirk», disse con voce debole e triste. «Ti prego’».

Lui le strinse le mani, cercando di apparire rassicurante. «Sono lieto», disse, senza molta convinzione. Tra di loro scese un lungo silenzio ed una grande amarezza.

«Hai un aspetto terribile», disse Gwen alla fine, cercando di sorridere. «Hai tagli da tutte le parti. Tieni il braccio in un modo strano, cammini in un modo strano. Stai bene?».

Lui si strinse nelle spalle. «I Braìth non sono proprio dei giocherelloni», disse. «Soprawiverò». Le lasciò andare le mani ed infilò una mano in tasca. «Gwen, ho qualcosa per te».

Aprì il pugno: c’erano due gemme. La pietraluee rotonda e grossolanamente sfaccettata, brillava leggermente, bruciando nel cavo della mano. E la gemma mormorante, più pìccola, più scura; morta e fredda.

Gwen le prese senza parlare. Le fece rotolare nella mano per un momento, accigliandosi. Poi mise in tasca la pietraluce e restituì la gemma mormorante a Dirk.

Lui l’accettò. «L’ultima cosa che mi rimane di Jenny», disse mentre chiudeva la mano attorno all’echeggiante goccia ghiacciata e la faceva sparire di nuovo sotto il vestito.

«Lo so», disse lei. «Ti ringrazio per l’offerta. Ma se devo dire la verità, non mi mormora più nessuna parola. Penso di essere cambiata troppo. Sono anni che non sento più un sussurro».

«Già», disse lui. «Avevo sospettato qualcosa del genere. Ma ho voluto offrirtela… assieme alle promesse. Le promesse sono sempre le tue, Gwen, se questo servisse a qualcosa. Fa conto che sia il mio ferro-e-fuoco. Tu non vuoi trasformarmi in un falsuomo, non è vero?».

«No», rispose lei. «E l’altra…».

«L’ha salvata Garse, quando ha gettato le altre nel lago. Ho pensato che forse tu avresti potuto incastonarla di nuovo, con quelle nuove. Jaan non si accorgerà mai della differenza».

Gwen sospirò. «Va bene», disse. Poi: «Mi rendo conto di essere dispiaciuta per Garse, dopotutto. Non è curioso? In tutti gli anni che abbiamo passato insieme, difficile che non ci fosse giorno in cui non ci saltavamo alla gola, con il povero Jaan intrappolato tra di noi, lui che ci amava tutti e due. Ci furono giorni in cui ero quasi sicura che l’unica cosa che stava tra me e la felicità era Garse Ferrogiada Janacek. Solo che adesso lui se ne è andato e io trovo la cosa difficile da credere. Continuo ad aspettare di vederlo arrivare con la sua aerauto, armato fino ai denti, sorridente, pronto a rabuffarmi e a rimettermi al mio posto. Penso che quando finalmente mi convincerò che è tutto vero, allora riuscirò a piangere. Non pensi che sia curioso?».

«No», disse Dirk. «No».

«Potrei quasi piangere anche per Arkin», disse lei. «Sai cosa ha detto? Quando è venuto da me a Kryne Lamiya? Dopo che gli avevo detto che era un bugiardo, l’ho colpito e l’ho sbattuto per terra… sai che cosa ha detto?».

«Dirk scosse il capo e attese.

«Ha detto che mi amava», disse Gwen, sorridendo cupamente. «Ha detto che mi ha sempre amata, fin da quando ci siamo incontrati su Avalon. Non giurerei che dicesse la verità. Garse ha sempre detto che i manipolatori sono astuti ed Arkin non aveva bisogno di essere un genio per capire che la rivelazione mi aveva colpita. Quasi lo lasciavo libero quando me lo disse. Pareva piccolo e degno di pietà e poi singhiozzava. Invece… l’hai visto in faccia?». Lei esitava.

«L’ho visto», disse Dirk. «Brutto».

«Invece io gli ho fatto quello», disse Gwen. «Ma adesso penso di credergli. In un certo modo balordo, lui mi amava. E lui vedeva ciò che mi stavo facendo; e lui lo sapeva che, se fosse stato per me, non avrei mai lasciato Jaan, per cui ha deciso di usare te, di usare tutte le cose che io gli avevo detto, fidandomi di lui… ha pensato, in questo modo, di allontanarmi da Jaan. Immagino che lui pensasse che tu ed io avremmo finito per lasciarci, come era già successo su Avalon, così io mi sarei accontentata di lui. O magari lui la sapeva più lunga. Non lo so. Lui protesta che pensava solo a me, alla mia felicità, che non poteva sopportare di vedermi con giada-e-argento. Che lui non pensava a se stesso. Dice di essere mio amico». Gwen sospirò disperata. «Mio amico», ripeté lei.

«Non prendertela troppo per lui, Gwen», la ammoni Dirk. «Non avrebbe esitato a mandarmi verso la morte, assieme a Jaan. Non avrebbe avuto un attimo di esitazione. Garse Janacek è morto ed anche molti Braith e gli innocenti Emereli di Sfida… e tu puoi tranquillamente addossare la colpa di tutto all’amico Arkin. Ti pare?».

«Adesso sei l’unico che parli come Garse», disse lei. «Che mi dici? Dici che io avevo occhi di giada? Guarda i tuoi, Dirk! Eppure penso che tu abbia ragione».

«Adesso che ne facciamo di lui?».

«Lasciamolo libero», disse lei. «Per il momento. Jaan non dovrà mai sospettare la verità, altrimenti lo distruggerebbe, Dirk. Per cui Arkin Ruark deve ridiventare il nostro amico. Capisci?».

«Sì», disse lui. Il ruggito del fuoco era diminuito, trasformandosi in un debole crepitare, notò Dirk; c’era quasi silènzio. Guardando indietro, in direzione della macchina, vide che l’inferno si stava estinguendo. C’erano alcuni fuochi sparsi che fiammeggiavano debolmente tra le rovine, e gettavano dei riflessi attraverso la città fumosa e distrutta. Quasi tutte le torri sottili erano cadute e quelle rimaste erano completamente silenziose. Il vento ormai era solamente vento.

«Tra poco sorgerà l’alba», disse Gwen. «Dobbiamo metterci in viaggio».

«In viaggio?».

«Dobbiamo ritornare a Larteyn, ammesso che Bretan non abbia distrutto anche quella».

«Ha un modo violento di piangere», convenne Dirk. «Ma Larteyn è sicura?».

«Il tempo di fuggire e di nascondersi è finito», gli disse Gwen. «Ormai non sono più incosciente e non sono più una disperata betheyn che ha bisogno di essere protetta». Sollevò il braccio destro; distanti fiamme illuminarono il ferro vuoto. «Sono teyn di Jaan Vikary, anche con il sangue ed ho preso le mie armi. E tu… Anche tu sei cambiato, Dirk. Tu non sei più korariel, e lo sai. Tu sei keth.

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